Lecce-Taranto e scalo di Surbo, strategici per conquistare la Via della Seta

Lecce-Taranto e scalo di Surbo, strategici per conquistare la Via della Seta
di Chiara MONTEFRANCESCO
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Venerdì 2 Giugno 2017, 19:23
C’è un legame tra la nuova via della seta, la Belt and Road Initiative proposta dal Presidente Cinese Xi Jinping e la super strada bradanico-salentina. Andiamo per ordine e cominciamo dal viaggio in Cina del nostro premier Gentiloni. Alcune settimane fa, Gentiloni si è recato in Cina su invito del presidente Cinese Xi Jinping per la presentazione del progetto “Bri”. La Cina aveva interesse che il Presidente Gentiloni, padrone di casa del G7 - il Club dei sette Grandi Paesi del mondo - che si sarebbe tenuto di lì a poco in Italia, fosse al corrente della visione cinese dello sviluppo mondiale per il XXI secolo appena iniziato. E bene ha fatto Gentiloni ad accogliere l’invito.

Ma cos’è la Belt and Road Initiative? È la strategia di sviluppo destinata a dipanarsi intorno alla antica via della seta, quella tracciata da Marco Polo, e che attraversa l’Asia, l’Europa e riverbera i suoi effetti sull’Africa. Si tratta di un progetto ambizioso che mette radicalmente in discussione la visione del mondo dominato dal G7 e che, la Cina avverte, è ormai al tramonto. Nuovi equilibri sono maturi. E cambieranno radicalmente quelli esistenti.

Era il 1295 quando Marco Polo, dopo venticinque anni di assenza, mise piede nuovamente a Venezia. Vestiva alla foggia dei mongoli con la barba ed i capelli, lunghi, raccolti a crocchia sulla testa. Le vesti erano ridotte a brandelli per il lungo e faticoso viaggio ma lasciavano vedere un tessuto di seta finissima e recava con se spezie sconosciute e oro! Aveva percorso a ritroso la via della seta. Da Venezia alla corte di Kublai Khan. Oltre 8.000 chilometri a dorso di mulo attraverso l’Europa, la Turchia, le steppe russe e le grandi, sconfinate pianure asiatiche, prima di giungere in Cina.

L’Oriente aveva rappresentato da sempre il sogno degli Occidentali. Da Alessandro Magno ad Antonio e Augusto via via sino agli Spagnoli ed ai Portoghesi, agli Inglesi e agli Olandesi che ritenevano commercialmente più conveniente arrivarci via mare! Troppo faticoso e scarsamente utile percorrere la via terrestre di Marco Polo. Molto più capienti le stive delle navi che non i basti dei muli. L’America si mise di traverso e, lasciandosi scoprire, cambiò il destino del mondo. La via della seta, Marco polo e l’Oriente vennero dimenticati. Nacquero dapprima i grandi imperi coloniali, quindi il Commonwealth inglese e, a ridosso della seconda guerra mondiale, l’impero, non dichiarato, degli Stati Uniti che pensarono di unificare il mondo con la globalizzazione ed il dollaro. Intanto anche la Cina con la sua enorme produzione ed i suoi giganti del Mare carichi di container, preferiva attraversare gli oceani per guadagnare l’Europa.

Poi arrivò il XXI secolo. La Cina si rese conto di essere un pezzo importante del mondo e che il suo pieno sviluppo dipendeva dalla capacità di legare il suo destino a quello del mondo o almeno ad una parte consistente di esso. L’Eurasia con l’Africa era il nuovo mondo. L’America tornava ad essere un’isola. Un continente-isola! E la via della seta era la cintura che teneva legato questo mondo! Marco Polo, sia pure con otto secoli di ritardo, si prendeva la sua rivincita. Il G7 era avvertito.

L’EurAfricAsia, disposta intorno alla antica via della seta, era il naturale scenario dello sviluppo targato XXI secolo. La Cina, con il suo miliardo e mezzo di popolazione ed il 22% dell’economia mondiale si proponeva come traino, ma senza tentazioni revansciste o derive imperial-colonialiste! Rispetto agli Oceani la via della seta aveva il vantaggio di attraversare due interi continenti, Asia ed Europa, coinvolgendo pienamente anche gran parte dell’Africa e interessando di fatto i due terzi dell’economia mondiale. Straordinari meccanismi di sviluppo erano pronti a scattare laddove gli Oceani sembravano ormai destinati ad un progressivo inaridimento, rispetto ai più prolifici mari interni come il Mediterraneo.

Ferrovie, strade, aeroporti e porti, infrastrutture, conoscenze e tecnologie, mercati e sistemi produttivi fortemente integrati erano lì, pronti a disporsi lungo la Belt and Road Initiative, la nuova via della seta proposta dalla Cina quale obiettivo strategico da qui al 2050 e destinata a caratterizzare l’intero secolo XXI. Il secolo della nuova via della seta. E di Marco Polo.

E qui torna la bradanico-salentina e la sua importanza strategica. Essa infatti può rappresentare un pezzo della via della seta. Sì, perché il Mezzogiorno d’Italia è destinato a diventare protagonista di questo XXI secolo se saprà proporsi come porta d’ingresso della nuova via della seta in Europa. Battendo la concorrenza dei Balcani e soprattutto di Venezia-Trieste. Se la porta d’ingresso in Europa dovesse essere individuata tra Venezia e Trieste, come peraltro i primi segnali lasciano pensare, il Mezzogiorno potrebbe rischiare ancora una volta l’emarginazione.

Ma cosa potrà determinare il successo di una candidatura a terminale europeo della via della seta? Certamente il fascino della storia ed il sogno ritrovato di Marco Polo, ma anche e sopratutto un sistema infrastrutturale e logistico di prim’ordine, giocheranno a favore di Venezia-Trieste. Ecco perché oggi più che mai è strategicamente irrinunciabile per la Puglia la scelta di costruire una piattaforma logistica ambiziosa ed in grado di proporsi come porta d’Europa. Con gli hub di Taranto, Brindisi e Bari la nostra regione ha, peraltro, i numeri per giocare la sua partita e, magari, vincerla.

In questa sfida il Salento è chiamato a giocare una partita tutta sua e altrettanto fondamentale. Quella di diventare parte integrante di questa piattaforma. Come? Rimettendo al centro due obiettivi. Entrambi irrinunciabili. Il rilancio dello scalo di Surbo e il completamento della bradanico-salentina. Il primo rappresenta l’anello di congiunzione del Salento con il polo logistico di Brindisi e la direttrice adriatica. La seconda costituisce l’arteria fondamentale per proiettare il Salento verso Taranto e la direttrice ionica e tirrenica. E allora non c’è tempo da perdere. Né per le istituzioni né per la politica! Serve un bel pressing! Magari cercando alleati e interlocutori giusti! Guardando al XXI secolo, alla Cina e alla nuova via della seta!
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