Le anomalie di un Paese quasi assuefatto ai partiti personali

Le anomalie di un Paese quasi assuefatto ai partiti personali
di Mauro CALISE
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Lunedì 3 Aprile 2017, 16:50 - Ultimo aggiornamento: 17:13
Ci sono due vicende parallele, nell’orticello della politica italiana, che la dicono lunga sul destino – sempre più incerto – della nostra democrazia. Una è fin troppo visibile, e occuperà – con polemiche, strascichi e ricorsi – i notiziari dei prossimi giorni. Riguarda il congresso del Pd. L’ultimo partito sopravvissuto alla grande stagione, ormai al tramonto, delle organizzazioni di massa. Un fenomeno che andrebbe seguito con l’attenzione che – in altri campi – dedichiamo alle specie in via di estinzione. Non dico con gratitudine, una virtù che non esiste in politica. Ma almeno con la consapevolezza che si tratta dell’unico organismo – di un qualche peso – in cui è ancora possibile dibattere dei programmi futuri, confrontarsi e sfidarsi apertamente, contare in modo trasparente i risultati, e decretare il vincitore secondo regole riconosciute da tutti. Anche da coloro che non fanno parte di quel partito. Insomma, indipendentemente dal fatto che ci stia più simpatico Renzi, o Orlando o Emiliano, o che piuttosto li detestiamo tutti e tre, dovremmo tutti celebrare questo evento come un segnale di tenuta del nostro sgangherato edificio democratico. Tanto più prezioso perché, ormai, unico nel panorama dell’intero sistema politico. Semmai ci saranno altre primarie, riguarderanno protagonisti ininfluenti. E di contro, per quelli più importanti, possiamo essere ben certi che, invece, primarie vere non ci saranno.

Col che veniamo alla seconda vicenda, quella che riguarda i due processi – uno civile, l’altro penale – che investono i Cinquestelle a Genova, per le denunce intentate ai vertici dalla candidata spodestata con atto monocratico da Grillo dalla competizione a sindaco. I profili giuridici del caso sono in bilico tra Kafka e Ionescu. Il presidente del Tribunale, incaricato di istruire la causa, ha, infatti, dichiarato che aspetta di leggere il fascicolo per capire come procedere. Al momento, parole testuali, non saprebbe se il M5S andrebbe considerato «come un partito, associazione alla pari di un sindacato, una pro-loco o una bocciofila». Il che, tradotto per il cittadino comune, significa che, alle prossime elezioni, noi potremmo ritrovarci al governo un gruppo che – nella patria del diritto romano – è, al suo interno, regolamentato come una qualunque bocciofila di paese. Anzi, di un piccolo paese. Visto che le cronache recenti delle comunarie – il termine fastoso con cui i grillini hanno battezzato le loro consultazioni online per la scelta del candidato sindaco – ci dicono che la partita a Piacenza si è chiusa per 59 a 31, mentre quella – molto più partecipata – di Padova ha segnato il trionfo del vincente per ben 108 a 48. Per completare l’informazione sulla quantità e qualità della democrazia dei Cinquestelle, è importante che il lettore sappia che un punto dirimente nella sfida tra i ricorrenti genovesi e il Garante riguarda la lettera maiuscola. Sembra infatti – non è una barzelletta – che, per difendersi da eventuali ricorsi, Grillo abbia messo una V maiuscola nel MoVimento di cui è intestatario insieme a suo nipote Enrico e al suo commercialista di fiducia. In modo da non confonderlo con quello, munito di una sola minuta lettera minuscola, che è invece in campo per prendere voti.

Dunque, a voler tirar le conclusioni, queste due vicende parallele sulla democrazia dei partiti in Italia mostrano, da una parte, il Pd impegnato con decine di migliaia di militanti nel primo round di una competizione di massa per scegliere il proprio leader, con il secondo previsto il 30 aprile con - almeno - un milione di votanti. Dall’altra ci sono i Cinquestelle, impigliati in una serie di processi per sbrogliare le candidature decise da qualche decina di iscritti, su un server le cui chiavi rimangono ben salde – e secretate – nelle mani di una aziendina privata. Bene, che cosa pensate che accadrà nei prossimi giorni? Vi aspettate che ci sia finalmente non dico una sollevazione popolare ma almeno un robusto e duraturo moto di indignazione e di opinione contro il protrarsi della dittatura di Grillo sul suo partito personale? O, invece, c’è qualche lettore così ingenuo da prevedere che il can can dei media stampati, e ancor più di quelli televisivi, si concentrerà su qualche lite immancabile tra i candidati Pd, per contestare qualche zerovirgola e guastare la festa al vincitore? Con in più la ciliegina sulla torta, che i grillini – dai loro blog e dai microfoni che sempre li inseguono – spareranno a zero sul sistema mediocratico che li tartassa. Forse, il principale pericolo per il futuro della democrazia italiana sta proprio in questa matassa. Ci siamo persi nella foresta dei vecchi partiti, mentre l’albero di un nuovo partito autoritario cresce – e presto governerà - al di sopra delle nostre teste.
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