L'Università e (è) il futuro del Salento: è giunta l'ora delle scelte

L'Università e (è) il futuro del Salento: è giunta l'ora delle scelte
di Fabio POLLICE
5 Minuti di Lettura
Domenica 27 Gennaio 2019, 20:51
Negli ultimi anni il divario tra le regioni meridionali e quelle centro-settentrionale è andato costantemente aumentando e ad aumentare purtroppo non è stato soltanto il divario economico, ma anche quello culturale con una prospettiva di desertificazione assai più radicale e irreversibile. Il quadro che emerge dai rapporti presentati negli ultimi sei mesi del 2018 è per molti versi drammatico.

Ma le riflessioni che seguono fanno riferimento ad un gap, quello universitario, che per il territorio salentino può avere effetti assai più depressivi in ragione dell’importanza strategica che l’Ateneo ha per la nostra provincia.
Lo spunto viene da un’attenta lettura di quanto riportato nell’ultimo Rapporto del Censis in merito alle migrazioni universitarie. Con riferimento ai movimenti degli studenti relativi al biennio 2016-2017 si sottolinea come si sia in presenza di «un’emigrazione massiccia dai territori più marginali economicamente verso i poli metropolitani del Centro e del Nord». Gli studenti meridionali iscritti nelle università del Centro-Nord sono 172mila e la maggior parte di loro, una volta laureatisi, non torna indietro, anzi viene raggiunta dal 63% dei laureati negli atenei meridionali che una volta ottenuto il titolo si trasferiscono nelle regioni centro-settentrionali.

Un vero a proprio brain-drain che rischia seriamente di compromettere le residue possibilità di sviluppo del Mezzogiorno e forse anche soltanto la volontà di perseguirlo, visto il disinvestimento patrimoniale ed affettivo che questa emigrazione porta con sé. Il primato negativo spetta alla Puglia che mostra il peggiore saldo negativo con una perdita netta pari ad oltre 35mila studenti. Ma se dal livello regionale si scende a quello provinciale il primato nell'intero Mezzogiorno spetta propria alla provincia di Lecce: sono infatti più di 11mila i salentini che studiano negli atenei delle regioni centro-settentrionali.

Occorre dunque interrogarsi sulle cause di questa migrazione, sulle sue tendenze evolutive e sulle ripercussioni che potranno aversi a livello territoriale per effetto del persistere o, peggio, dell'intensificarsi di questo flusso emorragico. La prima conseguenza è la perdita di una risorsa strategica per lo sviluppo del territorio: la risorsa umana e, in particolare, la componente dotata delle maggiori potenzialità, giacché a partire sono assai spesso i giovani che appaiono maggiormente portati per gli studi in ragione del convincimento che la formazione universitaria erogata dagli atenei del Centro-Nord sia migliore di quella erogata dall'ateneo salentino. L'altra conseguenza è il deflusso di risorse finanziarie: tra tasse di iscrizione e costi di soggiorno le famiglie salentine investono una parte consistente del proprio reddito e dei propri risparmi nel mantenimento dei propri figli nelle università del Centro-Nord. Si tratta di risorse che vengono sottratte al territorio e al circuito economico locale.

Il paradosso è che mentre nel Centro-Nord vi sono atenei che in assenza delle risorse derivanti dall'iscrizione degli studenti universitari meridionali farebbero fatica a mantenere in piedi un'offerta didattica valida e di qualità o, in alcuni casi, sarebbero addirittura impossibilitati a continuare l'attività per una carenza di iscritti (Censis), quelli meridionali rischiano al contrario di morire per il fenomeno opposto o, quantomeno, sono costretti a ridurre la varietà e la qualità della propria offerta formativa con l'effetto di vedere ulteriormente ridursi la propria attrattività sugli studenti che completano il percorso scolastico. Una spirale perversa e difficilmente reversibile.

Altre conseguenze sono infine legate alla composizione del flusso migratorio. A studiare nelle università del Centro-Nord sono in percentuale assai superiore i giovani dei ceti economici più abbienti e questo ha due riflessi: a) la contrazione degli investimenti immobiliari con effetti depressivi sull'economia locale ed una scarsa attenzione per il territorio e le sue dinamiche di sviluppo (se mi aspetto che i miei figli non torneranno a vivere nel Salento a che serve acquistare loro una casa in questo territorio o ristrutturare quella già esistente? Quanto può preoccuparmi il suo declino economico o culturale?); b) l'impoverimento della platea universitaria a cui l'Ateneo locale può attingere; fenomeno suffragato nel caso dell'Unisalento dall'elevata incidenza degli studenti che beneficiano di una riduzione delle tasse universitarie in ragione del basso livello di reddito familiare. Di fatto le Università più attrattive scremano il bacino d'utenza del nostro Ateneo e ne depauperano il territorio. Le conseguenze per il Salento rischiano di essere drammatiche.

L'Università non è solo la principale istituzione culturale di questo territorio, è anche l'elemento di connessione tra il sistema locale e quello globale, l'istituzione che ha maggiormente contribuito al suo sviluppo, a vincerne la marginalità geografica, a proiettarla in una dimensione internazionale, a farne un centro di produzione della conoscenza tra i più dinamici del Mezzogiorno. Difendere questa istituzione, contribuire al suo sviluppo dovrebbe essere una priorità di ogni salentino, un impegno di ogni governo locale e regionale, indipendentemente dal suo colore politico o dai suoi indirizzi strategici. Dobbiamo farne una priorità assoluta perché gli ultimi Governi nazionali, ivi compreso quello attuale, non hanno solo mostrato una totale incapacità di comprendere l'importanza del sistema universitario e rafforzarne conseguentemente il ruolo strategico come dimostrato dalla costante riduzione delle risorse destinate all'Università e alla Ricerca , ma hanno anche attuato una politica sperequativa a beneficio dei principali atenei del Centro-Nord; una politica che inseguendo il mito della competitività, sta di fatto espoliando il Mezzogiorno anche dei suoi più importanti presidi culturali, dell'unica possibilità che abbiamo di costruire un futuro di sviluppo per i nostri territori.

Il Salento deve tornare ad identificarsi con il suo ateneo, a credere nella sua capacità formativa; occorre ricostruire il legame di fiducia tra questa istituzione e la comunità di riferimento, quella stessa comunità che ne volle la nascita oltre sessant'anni fa. Ma siamo anche noi universitari che dobbiamo riconquistare la fiducia della nostra comunità, dei nostri studenti, delle loro famiglie, facendo rete con le altre istituzioni pubbliche e private che operano sul territorio per accrescere l'attrattività della nostra Università e cercare di invertire il flusso: far sì che vengano dalle altre regioni a studiare da noi. Questa è una splendida città in cui vivere e studiare ed è su questo e sulla qualità della formazione universitaria che occorre fare leva per costruire un nuovo progetto territoriale. È con questo spirito che dobbiamo lavorare, tutti insieme, a partire da oggi e per gli anni a venire. Il Salento è la sua Università.
 
© RIPRODUZIONE RISERVATA