Migranti in scena. E il teatro ritrova il senso originario

di Franco UNGARO*
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Venerdì 7 Luglio 2017, 18:59
Hanno fatto il giro del mondo le immagini con gli attori del Globe Theatre di Londra che recitano l’Amleto di Shakespeare nell’inferno di Calais in mezzo a masse oceaniche di rifugiati e chiunque giri per festival non c’è chi non assista a spettacoli di teatro,musica, danza, cinema realizzati con il coinvolgimento di immigrati e di migranti. Lecce non è Calais, eppure esperienze di teatro con immigrati e rifugiati si diffondono e si moltiplicano di giorno in giorno e vedono in prima fila il meglio degli artisti di casa nostra. Non è un caso se nel settembre scorso Mario Perrotta ha voluto portare tra l’Adriatico e lo Jonio il progetto Versoterra dedicato a chi viene dal mare. E non è un caso se per il secondo anno consecutivo il bando nazionale Migrarti del Ministero per i Beni e le Attività Culturali premia il Salento. Dopo il corto Babbo Natale realizzato dal regista leccese Alessandro Valenti c’è ora il progetto teatrale Scene Migranti promosso da Cool Club, Accademia Mediterranea dell’Attore, Arci e l’associazione Vellazerimi in rappresentanza della comunità degli albanesi che vivono a Lecce.

Una riflessione, pertanto, si rende necessaria in una città in cui il teatro e i teatri sono considerati ancora dalla pubblica opinione come semplici beni di consumo, merce al pari delle altre merci e non nella loro dimensione valoriale. Il teatro e i teatri vengono percepiti non come fattori fondanti di una civiltà ma come privilegio di alcuni, non come esperienza di incontro con gli altri, luoghi di condivisione della comunità ma come rituale stantìo e vuoto o come fabbriche di eventi.

Oggi a fronte di rivolgimenti epocali che mettono in crisi punti di vista e assetti istituzionali, stiamo riscoprendo sempre più il senso originario, arcaico del teatro, ritorna il significato del teatro come agorà, come spazio della cittadinanza attiva, come luogo di discussione e di incontro fra i cittadini, fra le persone che raccontano i loro bisogni, i loro sogni, le loro paure. Nell’antica Grecia i teatri venivano costruiti di fianco ai templi religiosi ad evidenziare il nesso stretto fra la dimensione civile e spirituale, valoriale appunto, del teatro. Il teatro come fonte di ben-essere.

Non è neanche un caso allora se delle migrazioni che rappresentano la rivoluzione più importante del nostro tempo continuino ad occuparsene soprattutto la Chiesa con Papa Francesco e gli artisti di ogni dove. Non è un caso se a Lecce vediamo in prima fila la Caritas e l’Arci, tanti teatranti e artisti.

Due eventi straordinari, inoltre, sono da giorni sotto i riflettori dei media nazionali, l’Inferno di Dante messo in scena dal regista Marco Martinelli con il coinvolgimento di settecento cittadini di Ravenna in qualità di attori e l’avvio delle attività dell’Istituto di pratiche teatrali per la cura delle persone ideato e diretto dal regista Gabriele Vacis, anche lui convinto che il teatro debba mettere al centro le persone in carne e ossa, debba prendersi cura delle persone.

Progetti, idee, esperienze che tolgono al teatro quella coltre pesante di noia e di finzione, di accademismi e trasformismi vari e toccano invece la vita vera che scorre nel sangue delle persone, mostrano la tragedia e la commedia come forme ineludibili del vivere umano, indagano la necessità stessa del teatro come leva della rigenerazione e rifondazione continua di una comunità.

Anche a Lecce qualcosa si muove e stasera nel Castello Carlo V si potranno vedere i risultati del progetto laboratoriale “Scene Migranti” avviato con un gruppo di donne, uomini, bambini albanesi, guidati dall’attore e regista Ippolito Chiarello e con il contributo artistico di Admir Skurtaj, Tonio De Nitto, Maristella Martella, Chiara De Pascalis e degli allievi dell’Accademia Mediterranea dell’Attore Angelica Di Pace, Diego Perrone, Giulia Piccinni, Dario De Mitry. Anche a Lecce il teatro è popolare e di ricerca, ma è soprattutto il teatro della città, il teatro della comunità.

* Direttore Accademia mediterranea dell’attore

 
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