Destra e sinistra ancora presenti nei valori dell'elettorato

Destra e sinistra ancora presenti nei valori dell'elettorato
di Giliberto CORBELLINI
4 Minuti di Lettura
Martedì 20 Marzo 2018, 17:00
Apparentemente, quasi nessun commento ai risultati delle elezioni ha fatto uso dei dati scaturiti da alcune ricerche empiriche sulle basi socio-psicologiche del voto politico in occidente, e in Italia in particolare. I risultati che hanno prodotto uno scenario politico molto precario in funzione della governabilità, rappresentano o meno una novità rispetto a quello che sappiamo dagli studi di psicologia della politica?  Pochi mesi fa, nel 2017, Gian Vittorio Caprara e Michele Vecchione hanno pubblicato un libro per Oxford University Press, intitolato Personalizing Politics and Realizing Democracy, che difende la tesi che la divaricazione ideologica tra destra e sinistra o tra liberali e conservatori intercetta tratti fondamentali della personalità.

Nell’evoluzione della cultura politica occidentale moderna, le predisposizioni psicologico-morali umane si sarebbero strutturate preferibilmente attraverso questa tipologia di identificazione politica, in ragione dei valori associati a questi piani. Per esempio, gli elettori di sinistra/progressisti sono per politiche di equa distribuzione delle risorse e delle opportunità e per le libertà civili (di agire e pensare), mentre quelli di destra/conservatori preferiscono politiche attente ai valori familiari e religiosi tradizionali, all’applicazione della legge, e liberiste in economia. Ma questi ultimi danno un’importanza a eguaglianza e libertà civili non così distante da chi è dell’ideologia opposta. Le disposizioni di cui parliamo sono storicamente emerse intorno a bisogni e diseguaglianze materiali, ma oggi ne prescindono e persistono in quanto riflettono “inclinazioni e valori personali”. Va di moda dire che destra e sinistra non esistono più o non hanno più senso, ma la ricerca empirica dimostrerebbe il contrario, perché queste categorie sembrano intercettare ed incanalare i valori dell’elettorato ed impegnare la rappresentanza, in quanto capaci di riassumere e caratterizzare ciò che maggiormente conta per l’elettorato.

Esaminando due elezioni politiche italiane, quelle del 2006 e del 2008, e quindi testando le preferenze valoriali e politiche in altri paesi europei, anche post-comunisti, Caprara e Vecchione trovano che le ideologie tradizionali sono ancora i migliori predittori di voto, anche se i dati consigliano in effetti di guardare oltre la divisione destra-sinistra e progressisti-conservatori, per cogliere complessivamente i determinanti valoriali delle scelte politiche. Infatti, al di là di chiare differenze si notano comunanze tra i votanti. Per esempio, l’autodeterminazione e universalismo sono apprezzati più che potere e realizzazione nella maggior parte dei paesi studiati, non solo come prevedibile da chi è di sinistra/progressista, ma anche per chi è di destra/conservatore.

Per gli autori “i dati suggeriscono che gli atteggiamenti e le scelte politiche degli elettori dipendono meno che in passato dal menu offerto loro dai partiti e dai politici. Oggi i cittadini sono agenti proattivi, le cui priorità largamente dettano il tipo di menu che i partiti politici e i politici dovrebbero servire. Di fatto, più i cittadini sono consapevoli dei loro diritti, specialmente della libertà di esprimere le loro opinioni, più le rappresentazioni mentali di sé e le visioni del mondo personali dettano le loro scelte individuali”.

Le elezioni esaminate hanno avvalorato una sostanziale congruenza tra tratti, valori, atteggiamenti e preferenze politiche e mostrato che gli atteggiamenti politici (relative a welfare, mercato, libertà civili, immigrazione, eguaglianza, tradizione, legge ed ordine) mediano i valori di base che a loro volta mediano i tratti. Nel senso che tratti, valori e atteggiamenti politici insieme spiegavano tra il 30 ed il 50% delle preferenze di voto a destra e a sinistra. Si tratta di una percentuale elevata, se si considera nell’insieme sesso, età, reddito ed istruzione appaiono irrilevanti. Poiché lo stesso modello ha trovato conferma anche in altri paesi ed i costrutti esaminati sono tutti relativamente stabili, era ragionevole attendersi una conferma anche nel caso degli ultimi risultati elettorali. In realtà i risultati delle recenti elezioni presentano elementi di novità che consigliano di controllare del modello.

Stante che gli elementi costitutivi della psicologia della personalità e della socialità umana non possono essere cambiati, né c’è stato tempo perché cambiasse la tassonomia dei valori umani fondamentali descritti e usati dagli psicologi che li riscontrano nelle principali culture, e che funzionano come credenze, desideri o scopi che hanno effetti motivazionale per la persona, è più che ragionevole farsi qualche domanda. A cosa è dovuto il successo di M5S e quali sono le configurazioni valoriali che convivono all’interno di quel partito-movimento? In altre parole, in che misura e con quali percentuali i votanti M5S sarebbero identificabili con dei test come di sinistra o di destra? Gli elettori M5S del nord condividono gli stessi valori di quelli del sud, e in che modi questi valori sono modulati da età, reddito, istruzione, etc.? Si può pensare che col tempo e sulla base dei risultati delle azioni di governo si verifichino nuovi e diversi mescolamenti di valori? Non meno interessante sarebbe controllare le configurazioni di valori all’interno dei partiti di centro destra. Quali rapporti sussistono tra il sistema valoriale originario della Lega, quella fondata da Bossi e Miglio per intenderci, e quella attuale? Si potrebbe infine fare l’ipotesi che se alcuni valori di sinistra sono oggi condivisi anche dalla destra, le forme politiche della sinistra come l’abbiamo conosciuta siano destinate a una progressiva estinzione.



 
© RIPRODUZIONE RISERVATA