Centrodestra, il vero nodo non è il leader ma l’offerta politica

di Gianfranco CHIARELLI *
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Venerdì 24 Giugno 2016, 20:12
Il leader è utile, a volte indispensabile, per garantire il successo di una formazione politica. Il leaderismo può portare vantaggi momentanei, ma a lungo o a medio termine fa emergere tutti gli aspetti negativi della mancanza di confronto, di partecipazione, di condivisione delle scelte strategiche. È accaduto così con Forza Italia e con il leaderismo di Berlusconi dopo 4 lustri durante i quali si è consumato l’innamoramento collettivo. È accaduto così con il Pd e con Renzi dopo appena 2 anni di governo, come è emerso chiaramente alle ultime elezioni amministrative.
I cittadini hanno bisogno di un leader che sappia rappresentare l’idea di governo, che sappia parlare alle varie fasce della società, ma la comprensione dei problemi e l’elaborazione delle soluzioni devono scaturire da un confronto serrato di chi ha un rapporto quotidiano con gli stessi cittadini, paese per paese, città per città, quartiere per quartiere. Questo significa che bisogna tornare a fare politica nei territori e a parlare di lavoro, di opportunità di sviluppo per le imprese, di sicurezza, di sanità, di servizi sociali, di politiche giovanili, di un sistema di riscossione fiscale più equo.

L’ubriacatura leaderistica è finita e con essa è finita l’idea alimentata da chi anche nel centrodestra ha votato una legge elettorale, chiaramente incostituzionale, denominata Italicum, che prevede alla Camera un premio di maggioranza senza precedenti (55 % dei deputati) alla lista-partito che riuscirà ad affermarsi al ballottaggio, dopo aver magari ottenuto il 25-30 % al primo turno, e da chi ha dato il via libera alla legge di riforma costituzionale che lascia immaginare la soppressione del Senato, così da rendere più snello il percorso legislativo e stabile il governo. È sempre più chiaro a tutti che si è solo passati da un Senato elettivo a un Senato composto da consiglieri regionali e sindaci che nei ritagli di tempo dovranno dedicarsi all’attività legislativa, anche se limitata e senza la possibilità di votare la fiducia al governo. Sono molti gli autorevoli esponenti di varia estrazione politica a parlare del nuovo Senato come di un dopolavoro. Come Conservatori e Riformisti eravamo e siamo per la soppressione o per la elezione diretta dei rappresentanti di Palazzo Madama. Di risparmi neppure a parlarne, come emerge da un’inchiesta del settimanale L’Espresso, nonostante Renzi abbia voluto intestarsi come una conquista personale i tagli ai costi della politica ottenuti dalla riforma del Senato. 
Il sostegno a un nuovo (che è antico) modo di fare politica nei territori deve muoversi di pari passo con l’organizzazione del No al referendum di ottobre sulla riforma costituzionale, una riforma voluta da Renzi e gestita dal ministro Boschi, che ha impedito un libero confronto tra maggioranza e opposizioni, ma anche nella maggioranza e nelle opposizioni come emerge dalla transumanza verso l’area renziana degli amici del senatore Verdini.

Il No al referendum tuttavia non basta. Quel No va accompagnato da temi politici e argomenti che facciano percepire ai cittadini la nostra battaglia in difesa di chi è stanco di pagare ogni giorno una nuova tassa o un nuovo ticket a fronte di un servizio sanitario che non viene garantito se non dopo mesi di attesa o di un ospedale che viene chiuso.
In Puglia e in particolare nelle province di Brindisi e Taranto gli ospedali vengono chiusi senza tenere conto dei bisogni primari dei cittadini. Ai parlamentari del Pd di Puglia e dell’area ionica voglio chiedere come fanno a promuovere i comitati per il Sì al referendum, che significa dare a Renzi il potere di governare senza alcun tipo di controllo parlamentare, e allo stesso tempo difendere i tagli che il governo impone ai servizi sanitari e, con l’ultimo decreto salva Ilva, le norme che rinviano nel tempo gli interventi di ambientalizzazione del siderurgico di Taranto. 

Il voto delle recenti elezioni amministrative ha posto come irrinunciabile da parte dei cittadini-elettori la richiesta di cambiamento, un cambiamento accompagnato spesso da una protesta antipartitica. Senza alimentare populismi quella richiesta di cambiamento va assecondata e alimentata, mentre la protesta va incanalata lungo percorsi capaci di dare risposte concrete, oltre gli slogan del M5S. Le elezioni amministrative del prossimo anno devono trovarci pronti a raccogliere quella richiesta di cambiamento. Per farlo dobbiamo dire No alla riforma della Costituzione voluta da Renzi ma soprattutto alle politiche da lui messe in campo. 
C’è, infine, il tema delle alleanze. Anche in questo caso è tempo di innovare. Il vecchio centrodestra non esiste più. Ci sono tantissimi elettori che si considerano tradizionalmente e culturalmente di centrodestra ma alle ultime elezioni amministrative non lo hanno votato. A questi elettori dobbiamo offrire punti di riferimento ai vari livelli capaci di rappresentare il cambiamento, non accozzaglie di sigle. Solo così potremo tornare a essere credibili e competitivi.

* Deputato dei Conservatori e Riformisti 

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