Sanità, i conti non tornano tra Nord e Sud

di Carlo CIARDO
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Mercoledì 8 Febbraio 2017, 17:44
Nei giorni scorsi la Corte dei Conti ha messo nero su bianco le osservazioni sulla gestione del Fondo per le non autosufficienze dal 2007 al 2015. Uno dei fiori all’occhiello delle azioni poste in essere è il “Programma d’azione biennale per la promozione dei diritti e l’integrazione delle persone con disabilità”, approvato alla fine del 2013. Grazie a questo programma è stata avviata la sperimentazione di un modello di intervento unitario a favore del tema della vita indipendente nei diversi territori regionali. Si aggiunga che novità positive sono venute anche dalla legge di stabilità 2015 che ha reso strutturale il finanziamento del Fondo nazionale, così come dall’approvazione del Piano triennale per la non autosufficienza 2017-2019 volto a riservare una quota delle risorse destinate alle regioni per veicolarle verso le disabilità “gravissime”.
Le note acute lasciano, però, spazio allo spartito greve dell’atavica questione rappresentata dalla sperequazione territoriale.
La puntuale analisi dei giudici contabili ci consegna una serie di evidenze dalle quali è difficile sfuggire. Per le non autosufficienze, infatti, si passa da una spesa pro capite di 282 euro nella Provincia di Trento sino a quella di 26 euro della Regione Calabria.
Allargando lo sguardo alle fasce di territorio si evince che il Sud spende, in media, poco più di un terzo rispetto al Nord.
Ciò che più fa riflettere amaramente è il fatto che non ci si trova davanti ad una penuria di fondi, se è vero che tra il 2007 ed il 2015 sono stati spesi 2,3 miliardi di euro per finanziare progetti destinati ai non autosufficienti. La differenza è forse dovuta ai criteri di riparto da modificare, alla mancata determinazione da parte dello Stato dei livelli essenziali di assistenza nelle politiche sociali. Allo stesso tempo, però, è di tutta evidenza che si è davanti alla inadeguatezza delle gestioni poste in essere dalle regioni meridionali.
Tutto ciò fa il paio con quanto emerso dal rapporto OASI 2016 dell’Università Bocconi, secondo il quale vi è una abissale disomogeneità nella dislocazione dei centri di alta specialità.
Vi è una caratterizzazione settentrionale nella presenza dei grandi ospedali e degli Istituti di ricovero e cura a carattere scientifico, cioè a dire quei centri a specialità più elevate. Tanto è vero che la collocazione di queste realtà è per il 58% nel Nord a fronte del 24% nel Sud.
Questa è una delle cause per la famigerata mobilità interregionale (cosiddetti viaggi della speranza), se è vero che la Lombardia attrae il 20,9% e l’Emilia Romagna il 15,3% dei pazienti che si spostano verso una regione differente da quella di residenza per effettuare le cure. Di converso la maggior parte di questa mobilità ha come punto di partenza una delle regioni meridionali.
Per giungere anche alle problematiche della non autosufficienza, il rapporto bocconiano svolge una disamina sulle strutture residenziali per anziani, disabili, malati psichici, malati terminali e sugli istituti di riabilitazione. Si passa da una presenza di 10,5 posti letto ogni 1000 abitanti nella Provincia di Trento, ad 8,4 posti letto in Piemonte, per giungere a 0,9 posti letto in Campania. La Puglia si attesta al quattordicesimo posto su 21, con 2,4 posti letto.
Questo quadro segna un’altra smagliatura nella trama socio-assistenziale del Sud, che si aggiunge a quella già oggetto delle osservazioni da parte della Corte dei Conti.
Ulteriore zavorra che appesantisce la già gravosa situazione appena descritta è rappresentata dall’incidenza del contenzioso legale che si concentra, ovviamente, proprio nelle zone del Paese nelle quali la percezione dell’efficienza sanitaria è più bassa. Secondo lo studio annuale curato da Demoskopika, a fronte di € 191 milioni di euro per spese legali che ogni anno il comporto sanità sostiene per contenziosi e sentenze sfavorevoli che portano a risarcimenti, oltre il 60% si concentrano al Sud, con un picco di 9,9 euro di spesa pro capite in Calabria (per un totale di 19,6 milioni di euro annui) a fronte della media nazionale pari a 3 euro pro capite.
E allora sia concessa una provocazione. Dinanzi a certe lacune che il Sud continua a trascinarsi e che aggravano le problematiche dei soggetti più delicati, più sensibili agli smottamenti della crisi, più esposti alle intemperie sociali, sarebbe necessario revocare l’agibilità al Sud! Esattamente come se ci si trovasse davanti ad una abitazione in cattivo stato, si dovrebbe dichiarare l’assenza delle condizioni di abitabilità del Sud, sino a quando non si provvederà a riequilibrare un piano inclinato che rischia di trascinare verso il fondo anche ciò che c’è di buono e di incantevole. Una provocazione a metà tra l’amore e lo sconforto, seguendo l’ondeggiare di un pendolo che oscilla fortemente dinanzi a certe drammatiche pecche, senza mai indugiare, però, sulla rassegnazione.
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