Il marketing territoriale nell'era del turismo spaziale

di Roberto DE DONNO
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Giovedì 11 Ottobre 2018, 14:00
Recentemente si è avuta notizia di alcuni progetti di turismo spaziale che, anziché proporre una vista romantica su un classico panorama mozzafiato, proclamano l’esclusività di uno scenario fuori dal comune del pianeta Terra. Alcuni turisti (chissà se si potranno mai definire viaggiatori) hanno di già prenotato i loro posti in prima fila per poter contemplare la Terra da una distanza chilometrica sufficientemente utile a vederla nella sua totalità. In questa visione globale del pianeta spuntano le differenze peculiari che lo compongono dal punto di vista geografico, quelle – per intenderci – che di fatto definiscono i confini morfologici della “localizzazione” in cui ci si trova contestualizzati.
In una visione ampia, e probabilmente avveniristica, ma forse anche in prospettiva di uno sviluppo sempre più in progress del concetto di marketing territoriale, sarebbe interessante, magari curioso, provare ad immaginare una certa applicazione dello stesso alla ri-valorizzazione del pianeta per ri-scoprirne la bellezza in quanto luogo da percorrere in tutti i sensi.
Quasi ad inventare un modo suggestivo per invitare i terrestri a visitare quella meravigliosa sfera su cui vivono, e a renderla meta esclusiva di fantomatici extra terrestri in cerca di nuove mete relax.
Al di là della metafora fantascientifica, sarebbe il caso di interpretare l’impegno del marketing territoriale come utopia (eudaimonia, benessere di tutti) di un futuro prossimo da costruire. Chi opera nel settore sa bene che l’obiettivo deve tradursi in comunicazione appropriata di un luogo mettendone in relazione la storia, quella che attualmente si commemora ad intervalli temporali regolari, con il lavoro degli individui che l’hanno fatta o che l’hanno tramandata o che l’hanno ricevuta in eredità. Lo scambio di parole curate, di discorsi sobri, di termini appropriati, che riportino l’attenzione dalla generalizzazione ad una ritrovata contestualizzazione, potranno rimettere in circolo, anche grazie ad un uso corretto della tecnologia, il fattore relazionale, unico reale elemento costitutivo della vita dei luoghi intesi nella più ampia accezione.
Ecco perché le cosiddette “esperienze sensoriali”, in cui si recuperi in pieno la fruizione naturalissima dei cinque sensi con i quali in effetti si entra in relazione con le cose reali, fatte soprattutto di spazio e di tempo, le due principali categorie che consentono una crescita concreta e consapevole dell’individuo all’interno di un contesto specifico, mettono in atto l’esigenza di luoghi fisici reali (e non virtuali, ma che della connessione si servono per una diffusione virtuosa del messaggio della propria esistenza nel mondo così come essi sono), in cui ogni cosa acquisisce la propria necessaria collocazione, per l’appunto, spazio-temporale.
Ciò che attiene al marketing territoriale è questione prettamente identitaria. Il genius loci del territorio si mostra al visitatore attento in quanto animus del luogo, del quale ne è essenza: la presentazione del luogo agli occhi del mondo non può esulare dai connotati peculiari di ciò che costituisce quel particolare ambiente e non un altro.
Oggi, in un mondo protratto alla logica globalizzata di diventare “ovunque” per non rischiare un processo di dissonanza dal generale, occorre mettere a fuoco una riflessione attenta sull’importanza di recuperare il significato “differente” del fare marketing territoriale. Vero è che un sintomatico ritorno al particolare possa recuperare le somme di territori più definiti all’interno di sedimentate connotazioni geografiche.
Nella sempre più avanzata fusione tra globale e locale, succede che il globale sia diventato il luogo in cui, in assoluto, l’uomo contemporaneo trova una dimensione nota attribuibile al fatto che ciò che lo connota sia presente ovunque nel mondo. Cosicché, se tale premessa è vera, allora il locale diventa progressivamente ciò che resta fuori, ossia ai margini del cosiddetto divulgato, per diventare dimensione latente di ciò che vuole ancora difendere le cosiddette “diversità”.
L’aspetto visionario di chi opera attualmente nel marketing territoriale non può che essere la lungimiranza di rendere inevitabilmente celebri (ossia rese edotte), poiché esistenti e caratteristiche, le specificità del posto. È una questione di sostanza, la cui vera sfida consiste nell’evitare di ostentare immagini lanciate qua e là prive di contenuti.
Il globale, associato per similitudine all’universale, di contro al particolare del locale, attesta, alla luce della premessa, maggiore predominanza ad uno spazio sempre più vasto ed omogeneo di converso ad un tempo futuro-passato che dovrebbe derivare dalla reciproca miscellanea per arricchire il presente. E, invece, accade che il passato non viene più pensato mentre il futuro non ha prospettive. Ed il presente diventa gradualmente più scevro di definizione, tanto da rappresentare il sinonimo di un globale definito nel suo essere indefinito. La quantificazione è la parola dominante della civiltà contemporanea, strumento divulgatore del “troppo, presente ovunque”, facile dissuasore dell’essenziale, di ciò che sfugge al calcolo come il sentimento, l’amore, la gioia, la tristezza, l’afflizione, il dolore.
Il marketing territoriale consiste di quella diversità delle culture e delle lingue che si separano per diventare fonte viva di apprendimento sociale, etnologico, folcloristico, ambientale che vanno recuperate, salvaguardate e tutelate in tutta la loro integrità.
Oggi la politica territoriale, coadiuvata dall’incremento delle reti tecnologiche, ma anche da una sempre più diffusa concettualizzazione del sistema reticolare connesso ed immediato, atto a stabilire capacità di interazione g-locali, non può essere avulsa da un’analisi generale alla luce di un’apertura al/del mondo utile e necessaria alla consapevolezza che su questo pianeta si risiede del tutto per non poterne naturalmente fare a meno e per poter saggiamente pensare ad una efficace opera di sviluppo, che avvolga tutte le sfaccettature del cambiamento in corso ovunque.
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