La minaccia dei dazi e la vera partita dell'America di Trump

La minaccia dei dazi e la vera partita dell'America di Trump
di Giorgio LA MALFA
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Domenica 2 Aprile 2017, 17:33
Un mondo pieno di dazi doganali sarebbe senz’altro più povero. Difficile che non lo sappia lo stesso Trump. Sarebbero certamente più poveri i Paesi che vedrebbero ridursi le esportazioni perché i loro prezzi, al lordo dei dazi, non sarebbero più competitivi. Ma anche i consumatori dei Paesi protetti dai dazi doganali pagherebbero di più di quello che pagavano e che potrebbero pagare per gli stessi beni e dunque sarebbero più poveri. Per questo in generale è meglio il commercio internazionale libero e senza ostacoli.

E tuttavia questo è vero ad alcune condizioni. La principale è che perché vi sia un vantaggio per tutti nel commercio internazionale libero, bisogna che non vi sia nessun paese che esporta stabilmente più di quello che importa ed accumula anno dopo anno dei saldi commerciali attivi. Se questo avviene, i vantaggi e gli svantaggi non si distribuiscono equamente. Nel Paese che ha sempre saldi commerciali positivi, alla fine lavoreranno tutti, mentre nei paesi verso i quali esso esporta vi saranno sempre più interi settori industriali in crisi. E verrà inevitabilmente una pressione forte dai settori dove si crea disoccupazione a limitare fortemente le esportazioni dal paese in surplus. Uno dei fattori dell’elezione di Trump è stato il voto degli stati industriali del Nord-Est degli Stati Uniti, travolti dalle importazioni di beni dall’Asia (spesso prodotti da multinazionali americane).

Quindi la saggezza vorrebbe che i Paesi che hanno un deficit commerciale lo curassero non con i dazi, ma con delle misure di contenimento del proprio potere di acquisto, ma i Paesi in surplus dovrebbero a loro volta agevolare, con una manovra opposta, il riequilibrio delle bilance dei pagamenti: dovrebbero comprare di più dall’estero, alzare il tenore di vita interno e quindi esportare meno. In questo modo contribuirebbero a sostenere l’occupazione altrui e non solo la propria.

Sfortunatamente, mentre un Paese in deficit è costretto prima o poi a correggere la propria domanda, i Paesi in surplus - questo vale per la Cina a livello mondiale e per la Germania in seno all’Unione monetaria europea, come valeva per gli Stati Uniti all’indomani della seconda guerra mondiale - non hanno mai voglia di ridurre il loro attivo commerciale: finché le loro popolazioni accettano di limitare i consumi, all’attivo commerciale corrisponde un aumento della ricchezza finanziaria e quindi del potere nel mondo. E quindi, se manca questa saggezza da parte dei paesi in surplus, la pressione a introdurre i limiti al commercio si fa sempre più forte.

Questo è il quadro nel quale vanno considerate le dichiarazioni e le mosse di Trump. Se Trump decidesse di scatenare una vera guerra commerciale mettendo dazi e erigendo barriere doganali, finiremmo tutti nei guai, compresi gli Stati Uniti. Per cui o non lo farà o sarà indotto dagli stessi ambienti economici che lo hanno sostenuto a darsi una calmata. Se invece Trump sta dando dei segnali verso la Cina e verso l’Europa (del resto lo stesso Obama aveva minacciato l’Unione europea di mettere dei dazi se l’Europa non prendeva un atteggiamento meno protezionistico sulle importazioni di carne bovina che la Francia, l’Olanda, la Germania cercano di scoraggiare in tutti i modi) per indurre tutti a un negoziato ed a tenere comportamenti più compatibili con un equilibrio di lungo periodo nel mondo, non ha tutti i torti e le sue mosse possono avere un senso.
Difficile indurre chi ha una posizione forte a rinunziarvi senza una trattativa dura (vale anche in seno all’euroarea a proposito delle regole finanziarie: chi si è illuso in questi anni di ottenere una riscrittura delle regole dell’euro, non ha combinato nulla) ed una trattativa dura vuol dire dichiararsi pronti a affrontare dei costi per sé, ma di infliggerli anche ad altri.

Chi è Trump? Un ideologo che ci porterà tutti nei guai, o un negoziatore che dietro la rozzezza delle sue dichiarazioni ha un obiettivo relativamente ragionevole? È troppo presto per dirlo. La prima sarebbe una situazione pericolosa, con la seconda si potrebbe convivere e forse ne potrebbe anche venire qualche conseguenza ragionevole.
Troppo presto per dirlo. Aspettiamo con calma.
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