«Foggia, i contadini uccisi perché scambiati per la scorta del boss»

Il Fiorino su cui viaggiavano i contadini uccisi (Ansa)
Il Fiorino su cui viaggiavano i contadini uccisi (Ansa)
di Sara Menafra
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Sabato 12 Agosto 2017, 08:16 - Ultimo aggiornamento: 13 Agosto, 00:44

Non solo nel luogo sbagliato al momento sbagliato. Ma, per di più, a bordo di un veicolo maledettamente simile a quello che i killer stavano cercando al momento dell'agguato. Aurelio e Luigi Luciani, di 43 e di 48 anni, i due contadini della provincia di Foggia uccisi subito dopo l'agguato costato la vita al boss Luciano Romito potrebbero essere stati assassinati perché scambiati per i guardiaspalle del boss.
 

 

LA NUOVA PISTA
I testimoni, che conoscevano le abitudini del pregiudicato freddato pochi giorni dopo essere uscito dal carcere, hanno raccontato come Romito fosse solito farsi accompagnare ovunque da due guardaspalle «a bordo di un pickup bianco». Aurelio e Luigi, che si trovavano a meno da un chilometro dal luogo della sparatoria e sono stati inseguiti forse perché testimoni ingombranti, potrebbero essere stati scambiati, però, anche per i protettori di Romito: il loro furgone, un Fiorino, era appunto bianco, proprio come l'auto «di sicurezza».

La nuova pista, accreditata dalle procure di Foggia e di Bari proprio nel giorno dei funerali dei due contadini, potrebbe aiutare a spiegare le ragioni di questo ennesimo omicidio. E a stringere il cerchio delle indagini su chi ha ucciso Romito e, evidentemente, conosceva bene le sue abitudini e il tipo di organizzazione che aveva messo in piedi nel tentativo di proteggersi. Negli anni scorsi, prima di tornare nuovamente in carcere, il capo clan aveva già subito due diversi attentati, uno con dinamite, l'altro con fucili e pistole.

L'ipotesi più accreditata è che l'attentato dell'altro giorno si inserisca in una faida ormai storica tra i Romito e i Li Bergolis, fino a dieci anni fa alleati tra loro e ora, invece, acerrimi nemici. La rottura del patto sarebbe avvenuta quando, nel corso di una grossa operazione di polizia, i Li Bergolis scoprirono dagli atti che uno dei fratelli di Romito era, in realtà, un informatore della polizia e che aveva aiutato le indagini sulla famiglia alleata. Da allora le vendette trasversali tra le due famiglie non si sono mai fermate, sebbene Luciano Romito non abbia mai collaborato alle indagini e abbia sempre, invece, mostrato la sua caratura da boss di prim'ordine.

I TRAFFICI
L'altra chiave di lettura per la morte del boss potrebbe essere nel controllo del traffico di droghe leggere, marijuana e hashish, tra il Gargano e l'Albania. Una rotta fondamentale e molto redditizia, che costituisce uno dei principali canali di ricchezza - oltre all'usura, le estorsioni e il controllo delle attività commerciali e turistiche specie sulla costa, attorno a Vieste - della cosiddetta Quarta mafia, rimasta a lungo lontano dai riflettori. Un giro sul quale Romito poteve facilmente riprendere il controllo. Scoprire come sia andata davvero, indagando su questa criminalità senza veri pentiti, non sarà facile. Il procuratore nazionale antimafia, Franco Roberti, due giorni fa, citando i 300 omicidi avvenuti negli ultimi anni nella zona, ha anche spiegato che «8 su 10 sono rimasti impuniti».

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