Violenze ripetute/ I segnali della follia che nessuno ha voluto vedere

di Paolo Graldi
3 Minuti di Lettura
Giovedì 1 Marzo 2018, 00:05
Già visto, già sentito, già letto: eccolo riapparire l’amore malato che si nutre di odio sconfinato e falcia vite innocenti.

“Angeli, anime mie”, Martina e Alessia, sette e tredici anni, fulminate dal padre all’alba avvolte nel sonno. 

Il virus del possesso dell’altro, la malattia della cieca e insensata gelosia, ci consegnano l’ennesima tragedia dentro un’unione finita prima nei sentimenti e poi nel sangue. 
Un copione che sgomenta, dove regna il buio della ragione ma anche, purtroppo, dove si rintracciano i segni di una impotenza a fermare percorsi di rancore inguaribile, segni che sono forti, evidenti, premonitori del peggio. 

Quest’uomo, appuntato dei carabinieri, con l’arma d’ordinanza, pochi minuti prima di quel gesto sciagurato aveva provato a uccidere la moglie, tre colpi al volto e al corpo. 

Ore di speranza di d’angoscia: cercano di salvarla, è grave ma cosciente, ha raccontato quegli attimi di terrore, il presentimento per la sorte delle due bambine. 
Sette ore di follia a Cisterna di Latina si sono consumate nel tentativo di convincere Luigi Capasso, 44 anni, ad arrendersi: ma lui, la sua “vendetta” per una separazione rifiutata l’aveva già compiuta e alla fine si è sparato. 
Ha chiuso il suo cerchio di morte come tante altre volte è accaduto se sfogliamo l’album delle tragedie che annientano “famiglie normali, gente perbene, inquilini tranquilli, mai niente che facesse temere…”. 

E invece no. Quella famiglia era avvolta dal dolore dell’annunciata separazione. 
Lui geloso, violento, scenate per strada, botte in pubblico, un precedente per truffa a una assicurazione, la sospensione dal servizio, lei, la moglie, Antonietta Gargiulo, 39 anni, un viso aperto in un sorriso dolce, donna di fede, stretta alla comunità parrocchiale, un intenso impegno nel sociale, amica e amata da tanti, terrorizzata dalle sfuriate di un compagno che negli anni si era come trasfigurato, divenuto manesco, irascibile, pericoloso. 
C’erano state anche denunce alla polizia e adesso l’avvocato di Antonietta parla apertamente di stalking. 
Come se le liti, il furore crescente di fronte alla determinazione di lei di giungere alla separazione, le minacce impregnate di rancore, le paure delle bambine che s’impietrivano davanti al padre fuori di testa, mille episodi come spie accese sulla tragedia che andava maturando non siano state capaci di interrompere un percorso già tante volte osservato. 

Le figlie, Martina e Alessia, almeno loro, potevano essere protette, portate al riparo, messe al sicuro. E anche nell’ambiente di lavoro dell’appuntato, un ambiente abituato all’osservazione critica e stringente, bisognerà capire se c’erano segnali che andavano colti e portati in terapia, terapia anche d’urto all’evidenza di questa necessità. Anche a Cisterna il canovaccio dell’odio tra coniugi, che dilaga e annienta l’intera famiglia, ha potuto dipanarsi lungo il tunnel della follia omicida. 
<HS9>Un copione che si ripete, contro il quale leggi aggiornate cercano di porre argini individuando rimedi e comportamenti capaci di spezzare la spirale dell’antagonismo. 

L’Arma, colpita negli ultimi mesi da episodi che hanno coinvolto in forme e gravità diverse uomini in divisa, ha accolto con amarezza questo nuovo caso e nella secchezza dei commenti si coglie un filo di imbarazzato sconcerto. 

Niente scalfisce la saldezza della istituzione e tuttavia il Corpo esprime con severa tristezza il giudizio sull’accaduto.

Il dramma di Cisterna di Latina si è imposto con il suo impatto perfino sugli ultimi concitati passi della campagna elettorale: il tema del “femminicidio” chiama commenti divisivi sulle dirette tv e i talk show non stop arroventando gli ultimi fuochi prima del voto. 

Segni altrettanto decisi di una inquietudine trasversale. E però, comunque sia, la tragedia di Cisterna, la sorte di quelle bambine, di Martina ed Alessia, della loro mamma che lotta per sopravvivere, richiamano tutti, scansando i luoghi comuni, evitando facili finali, a una riflessione continua, permanente, sulla violenza, sull’amore che si consuma per diventare odio liquido. 
© RIPRODUZIONE RISERVATA