Il capo della polizia di Ny, James ÒNeill, si è limitato a dire che Ullah «ha fatto delle dichiarazione ma non ne parleremo oggi». Nel frattempo l'Fbi scava nella sua vita e setaccia la sua casa. Il giovane è entrato negli Usa con i suoi genitori e i suoi fratelli nel febbraio del 2011 con un visto da immigrato (quello che Trump vuole abolire), ottenendo poi una residenza permanente americana.
Viveva a Brooklyn e dal marzo 2012 al marzo 2015 aveva avuto una licenza come tassista di auto a noleggio, non per gli iconici 'yellow cab' di Manhattan e neppure per Uber, come emerso in un primo momento. Quello di taxi driver è comunque uno dei lavori più frequenti per gli immigrati. Poi era finito a lavorare per un'azienda che si occupa di materiale elettrico e avrebbe costruito l'ordigno proprio nel luogo di lavoro. In modo maldestro, come dimostra l'esplosione, forse prematura o solo parziale della bomba. Secondo la polizia locale, non aveva alcun precedente in Bangladesh, che aveva visitato per l'ultima volta lo scorso 8 settembre.
Un Paese a maggioranza musulmana sicuramente non estraneo al terrorismo, come dimostra l'attentato del luglio 2016 in un ristorante di Dacca, dove morirono 20 persone, tra cui 9 italiani. Comunque al momento i dettagli sulla sua vita sono ancora scarsi per poter mettere a fuoco meglio la sua figura. Per ora sembra un 'lone wolf' come l'attentatore di Chelsea, Ahmad Rahami, 28 anni, cittadino americano di origini afghane accusato per le bombe in New Jersey e a New York (31 feriti) esplose nel settembre 2016. O come Sayfullo Saipov, l'uzbeko di 29 anni autore della strage di Halloween a sud di Manhattan, il 31 ottobre scorso (8 vittime).