Sicilia al voto/Grillo e Di Maio impauriti si sfogano col ristoratore: «Niente giornalisti ​nella nostra sala, o loro o noi»

Sicilia al voto/Grillo e Di Maio impauriti si sfogano col ristoratore: «Niente giornalisti nella nostra sala, o loro o noi»
di Mario Ajello
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Sabato 4 Novembre 2017, 14:46 - Ultimo aggiornamento: 5 Novembre, 16:08

È la fine di un comizio moscio di Grillo, di Di Maio, di Di Battista, di Casaleggio junior e del candidato governatore grillino, Giancarlo Cancelleri. La piazza, di fronte al Teatro Massimo, non è affollata come si sarebbe potuto immaginare alla fine di una lunga campagna elettorale di M5S, che ha schierato per mesi tutti i suoi leader sperando di vincere in Sicilia e fare il bis in Italia. Ma nel comizio finale dell'altra sera, si avvertiva un senso di insicurezza e il timore che forse tanti sforzi non porteranno a un grande trionfo.

E comunque, la compagnia dei dirigenti pentastellati, guidati da Beppe, intorno alla mezzanotte si avvia al ristorante. Da Gigi Mangia, a via Principe di Belmonte, ed è una sorta di salotto al centro del salotto palermitano questo locale frequentato da sempre da politici e giornalisti. Arrivano i grillini. Hanno prenotato un tavolo per venti persone. Per primo entra nel ristorante, vuoto ad eccezione di un tavolo in un angolo lontano dove siedono tre giornalisti, proprio Grillo. Passa davanti ai cronisti, per andare al bagno prima di sedersi a tavola, e non fa caso a quei tre normali clienti. Poi entra Rocco Casalino, il capo della comunicazione M5S, riconosce i giornalisti e scambia con loro qualche chiacchiera: «Che ci fate qui? Almeno si mangia bene in questo posto?». Loro rispondono che il ristorante è buono e che si stanno rilassando dopo una giornata di lavoro. Tutto ok, «buona cena», dice Casalino, non vedendo alcun problema per la serata e per la condivisione dello stesso spazio, anche se la tavolata dei venti è lontana da quella dei tre.

Intanto all'ingresso spuntano Di Battista, Cancelleri, Casaleggio, Di Maio e Dettori, che è una sorta di ruvido factotum della Casaleggio Associati. Vedono i tre giornalisti e si bloccano. Escono sulla strada. Confabulano. Poi Di Maio rientra e si dirige verso il padrone del ristorante, Gigi, un tipo abituatissimo da sempre a trattare con politici e con giornalisti, ma stavolta si accorge dell'atteggiamento guardingo e sospettoso dei nuovi arrivati.  Capisce al volo che i grillini vogliono il locale soltanto per se stessi. E Di Maio, subito, chiarisce il concetto: "O noi o loro". Ossia: o i giornalisti smammano, anche se hanno già cominciato a mangiare il pane e a bere l'acqua minerale e stanno per  ordinare tutto il resto, oppure, nonostante la tavola sia già pronta, ad andarsene saranno gli ultimi arrivati ma che si sentono i più importanti. Che fare?

Il ristoratore, davanti ai presunti nuovi potenti di turno, perde di lucidità, non sa che fare, e imbarazzatissimo dal dover scegliere tra chi è già seduto e chi vuole il posto tutto per sé mostrando evidentemente  una concezione totalitaria del presunto potere. Gigi va in bambola. Si fa intimidire dall'arroganza di Giggino (reduce da una giornata nera: il pasticcio sul faccia a faccia con Renzi, la debolezza del comizio appena concluso, il timore della batosta elettorale). E invece il ristoratore avrebbe dovuto dire al candidato premier  incravattato come sempre ma sprovvisto di buone maniere: «Cari grillini, non posso mandare via clienti già seduti, solo perché voi non li volete». Queste semplici parole non vengono pronunciate. I giornalisti capiscono magari sbagliando che, per il bene di tutti, tranne che il proprio, è meglio sgombrare. Convinti tutti e tre che alla prepotenza a cinque stelle non vada opposta identica inciviltà. Perché è anche l'educazione ciò che fa la differenza tra i liberali e gli altri.

I giornalisti si alzano e se ne vanno. I grillini si sentono liberati. E Casalino sembra l'unico che capisce la volgarità che la sua compagnia ha appena compiuto. "Dovete capire",  comunica  ai giornalisti ormai in strada e in cerca a tarda notte di un altro posto dove cenare: "Luigi (inteso come Di Maio, ndr) è stanco morto. Dopo tre mesi di campagna elettorale in Sicilia è sfinito. È stanco, stanco, stanco e aveva voglia di rilassarsi a tavola senza altri stress". I giornalisti trasecolano per tutto ciò che è avvenuto. Si sentono umiliati (loro avrebbero dovuto dire ai grillini di andarsene, visto che non glielo ha detto nessun altro?) e sono presi allo stesso tempo da un senso di pena verso una  politica  ridotta a sopraffazione.

In questo locale elegante, l'ultima notte di campagna elettorale, hanno pasteggiato gli ultimi tre governatori siciliani: Totò Cuffaro, Raffaele Lombardo e Rosario Crocetta. Che sono stati ciò che sono stati ma nessuno di loro si sarebbe sognato di comportarsi come un piccolo viceré chiamato Giggino e attorniato, insieme a Re Beppe, da corte che ha cominciato a sbevazzare mentre i giornalisti lasciavano  il campo.

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La nota del ristoratore Gigi Mangia resa pubblica dal Movimento 5 Stelle Sicilia
 
Ieri sera intorno alle 22 ho ricevuto una prenotazione: con cortesia mi si chiedeva se potevo ricevere una
ventina di persone intorno alla mezzanotte. Dopo la mia conferma mi hanno prenotato a nome del Movimento Cinque Stelle. Poco prima di mezzanotte tre giornalisti, due dei quali erano già stati ospiti del mio ristorante, sono arrivati. Li ho accolti con gioia, i rapporti che in questa settimana si sono consolidati giustificavano questo sentimento. Avevo appena portato l'acqua ed è entrato il signor Grillo con alcuni collaboratori.

Dopo i saluti il signor Grillo si è avviato al bagno e io sono uscito fuori perché si era formato un grosso capannello di curiosi. Desideravo chiudere la porta e, vista l'ora, desideravo procedere celermente alla comanda. Rientrando ho trovato i giornalisti in piedi e contrariati, il signor Ajello dicendo di non voler causare danno sarebbe andato via. Io, in fede, non sono stato testimone di alcun alterco e di nessun ultimatum o minaccia, non capivo la loro scelta di andar via uscendo mi hanno spiegato che se loro fossero rimasti, gli altri sarebbero andati via. 

Sono rimasto molto male, ma ho pensato che fosse un atto di amicizia, ma io non avevo assistito ad alcuna minaccia. Oggi con tristezza assisto alla deflagrazione di una bomba mediatica. Le certezze: nel mio ristorante hanno cenato insieme con altri gli onorevoli Di Maio e Di Battista e il signor Grillo, non ho assistito ad alcun alterco. Le certezze: nel mio ristorante hanno cenato insieme con altri gli onorevoli Di Maio e Di Battista e il signor Grillo, non ho assistito ad alcun alterco. Le certezze: i tre giornalisti hanno lasciato il mio locale prima si ordinare. Le tristezze: le aggressioni mediatiche proditorie. Pensavo che la scelta dei tre giornalisti fosse atto di generosità e non per creare caso. Spero che il clima in questo nostro Paese cambi presto, perché odio e inganno non generano bei figli. Spero che tutto sia nato da un equivoco e per questo invito i giornalisti, il signor Grillo e gli onorevoli Di Maio, Di Battista e Cancelleri.

Ceniamo insieme con i buoni cibi siciliani e brindiamo insieme alla salute dei siciliani e di tutte le persone di buona volontà.

Il Movimento 5 Stelle Sicilia poi aggiunge che «ringrazia Gigi Mangia per aver detto la verità e invita gli autori dei citati articoli di stampa, ad evitare di tirare in mezzo, per finalità poco chiare, un ristoratore che con puntualità e abnegazione prova a fare impresa nella sua terra».


La replica del Messaggero
Nessuno vuole "tirare in mezzo", come dice il comunicato 5 stelle,  un ristoratore palermitano. Si vuole soltanto ribadire che l'altra sera alcuni giornalisti hanno dovuto lasciare un ristorante, perché non graditi da Luigi Di Maio e da altri vertici 5 stelle. La frase "o noi o loro", che ora per comprensibile motivi, il ristoratore dice di non aver sentito, e invece dimostrabile attraverso diverse prove. Di cui sono a conoscenza gli interessati. Tanto è vero che la presunta smentita viene affidata al ristoratore e non all'ufficio stampa 5 stelle, presente al gran completo accanto a Di Maio nel momento esatto in cui quest'ultimo  pronuncia la frase. Il resto, cioè i fatti, si commentano da soli. E ogni segno di inciviltà - a prescindere da qualunque colore politico - il lettore potrà giudicarlo da sé.


 

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