Salvini-Di Maio, blitz alle Camere. Oggi lo scontro finale

Salvini-Di Maio, blitz alle Camere. Oggi lo scontro finale
di Mario Ajello
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Sabato 24 Marzo 2018, 07:57 - Ultimo aggiornamento: 10:28

«Fifa e arena». E' un celebre film con Totò, ma non solo. E' anche il riassunto della giornata, piena di colpi di scena, al Senato. «Toro lento, muerte de matador», è la battuta simbolo di quella commedia. Nell'arena di Palazzo Madama, mentre tutti hanno paura di finire incornati - sia i 5 stelle, sia la Lega, sia Forza Italia e il Pd si crogiola intanto nelle sue velleità di entrare in partita - il matador Salvini e il matador Berlusconi sono quelli che rischiano la muerte, ognuno per mano dell'altro. Il leader leghista, per non farsi sopprimere dalla tenacia con cui Silvio resiste su Paolo Romani come candidato presidente del Senato, decide all'improvviso, o quasi, di prendere il toro per le corna.

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Vota in aula, avverte tutti che dopo il voto andrà a fare una dichiarazione nella sala Maccari dove lo aspettano centinaia di telecamere e flash ed eccolo uscire dall'emiciclo con passo tranquillo e arriva nello stanzone dove comincia piano contro il Cavaliere: «Un passettino indietro lo dobbiamo fare tutti, e la Lega lo ha già fatto, per non precipitare l'Italia nella palude, rendere operativo da subito il Parlamento e lavorare per il nuovo governo». Poi, butta lì una frasetta uscendo dai riflettori: «Abbiamo votato per la Bernini, e ho avvertito di questo Berlusconi».

Esce dal cul de sac in cui era finito per mano del leader forzista, e cambia tutta la giornata. Arriva il comunicato di fuoco di Berlusconi («Atto di ostilità a freddo, è la rottura della coalizione di centrodestra») ma alla buvette i leghisti se la ridono. «Si sa com'è Berlusconi - dice il capogruppo lumbard Centinaio - ora dice così e domani gli andrà bene la Bernini, che è più berlusconiana di lui, o la Casellati». Che è del giro di Ghedini.

PENTASTELLUTI
E i grillini? Dopo che sono arrivati i voti leghisti alla Bernini, il primo che in aula le si avvicina è il pentastellato Morra. Complimenti. Da lui e da altri senatori M5S. Vito Petrocelli, lucano e nella sua regione i grillini sono quasi al 50 per cento, è tutto contento dello spariglio di Salvini: «La Bernini è votabile e anche potabile. Non è inquinata. Quanto a Salvini, Berlusconi evidentemente non vede la serie televisiva su Netflix, intitolata: Gli ostili. Sennò avrebbe già capito che il mondo è cambiato, e che la Lega ha più voti e più forza di lui». Poi, mentre la Bernini è a Palazzo Grazioli, e dice di essere «indisponibile ad essere la candidata di altri, senza il consenso di Berlusconi», arriva la benedizione di Di Maio: «Noi disponibili». Sulla Bernini, eventualmente sulla Casellati e insomma Giggino si sente, come si dice a Pomigliano, win win. Basta che Berlusconi esca umiliato da questa partita e che questa partita - di cui tutti dicono: nulla c'entra con la formazione del governo - sia invece capace di rappresentare l'anteprima di una qualche forma di collaborazione tra M5s e Lega, e diventi uno scivolo verso nuove elezioni al più presto. Il trappolone salvinian-grillesco sembra che sia compiuto quando, dopo cena, Salvini annuncia: «Vista la disponibilità dei 5 stelle a sostenere un candidato del centrodestra alla presidenza del Senato, noi ne appoggeremo uno dei 5 stelle alla presidenza della Camera. Aspettiamo di conoscere i nomi».

GARIBALDI
I nuovi eletti M5S e Lega si fanno i selfie in Transatlantico, con tanto di lumbard abbracciati al busto di Garibaldi (o tempora, o mores!, e per fortuna Bossi è distratto), capiscono poco e sono concentrati nella letizia di stare nel Palazzo, da dove sarà difficile sbaraccarli, mentre il centrodestra non solo è spaccato tra leghisti e forzisti, ma molti forzisti off record - non in linea con Schifani che spara a zero dicendo che «Salvini non può sfondare la porta di casa nostra e decidere chi di noi mandare alla presidenza del Senato» - esultano per la Bernini: «Ha buoni rapporti con tutti, anche con il Pd, piace a Gianni Letta e piace a tutti noi. Meglio di così si muore». E pure Daniela Santanché, di Fratelli d'Italia, è per niente impressionata: «Votarla? Certo. E andrà bene pure a Berlusconi. Lui è concavo e convesso». Spaccati gli azzurri, ma nel Carroccio una crepa c'è e si chiama Bossi. In serata andrà a Palazzo Grazioli a dire a Berlusconi che «Salvini va fermato, s'è montato la testa e rischia di finire come Fini», ma prima viene sospettato di essere stato l'unico leghista a non votare la Bernini. In quanto è stato annullato un voto per l'esponente forzista spinta da Salvini, a causa di una calligrafia incerta e incomprensibile. Quella della mano tremolante del Senatur? Chissà.

Lo sfregio di Salvini terremota tutto. Ghedini sta sempre al telefono e informa Berlusconi minuto per minuto. Mentre Salvini si prende sotto braccio la Ronzulli, inner circle e tramite tra lui e il Cavaliere, e parla dieci minuti con lei. Cercando di convincere Licia perché convinca Berlusconi di aderire al suo spariglio invece che soffrirlo. Ma come si fa? Il senatore nero, salvianianissimo, Toni Iwobi, è l'unico che mantiene la calma: «Matteo non sbaglia un colpo». Questo si vedrà. Intanto (ed è ormai tarda sera) Berlusconi ringrazia Bernini ma conferma Romani.

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