«Risparmiare acqua e suolo, meno cemento sulla costa. La Puglia potrebbe diventare un modello per il turismo sostenibile se si riuscisse ad evitare gli errori del passato e creare un sistema di aziende che autoproducono energia attraverso le fonti rinnovabili». È l’idea di sviluppo turistico indicata da Mario Tozzi, geologo, divulgatore scientifico e conduttore tv di origini pugliesi, per contrastare gli effetti del cambiamento climatico e operare una inversione di tendenza, riuscendo anche a trarre vantaggio da una stagione che diventa sempre più lunga e calda. Non solo. Nella pianificazione delle infrastrutture per la Puglia, grande spazio si dovrebbe dare ai boschi e alla piantumazione di nuove aree verdi perché qui, più che altrove, gli effetti dei cambiamenti climatici si faranno sentire.
Professor Tozzi, siccità, desertificazione, xylella: che impatto ha il cambiamento climatico sull’agricoltura pugliese?
«Lo stesso impatto che ha sulle fasce di vegetazione, con la differenza che alle coltivazioni si può fornire un maggiore apporto di acqua. Questa però non sarà sufficiente, perché ha un costo ed è difficile farla bastare quando la temperatura è troppo alta. In Puglia è proprio l’ulivo la fascia di vegetazione che regge forse meglio a condizioni siccitose, ma non siamo certi che possa resistere agli altri effetti del caldo, quali parassiti e insetti dannosi. Uno dei problemi degli ulivi pugliesi è che gli alberi sono uno attaccato all’altro. Ci sono campi su campi senza filari di alberi e boschi nel mezzo, e questo è uno dei motivi per cui xylella ha fatto tanti danni. Si è ecceduto nella coltivazione, occorreva lasciare più spazio tra ogni pianta e tra un campo e l’altro».
Oggi quindi per contenere queste eventualità e per fronteggiare il cambiamento del clima, serve un’agricoltura progettata su misura?
«Sì, standoci più attenti. E soprattutto risparmiando l’acqua. In Puglia c’è un doppio problema di siccità: la pioggia che non cade e le falde profonde sempre più asciutte. I pozzi pugliesi, soprattutto in Salento, hanno nel fondo l’acqua di mare che risale dalla profondità proprio per assenza di quella piovana. In ogni caso anche il risparmio della risorsa idrica non è sufficiente, occorre anche contrastare le cause del cambiamento ma questo va fatto ovunque non solo in Puglia».
Dall’agricoltura al turismo, due settori peraltro che in Puglia viaggiano a braccetto, quali sono le ricadute immediate del clima impazzito su un comparto che si fonda proprio sulle previsioni meteo?
«Intanto le ondate di calore comportano un supporto di energia per il rinfresco e dunque più condizionatori per far stare bene gli ospiti, con maggiori costi e anche maggiore impatto ambientale; poi c’è la mancata fruizione di alcune parti della giornata; tutto ciò è legato, appunto, alla desertificazione, che scaturisce non solo dal cambiamento climatico ma anche da una cattiva gestione del suolo e da un uso irresponsabile della risorsa idrica, cosa che spesso è accaduta in questa regione. Ciò vuol dire campagna meno verde e meno ristoro; inoltre in Puglia i boschi sono praticamente assenti, tolto qualche lembo di pineta salentina e la Foresta Umbra, e questo è un problema anche per il turismo. Al netto di questi aspetti però va detto che il caldo generalmente non è un problema, nel senso che anche noi stessi scegliamo per le vacanze aree tropicali».
Il meteo matto causa anche un cambiamento nelle dinamiche delle prenotazioni, sempre più spesso si passa da periodi di caldo sopra la media a repentini abbassamenti. Ciò destabilizza il comparto.
«Quello che farei io se fossi preposto a farlo è puntare alla destagionalizzazione che dovrebbe essere uno dei cardini del turismo pugliese. In primavera ed in autunno si ha la possibilità di puntare di più su tutta un’offerta culturale ed enogastronomica del territorio, non necessariamente legata al mare, che in piena estate è meno godibile. Il fatto che i mesi primaverili e autunnali siano sempre più caldi inoltre può essere un vantaggio nel senso che si può puntare anche ad un mare fuori stagione».
Quindi, ragionando al contrario, per quanto riguarda il turismo i cambiamenti climatici possono essere sfruttati in positivo?
«Potrebbero, si. Ma ci vorrebbe tutto uno sforzo da parte di chi amministra. Una carta da sfruttare è quella di vendere un bollino di qualità ambientale blu di turismo sostenibile da un punto di vista ecologico. Masserie e hotel che sfruttino energie rinnovabili o diano a nolo veicoli elettrici con la possibilità di farli caricare e spiagge attrezzate in maniera più sostenibile. Basta muraglioni e città sul mare, ne abbiamo avute abbastanza. Pensiamo agli stabilimenti balneari: ora la stagione può essere molto più lunga dei tre mesi e loro sono gli unici che potrebbero utilizzare per tutto il periodo di attività solo energia da pannelli. Aggiungere un quid ambientale ad una regione che già è preferita per tanti aspetti è una carta vincente».
Camminando per le strade pugliesi e del Salento però si vedono già campi di ulivi soppiantati da campi di pannelli fotovoltaici.
«No a questo sono contrario. La risposta è la serra fotovoltaica piuttosto, non consumare suolo con i pannelli. Purtroppo la Puglia è sicuramente una tra le regioni più coinvolte dai cambiamenti e rischia di soffrire di più. A livello turistico bisogna evitare un eccesso di infrastrutture con tanto cemento sulle scogliere e piscine sul mare nei grandi alberghi, perdendo il valore del territorio».
Un consiglio ai pugliesi.
«Risparmiate acqua e suolo. E quando arriveranno le novità della carne coltivata ed altre di questo tipo, siate i primi. Potete essere i migliori, tanto quella è la direzione verso cui andiamo. E poi piantate boschi, non può essere tutto coltivato. Il bosco aiuta ad essere resiliente contro la crisi climatica».
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