Bellanova: «È difficile fare riforme efficaci e veloci
se l’interesse è mantenere lo status quo»

Bellanova: «È difficile fare riforme efficaci e veloci se l’interesse è mantenere lo status quo»
di Francesco G.GIOFFREDI
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Domenica 4 Giugno 2017, 18:48
Teresa Bellanova, viceministro allo Sviluppo economico e componente della segreteria nazionale Pd: una settimana alle elezioni amministrative, per certi versi passate un po’ sottotraccia, lontane dai riflettori della politica regionale e nazionale e con un certo disimpegno dei big: troppa paura di perdere, da parte di tutti?
«È un voto complicato, ma nessuna sottotraccia: nei territorio si sta lavorando, e molto. Un partito in movimento per le amministrative. Io ho un’agenda fitta di appuntamenti anche in Salento e in Puglia. Come sempre. E come sempre è un modo per capire cosa pensano le persone, gli umori, le necessità. Per questo ci vuole pazienza, tempo, cura dell’elettorato e chilometri da macinare».
Lecce e Taranto sono le due sfide principali in Puglia. Nel capoluogo salentino la scelta del candidato è stata lunga e tortuosa. Eppure nemmeno così è stata garantita l’unità: non c’è l’Udc, non c’è una parte della sinistra. La responsabilità è del Pd, il partito cardine?
«Lecce è arrivata alla campagna elettorale esausta, dopo un lunghissimo periodo di prevalenza del centrodestra che l’ha ridotta a una sorta di presepe turistico mordi e fuggi. La candidatura di Salvemini è un ottimo punto di mediazione tra sensibilità e culture politiche differenti, e un enorme valore aggiunto per la nostra coalizione. Carlo conosce esattamente la città. Non è detto che sia così anche per i suoi competitor».
A Taranto la competizione è molto frammentata, frutto di una vera implosione dello scenario socio-economico e delle classi dirigenti. S’imporrà un voto di rottura e protesta?
«Taranto è un altro pianeta, ed è necessaria una riflessione molto seria di tutti. C’è una crisi evidente della città e delle forze politiche, diciamo, tradizionali. A fronte di problemi di immensa complessità sono in agguato demagogia, scorciatoie, soluzioni fintamente semplici. Ritengo che Rinaldo Melucci sia la proposta migliore. La prossima settimana sarò a Taranto per sostenerlo».
Nemmeno alle comunali però il Pd riesce a coagulare il centrosinistra in “assetto classico”: ormai quella coalizione non esiste più?
«L’assetto classico non esiste più da tempo. In tutto il mondo i partiti progressisti mantengono al loro interno un’ampia e vivace dialettica. In Italia purtroppo non c’è ancora questa maturità e si preferiscono le antiche pratiche frazioniste della sinistra dei primi del Novecento. Il Pd rappresenta l’unico soggetto politico in grado di aggregare una coalizione di governo all’altezza della crisi».
La legge elettorale proporzionale non stimolerà le alleanze. E, anzi, permetterà al Pd di avere le mani molto libere nel formulare accordi e governi di larghe intese. Senza un orizzonte chiaro, si rischia l’ulteriore emorragia di elettori. L’alleanza naturale non dovrebbe essere con le liste alla vostra sinistra?
«Abbiamo bisogno di riforme veloci, efficaci ed efficienti. Difficile farle con chi ha interesse a mantenere lo status quo. Il fronte della conservazione è molto trasversale, va dall’estrema sinistra a pezzi del centro e della destra. Per questo l’orizzonte va chiarito con esplicite prese di posizioni sulle cose da fare e subito. Una coalizione programmatica e riformatrice».[NERODOMANDE]
Quindi è teoricamente possibile un’alleanza post-voto con pezzi di centrodestra?

«Io sono nel centrosinistra e lavoro perché il Pd vinca le elezioni, governi il Paese, garantisca stabilità per un programma che tenga insieme sviluppo ed equità sociale. Se, come evidente, ci muoveremo in un quadro proporzionale, bisognerà fare i conti con la situazione data. E a quel punto mi auguro che chi si riconosce nell’ambito delle forze progressiste voglia farlo insieme al Pd».
Legge elettorale “alla tedesca” senza voto disgiunto e  col ritorno dei listini bloccati, e dunque con incidenza ridimensionata dei collegi uninominali: così il potere di scelta degli elettori viene ancora una volta mortificato.
«La legge elettorale non la faccio io e neppure Renzi. È frutto di una mediazione difficilissima tra entità politiche diverse e indicazioni della Corte costituzionale. Qualsiasi cosa verrà fuori sarà l’esito di un parallelogramma di forze con spinte e controspinte molto differenti».
Elezioni a settembre o a scadenza naturale?
«Non è una battaglia di principio. Francia a Germania voterebbero prima di noi e avrebbero compagini di governo nel pieno dei loro poteri e, ovviamente, con fortissima legittimazione per trattare l’indispensabile riforma dell’Unione europea. Noi ci arriveremmo con un governo a fine legislatura. È una valutazione da fare serenamente e alla luce del sole. E comunque la parola definitiva spetta al presidente della Repubblica».
Che però prende atto delle spinte di forze parlamentari e partiti. Il Pd cosa deciderà di fare?
«Il Pd è impegnato a dare al Paese una legge elettorale».
Lei è stata scelta per la segreteria nazionale, e Renzi dovrà molto lavorare sul radicamento e sull’organizzazione del partito. Da dove comincerete? E a livello territoriale, nel Pd pugliese e salentino, cosa c’è da rivedere?
«Adesso abbiamo le amministrative. Immediatamente dopo il Pd pugliese dovrà promuovere iniziative forti in tutti i circoli. Ricoinvolgiamo iscritti, militanti e cittadini. È indubbio che ci siano questioni da affrontare, a partire dal Pd salentino. Non solo di stile, ma di sostanza. La Puglia merita un partito aperto ed efficace, capace di raccogliere le istanze e avanzare proposte, non un partito delle correnti».
 
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