Cavalcavia, edifici pubblici e canali: pronto il dossier di ferrovie e consorzi

di Vincenzo DAMIANI
3 Minuti di Lettura
Sabato 1 Settembre 2018, 20:07
Un lungo elenco di infrastrutture: cavalcavia ferroviari, passaggi a livello, canali, ponti, edifici pubblici: la Regione Puglia, dopo le polemiche tra governo nazionale e l'assessore ai Trasporti, Giovanni Giannini, ha risposto al ministero inviando una lista di opere che necessitano di interventi di ristrutturazione. Nel dossier non figurano strade, perché la Regione non ha più competenze sulle infrastrutture viarie. Almeno un centinaio, però, le altre opere inserite; la ricognizione è stata compiuta chiedendo alle società pubbliche e private di fare un chek-up rapido, all'appello hanno risposto Ferrovie Sud Est, Ferrovie del Gargano, Fal, Ferrotramviaria, Acquedotto Pugliese, i Consorzi di bonifica, l'Eipli (l'ente per lo sviluppo dell'irrigazione e la trasformazione fondiaria).
Ogni ente e azienda ha trasmesso agli uffici regionali un proprio elenco, a sua volta la Regione ha impacchettato e inviato al Mit, come chiesto 10 giorni fa da Roma. Non c'è un ordine di priorità e questo renderà complicato il compito del provveditorato alle Opere pubbliche, ma in dieci giorni con gli uffici a mezzo servizio per via delle ferie estive di più non si poteva fare, dicono dall'assessorato regionale ai Trasporti. Il Mit, però, ha concesso una sorta di proroga agli enti locali: Regioni, Province e Comuni potranno integrare gli elenchi anche nelle prossime settimane, senza essere sanzionati.
Il muro contro muro è stato evitato con un compromesso che accontenta tutti, in questo modo il governo potrà iniziare ad avere una idea degli interventi urgenti da programmare, mentre Comuni e Province avranno più tempo per effettuare verifiche sullo stato di salute di strade, ponti ed edifici pubblici. Lo scorso 20 agosto, in seguito al crollo del ponte Morandi a Genova, il ministero ha inviato una lettera a tutti gli Enti locali italiani chiedendo che entro e non oltre il 30 agosto i presidenti delle Regioni, delle Province e i sindaci trasmettessero al ministero un elenco degli interventi necessari per rimuovere condizioni di rischio riscontrate nelle tratte infrastrutturali di competenza, allegando adeguate attestazioni tecniche, indicazioni di priorità e stima indicativa dei costi. Dopo la tragedia in Liguria, il provveditorato per le Opere pubbliche del Mit ha quindi disposto un monitoraggio dello stato di conservazione e manutenzione delle opere di competenza degli enti locali. Ma Comuni e Province si sono ritrovati in enormi difficoltà per carenza di personale e per il poco tempo a disposizione. Il primo ad alzare la voce contro il governo giallo-verde era stato proprio l'assessore Giannini: «Il crollo del ponte Morandi ha messo in evidenza l'inadeguatezza e l'inefficienza dell'attuale governo che, invece di affrontare in maniera seria ed organica la questione, si è limitato ad applicare la logica dello scaricabarile, intimando a Regioni, Province e Comuni, di procedere entro 10 giorni al monitoraggio dello stato di conservazione e manutenzione delle opere, viarie e non, con indicazione degli interventi necessari alla eliminazione dei rischi riscontrati, corredati da attestazioni tecniche, indicazioni di priorità e previsioni di spesa. Ma a Roma sanno che Comuni e Province non hanno risorse umane e finanziarie per ottemperare alla intimazione, tanto meno in 10 giorni?».
A rendere la ricognizione più complicata l'inserimento nell'elenco delle infrastrutture a rischio non solo strade e ponti, ma anche gli edifici pubblici, come scuole e asili, e case abbandonate. Anche il presidente dell'Anci nazionale, Antonio Decaro, aveva protestato: «Dieci giorni sono troppo pochi», era stato il suo commento. «Ci sono aveva sottolineato - 250mila stabili a rischio crollo: nei centri storici e nei Comuni in via di spopolamento. Soprattutto nel nostro Mezzogiorno. I palazzi degradati in alcuni casi sono mine quando attaccati a stabili sani e abitati. Queste strutture vengono abbandonate spesso per questioni ereditarie ma i sindaci possono fare pochissimo».
© RIPRODUZIONE RISERVATA