Fitto: disgustato da chi
è andato via senza dire nulla
Con noi niente inciuci

Fitto: disgustato da chi è andato via senza dire nulla Con noi niente inciuci
di Francesco G.GIOFFREDI
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Domenica 4 Febbraio 2018, 06:35 - Ultimo aggiornamento: 13:53
Raffaele Fitto, leader di Noi con l’Italia e candidato alla Camera: qual è la prospettiva del nuovo movimento? L’accordo con l’Udc reggerà anche dopo le elezioni? I centristi, così come Forza Italia, potrebbero essere tentati dalle larghe intese?
«Il nostro è un progetto di ampio respiro, saremo determinanti perché le larghe intese non vi siano. Porteremo la nostra coalizione a superare il 40%. Noi siamo per la serietà ed abbiamo rappresentato e rappresentiamo una garanzia per gli elettori del centrodestra proprio sul terreno della coerenza».
Ma se Berlusconi dovesse varare l’intesa post elettorale con Renzi?
«Niente “se” e “ma”. Il nostro obiettivo è far vincere le elezioni al centrodestra, trasformando la maggioranza politica in maggioranza numerica».
Per prima cosa però Noi con l’Italia deve superare il 3%.
«Tutti i sondaggi ci danno già intorno al 3%. I sondaggi di opinione non ci premiano, perché abbiamo un maggior radicamento e abbiamo davanti un mese di campagna elettorale che sarà decisivo. Sono ottimista, al punto da essermi candidato solo al proporzionale. E lo faccio perché sono convinto del risultato, volendo peraltro evitare la solita logica delle candidature, cioè il cercare il posto sicuro per sé».
In Puglia s’aspetta una percentuale nettamente più alta?
«La Puglia sarà la capofila del progetto nazionale, e raggiungeremo un risultato all’altezza. Abbiamo tantissimi soldati che sono motivatamente al loro posto: la fuga di qualche presunto generale non crea grandi problemi, e ritengo che tanti elettori valuteranno cosa è accaduto e sapranno che fare, senza bisogno di sollecitazioni: con noi sanno chi votano, non siamo turisti della politica».
Tra lei e Berlusconi, nel 2015, volarono parole di fuoco prima della scissione. Ora tornano dialogo e alleanza: solo apparenza elettorale?
«A Berlusconi ho sempre detto quello che pensavo, sia personalmente che pubblicamente anche quando non ero d’accordo. Ci siamo rivisti dopo molto tempo ed abbiamo avuto modo di chiarire molti aspetti ed abbiamo definito un accordo politico. Com’è noto ho dissentito per mesi pubblicamente, perché in politica si fa così, su due questioni e senza calcoli personali: la linea politica, visto che ero coerentemente contro il patto del Nazareno e dal referendum in poi fino all’impostazione attuale della nostra coalizione emerge che avevamo visto giusto noi; e poi il modello di organizzazione interno al partito, ed infatti oggi siamo in partiti diversi ma alleati».
Intanto ha dovuto registrare qualche fuga: dopo Congedo, Palese e Marti, proprio una settimana fa c’è stato il chiacchierato addio di Perrone. Lei non ha mai commentato questi divorzi, prima o poi qualcosa dovrà pur dirla.
«È la prima volta che ne parlo e sarà anche l’ultima. Una premessa: penso di dover chiedere pubblicamente scusa per averli sostenuti in più appuntamenti elettorali. Ho dato fiducia a personaggi che agivano ufficialmente per il nostro progetto politico, talvolta abusando del mio nome senza che io sapessi nulla, e poi invece lavoravano contro di me. Non hanno mai espresso un pubblico dissenso rispetto alle mie scelte politiche, anzi il contrario: le hanno condivise ed approvate».
Allora pensa che siano andati via per tutelare se stessi?
«Niente dissensi espressi, ma nel frattempo, da mesi, trattavano nottetempo con forze politiche diverse, offrendosi indifferentemente ad una o all’altra con il solo obiettivo di un posto personale. Una sorta di calciomercato. Gente che non ha mai avuto nemmeno il coraggio di dire, guardandomi negli occhi, ciò che stava facendo. Inizialmente ho provato amarezza e delusione, poi il sentimento si è trasformato in disgusto».
 
E cosa dice a chi pensa di mollarla?
«Non ho mai mosso un dito per fermare nessuno, né mai lo muoverò. Abbiamo un progetto politico: se uno ci crede lo porta avanti e partecipa, altrimenti non sarà trattenuto».
Come è possibile convivere con la Lega? Tra lei e Salvini ci sono incolmabili distanze programmatiche, dai vaccini all’Europa.
«Siamo alleati ed abbiamo sottoscritto un programma comune. Il tema non è avere rapporti più o meno buoni, ma essere chiari su alcune questioni. Sui vaccini un centrodestra di governo non può che stare dalla parte della scienza, quindi mi sembra surreale ed irresponsabile non sostenere l’obbligo. Così come sull’Europa mi sembra che finalmente siano stati abbandonati gli slogan sull’uscita dall’euro e che si lavori per cambiare l’Europa e le sue istituzioni a partire dai trattati. Sul resto dico solo una cosa: il Centrodestra può vincere le elezioni ed a maggior ragione serve un voto per Noi con l’Italia per riequilibrare la coalizione al centro dal punto di vista politico e per il Sud dal punto di vista programmatico».
Salvini cavalca anche la rabbia e a tratti l’intolleranza degli italiani. Anche questo collima poco col vostro approccio...
«Mi rifaccio all’ultimo fatto di cronaca: il 28enne di Macerata è un folle, un esaltato. Ma è chiaro che tutta la politica ha molte responsabilità: nei toni che usa e nei messaggi che trasmette. Il centrodestra vince se rassicura e convince parlando alla testa e non alla pancia degli italiani».
Parlava di Sud, prima: quale paradigma e quali strumenti per il rilancio del Mezzogiorno?
«Il riequilibrio e l’attuazione di un programma che guardi con attenzione al Sud può essere garantito solo da una forza politica come la nostra. Bisogna invertire del tutto lo schema, tornando alla logica della concentrazione dei fondi europei in poche voci di spesa, individuando misure di sviluppo semplici e chiare e uscendo da questa mastodontica questione burocratica. Meglio comunque politiche nazionali rafforzate utilizzando al meglio le risorse disponibili».
In Puglia, Ilva e Tap sono due dossier spinosi. Sui quali non avete preso posizione in maniera netta.
«Sono semplicemente imbarazzanti l’irresponsabilità e il balletto del Pd: ha governato a Roma e governa a Bari, ma su questi due punti hanno solo litigato senza dare prospettiva. Su Ilva bisogna intervenire sul terreno ambientale tutelando anche l’occupazione, tenendo presente che l’attuale cordata è stata scelta dopo un percorso pubblico. Quanto a Tap, sono ormai consumati ricorsi e contro-ricorsi, non credo ci sia più da aggiungere altro: diversamente vuol dire negare la certezza del diritto».
Quali sono le priorità programmatiche?
«Partiamo spiegando come copriremo i nostri interventi e quindi indicando le voci di riduzione della spesa inefficiente e le modalità di riduzione del debito pubblico; poi flat tax a partire dal ceto medio, famiglie, piccole imprese e partite Iva; aumento delle detrazioni per i figli a carico; graduale eliminazione di ogni tassa sulla casa e riduzione del carico fiscale per gli immobili strumentali allo svolgimento di una attività; detassazione per i neo assunti e riduzione graduale delle tasse sul lavoro».
Ma come ha scelto le candidature in Puglia? Molti delusi, e due centri nevralgici (Bari e Lecce) non presidiati dai suoi.
«Alle condizioni date abbiamo trovato la miglior soluzione. È evidente che sono state escluse alcune persone di grande livello e serietà che ho avuto già modo di incontrare e che sono ugualmente impegnate. Abbiamo valutato gli spazi a disposizione e il legame con i territori».
Nel Salento ha ceduto spazi all’Udc: i suoi fedelissimi sono quasi scomparsi dalle liste.
«Abbiamo ragionato in ottica nazionale, tesa a raggiungere un risultato. Sicuramente si è fatto un sacrificio, anche nel Salento, dove c’erano persone che meritavano di essere valorizzate al meglio: non è stato possibile, e di questo sono personalmente e politicamente rammaricato».
Ruggeri, dirigente nazionale Udc, è assessore nella giunta Emiliano: resta un nodo irrisolto.
«Siamo una nuova componente del centrodestra, stiamo facendo una campagna elettorale in alternativa al centrosinistra e siamo senza ombra di dubbio all’opposizione della giunta Emiliano».
Però Ruggeri è lì.
«Non dovete chiederlo a me».







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