Garattini: i vaccini sono sicuri ma in Italia
si fa strada una mentalità anti-scientifica

Garattini: i vaccini sono sicuri ma in Italia si fa strada una mentalità anti-scientifica
di Francesco G.GIOFFREDI
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Domenica 23 Aprile 2017, 06:15 - Ultimo aggiornamento: 18:02
Il nocciolo avvelenato è tutto lì: «In Italia si è sviluppata una mentalità anti-scientifica». La diagnosi è un po’ tranciante, anche se in molti frangenti Silvio Garattini riconosce sfumature e sfaccettature di un tema naturalmente complesso. Ricercatore e docente di Farmacologia, direttore dell’Istituto di ricerche farmacologiche “Mario Negri”, tranquillizza tutti: «I vaccini sono i migliori farmaci in commercio».
Il Paese però, almeno in alcune fasce, sembra regredire nell’approccio alla scienza, ai vaccini, alla farmacologia. Dove e quando s’è verificato il cortocircuito, professore?
«Ormai assistiamo allo sviluppo di una mentalità anti-scientifica che non riguarda solo i vaccini, ma anche tanti altri argomenti: la contrarietà agli ogm, il caso stamina, l’uso dell’omeopatia o delle erbe naturali. Tutte cose che hanno invaso la società italiana per fortuna in una piccola parte, ma è una parte molto attiva, che si preoccupa di lanciare messaggi sui sociali network, uno strumento molto importante usato da questi gruppi, e non invece da chi corregge e divulga».
È la presunta, e poi smentita, correlazione tra vaccini e autismo ad aver scatenato la fobia da vaccinazioni? O c’è dell’altro?
«Sì, un fattore è stato esasperato: l’associazione tra vaccinazioni e presenza di autismo e dunque di danni al sistema nervoso centrale. Un accostamento fatto da un medico (Andrew Wakefield, ndr) che ha dovuto ritirare la sua pubblicazione, e che è stato condannato e radiato. Ma se ha fatto grande impressione il dato iniziale, non ha avuto pari diffusione la notizia che si trattava di un falso. Anche perché si è innestata l’idea che in realtà tutto questo fosse frutto dello sforzo compiuto dall’industria farmaceutica per nascondere chissà cosa».
Oltre al complottismo di varia natura, non ritiene giochi un ruolo anche la scarsa percezione del rischio?
«Certo, l’altro problema è che i giovani genitori non hanno mai assistito alla diffusione di malattie oggi protette dalle vaccinazioni. Penso alla poliomielite: noi abbiamo visto bambini morire o diventare disabili. La mancata percezione della malattia porta a pensare che la vaccinazione sia un qualcosa in più».
Un po’ quello che è successo con il morbillo: sottovalutato al punto da “dimenticare” le vaccinazioni. La conseguenza è che si sono moltiplicati i casi: 1.500 nel 2017 rispetto agli 800 dell’anno scorso. Un esempio paradigmatico.
«In questi mesi sono casi perlopiù legati agli adulti che non hanno fatto i richiami. Oltretutto c’è una forte percentuale di medici e operatori sanitari che non danno il buon esempio. E se si continuerà a non vaccinare, avremo sempre più casi di morbillo. Non è nemmeno una malattia innocua, può colpire le vie respiratorie e determinare gravi forme di immunosoppressione».
Gli anti-vaccinisti portano spesso avanti un ragionamento: “anche senza vaccini, sto bene”. Ma c’è un particolare: la cosiddetta “immunità di gregge”
«Forse sta bene lui, ma magari ha infettato qualcuno. L’immunità di gregge vuol dire che se si raggiunge un certa percentuale di vaccinazione, si ritiene al di sopra del 95%, la malattia ha grande difficoltà a circolare. È come se non ci fosse».
In Puglia la copertura vaccinale per il morbillo è all’85%.
«Ed è molto bassa».
Altra precisazione dovuta: il vaccino non è una specie di “siero della invulnerabilità”.
«No, protegge solo da quella specifica malattia. Tutti ricordano il ritiro del vaccino anti-influenzale dopo alcuni decessi, ma le persone morte erano vecchie o fortemente debilitate, che sarebbero decedute anche senza vaccino. Sono discorsi che richiedono un po’ di competenza e cultura scientifica, cosa che nel nostro Paese è alquanto scarsa anche in chi fa opinione e “abbocca” facilmente».
 
Ma esiste una letteratura scientifica che avanza dubbi sui vaccini?
«No, non esiste una seria letteratura. Anche perché se esistesse, non ci sarebbe questo atteggiamento da parte della stragrande maggioranza di medici, virologi, ricercatori tutti a favore della vaccinazione. Possono esserci anche delle piccole sfumature, ma i vaccini sono i migliori farmaci in commercio perché, se usati in modo appropriato e con richiami, hanno effetti nel tempo, costano poco, richiedono poche somministrazioni e possono far scomparire le malattie».
Chi contesta i vaccini però porta a supporto pubblicazioni su riviste scientifiche.
«Ma dipende dalle riviste e da come sono costruite quelle pubblicazioni: spesso sono solo opinioni, o valutano pochissimi casi in cui nemmeno si studia il rapporto causa-effetto».
Cosa c’è nei vaccini?
«Batteri o virus “morti”, oppure - nei più recenti - famiglie di proteine caratteristiche di quel virus o batterio che stimolano la formazione di anticorpi in grado di riconoscerli».
L’ultima polemica riguarda il vaccino contro il papilloma virus, causa madre del tumore al collo dell’utero. Lei ha un approccio prudente.
«È certamente un vaccino che inattiva il virus. E sappiamo per certo che il papilloma è il responsabile di alcuni tumori. Ma ci vuole del tempo prima che si possa vedere una reale diminuzione del numero di tumori al collo dell’utero. È presto per stabilirlo».
Cosa pensa delle leggi regionali sulla obbligatorierà delle vaccinazioni in età scolare?
«Dovrebbero essere interventi nazionali, non a macchia di leopardo. Ma prima che sulla obbligatorierà, bisogna agire sulla sollecitazione morale diffondendo un messaggio chiaro: “se non fai alcune cose, danneggi anche gli altri”. Un principio fondamentale in un sistema sanitario nazionale in cui c’è anche il dovere, non solo il diritto, di mantenere la salute. Non vaccinandoci, abusando di alcol, fumando, essendo obesi, danneggiamo gli altri perché si sottraggono risorse che meglio possono essere impiegate. Sotto questo “aspetto culturale” siamo a zero: sono discorsi mai fatti dalle autorità sanitarie, e che bisogna sempre continuare a fare».
Anche per sconfiggere l’anti-scientismo.
«Certo, e sotto molti punti di vista. Ci vuole per esempio una farmaco-vigilanza attiva, controllata dallo Stato e da organismi indipendenti. Ed è necessario che le autorità regolatorie non tengano tutto nascosto: se ricevono 100 osservazioni, le rendano note e spieghino perché sono eventualmente infondate, altrimenti quelle informazioni sbagliate girano comunque sui social network col presupposto che siano vere. Le bufale si smontano con la trasparenza. Ma dicevo del discorso generale sui farmaci: c’è grande attenzione a cercarne i benefici e poca disponibilità a valutare effetti indesiderati o tossici. Cose che si dovrebbero dire chiaramente anche sull’omeopatia: io non rinuncio a farlo (“Acqua fresca” è l’indicativo titolo di un suo libro, ndr) nella speranza che passino alcune idee».
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