Tap, la base M5s si ribella. Ministri e parlamentari sotto tiro: «Dimettetevi»

Tap, la base M5s si ribella. Ministri e parlamentari sotto tiro: «Dimettetevi»
di Francesco G. GIOFFREDI
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Domenica 28 Ottobre 2018, 10:44 - Ultimo aggiornamento: 15:37

«L'omicidio di Desirée è un episodio sconvolgente che lascia sgomenti», scrive Barbara Lezzi su Facebook. Il post risale all'altroieri, e si interroga sui drammatici fatti del quartiere San Lorenzo a Roma. Dopodiché il silenzio, il buio, la tregua social. Nemmeno una virgola a proposito del dossier Tap, sul quale la ministra salentina pentastellata s'era esposta battagliando in prima linea, promettendo (con Alessandro Di Battista) «lo stop in 15 giorni», sferrando attacchi violenti a 360 gradi, raccogliendo endorsement e voti, tanti voti. Un incantesimo e una connessione sentimentale ora irrimediabilmente compromessi: in calce al post su Desirée ieri s'è scatenata la bagarre, un turbine di commenti al vetriolo (ora sferzanti, ora rabbiosi e delusi), di pressanti inviti alle dimissioni, di giudizi politici che nella scala di valori cinque stelle suonano come la peggiore delle condanne («sei peggio di quelli del Pd»). Commenti a firma molto spesso di attivisti cinque stelle. Insomma: tante volte cavalcata dai pentastellati e dalla stessa Lezzi come strumento di lotta politica e di consenso, ora la gogna social diventa un tagliente boomerang.

I messaggi. La bacheca Facebook della ministra è il caso più esemplare e il bersaglio più cercato, ma non l'unico: tutti gli altri parlamentari salentini finiscono sulla graticola, per niente immuni all'attacco concentrico della base. Ovviamente - ordini di scuderia - tacciono, dal primo all'ultimo. L'unico a rompere il silenzio, sempre via social, è il consigliere regionale Antonio Trevisi: «Non nascondo la delusione che ormai mi porto dietro dall'incontro del 15 ottobre scorso a palazzo Chigi, durante il quale avevo già capito che Tap non sarebbe stata bloccata». E in fondo a Trevisi più di qualche attivista concede l'onore delle armi. Altrove va peggio, molto peggio. «Ora bloccateci tutti i profili così non potremmo più manifestare la nostra delusione. Complimenti», ammonisce un elettore pentastellato sulla bacheca del deputato Diego De Lorenzis. Ma è soprattutto il profilo Facebook della cittadina Lezzi a essere bombardato: «ministra, ci racconta qualche altra favola sulla Tap, per cortesia?»; «questa parla di Desirée mentre confermano la Tap. Siete senza vergogna»; «Pizzarotti fu mediaticamente linciato dal M5s per non aver chiuso l'inceneritore di Parma una volta diventato sindaco, contravvenendo alle promesse elettorali. Ma alla Lezzi e agli altri parlamentari pugliesi non succederà. Ciò che conta non è la coerenza, ma solo la fedeltà e l'ubbidienza al capo»; «dimettiti se hai un minimo di dignità»; «hai fatto una promessa che sapevi già non avresti potuto mantenere, sapevi già che con tutti i contratti già fatti interrompere l'opera sarebbe costato tanti soldi». È lo stesso schema andato in onda quasi due mesi fa per Ilva: stesse promesse, stesse prese d'atto, stesse retromarce, stesse critiche dal territorio.

I timori e le epurazioni. Nei conversari privati e nelle chat Whatsapp di parlamentari e consiglieri pentastellati lievitano il disagio, i timori, le tensioni. Il via libera al progetto non piace, per niente. Metabolizzarlo e gestirlo sui territori sarà impresa ardua, quasi impossibile. E per questo i vertici pugliesi del movimento s'aspettano direttive dal quartier generale. Con franchezza, il già citato Trevisi scrive: «Mi dispiace che non sia stata fatta luce fino in fondo sui tanti lati oscuri di questa vicenda, e che i politici salentini che hanno svenduto in passato il nostro territorio (i veri responsabili di questo scempio), anche questa volta la faranno franca. In questi anni in Consiglio regionale ho lottato con tutte le mie forze per fermare quest'opera che giudico inutile, rischiosa e dannosa. L'ho fatto per tutelare l'ambiente e il nostro territorio. L'ho fatto indipendentemente da impegni elettorali che personalmente non ho nei confronti di nessuno (alle scorse regionali a Melendugno non ho avuto preferenze personali tranne tre-quattro amici). Non ho nulla da rimproverarmi e tutti coloro che seguono i lavori in Regione sanno che ho lottato per difendere Melendugno più di chiunque altro».
Si rischia la geometrica spaccatura nel movimento. Non senza conseguenze laceranti: tira aria di possibili epurazioni. Pizzarotti, il sindaco di Parma, venne espulso perché non riuscì a stoppare l'inceneritore come promesso. Stavolta l'ottica è ribaltata: a ricevere l'ingiunzione di sfratto dal M5s potrebbe invece essere chi in queste ore sta criticando la scelta del governo gialloverde. Si tratta dei i senatori Lello Ciampolillo (barese) e Saverio De Bonis e della deputata Sara Cunial. Questa la loro nota congiunta: «Anche Conte sbaglia. Non ci possono essere penali, semplicemente perché non esiste alcun contratto tra Stato e Tap. Non ci possono nemmeno essere costi a carico dello Stato, semplicemente perché, non essendovi ad oggi il rispetto delle prescrizioni da parte di Tap, non vi può essere responsabilità dello Stato. Continuiamo ad avere fiducia nella magistratura». Posizioni spesso espresse anche da Beppe Grillo, il padre fondatore del M5s. Ma evidentemente non condivise nei fatti da Luigi Di Maio, il leader pentastellato e il più alto in grado nella piramide di governo. Nel mezzo restano stritolati tutti gli altri, a cominciare da Lezzi. Insomma: il cortocircuito è plateale, oltre che potenzialmente deflagrante.

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