Michele contro Emiliano: la difficile vita del presidente arrotino

Michele contro Emiliano: la difficile vita del presidente arrotino
di Renato MORO
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Domenica 3 Settembre 2017, 18:23 - Ultimo aggiornamento: 5 Settembre, 16:45
Donne, è arrivato l’arrotino! Be’, forse non è proprio così, ma poco ci manca. Michele ed Emiliano, seduti entrambi nella stessa giacca su una poltroncina del regionale Bari-Barletta, lo dissero chiaro e tondo a Vittorio Zincone che li intervistava per il Corriere: «Noi da due anni facciamo Mister Wolf, risolviamo i problemi dei pugliesi».
Era agosto e il sole picchiava nel nome di Lucifero, mentre mezza Puglia si rinfrescava al mare ingozzandosi di frise e parmigiana. «Ce sta disce?», chiese Michele a Emiliano mentre il vagone sussultava. «Citt e sinde», gli rispose. E poi al giornalista: «Vedi? Nessuno ci insulta o protesta. I pugliesi ci vogliono bene».
Questo non è un duello come gli altri. Gli sfidanti non sono due, ma uno solo che si fa in due: Michele Emiliano, nato in un mercoledì del luglio 1959, l’estate in cui Pierpaolo Pasolini fece il famoso viaggio in terra di Calabria a bordo della sua Millecento. La stessa estate in cui i vitelloni in mutande da bagno cantavano “il tuo bacio è come un rock” di Adriano Celentano, nobile tormentone antenato dell’“Esercito del selfie” che ha tentato quotidianamente di rovinarci le vacanze appena trascorse. Ex magistrato, ex sindaco di Bari, ex assessore alla polizia urbana e alla legalità a San Severo di Foggia, governatore di Puglia, ex numero 1 del Pd regionale ed ex aspirante numero 1 del Pd nazionale da cui è quasi uscito e rientrato alla velocità della luce: tutto questo è il governatore. Ma anche buona forchetta, grande tifoso della Juve e del Bari, ammiratore di Che Guevara, di Checco Zalone e del suo regista Gennaro Nunziante, sdoganatore di canottiere e ballerino di tarantella almeno fino a quando Achille, quello del tendine, gliel’ha concesso.
Il duello questa volta è interiore. Michele contro Emiliano o Emiliano contro Michele. Il governatore di Puglia è così: ti aspetti di incrociarlo a sinistra e invece ti spunta da destra, dai per scontato che stia per stringerti una mano e invece gli parte uno spintone. Imprevedibile, e abbiamo detto tutto. L’ultima acrobazia l’ha visto impegnato sul fronte dei vaccini, il giorno in cui s’è trovato di fronte i free vax. Visto l’orientamento della scienza e il dibattito sviluppatosi in Regione (pronta a varare una sua legge se non ci avessero pensato governo e Parlamento), ci si aspettava da lui una reprimenda. E invece no. Sorpresa: «La legge è sbagliata, la Regione sosterrà i pugliesi che vorranno fare ricorso contro l’obbligatorietà del vaccino. Tra l’altro in Puglia non c’è emergenza...». Insomma, sterzata e controsterzata. Una derapata istituzionale che ha seminato imbarazzo e scatenato la polemica alla vigilia dell’apertura delle scuole, con migliaia di famiglie alle prese con le prenotazioni e i certificati di vaccinazione. Narrano che a Giancarlo Ruscitti, direttore del dipartimento di prevenzione della salute, siano venute le palpitazioni mentre il presidente distribuiva assist ai free vax.
«Ce sta disce?». «Citt e sinde». E infatti, dopo nemmeno 48 ore, Emiliano corregge il tiro e ai pediatri riuniti davanti a lui afferma con nonchalance: «La Regione Puglia intende pervenire al recupero dei livelli vaccinali del passato attraverso un’opera di informazione e di promozione della cultura vaccinale». Come dire: lasciate perdere quel che ho detto ieri, vaccinate i vostri figli. È il Controllo elettronico di stabilità, entrato in funzione dopo la sterzata e la controsterzata. È così il governatore.
Mister Wolf, quello dell’intervista sul regionale Bari-Barletta, è un personaggio che il grande Quentin Tarantino inventò in Pulp Fiction. È lui che interviene per risolvere problemi altrimenti irrisolvibili, è lui che “salva” la trama del film. E da anni, qua in Puglia, è quello che fanno - o tentano di fare - Michele ed Emiliano. Fa niente se non sempre vanno d’accordo l’uno con l’altro.
Prendete la questione xylella, per esempio. Chi non ricorda il futuro governatore, in campagna elettorale, invitato di punta ai dibattiti e alle presentazioni di libri che avevano come obiettivo la dimostrazione che la Fastidiosa nemica degli ulivi è tutta un’invenzione? In quei tempi nel Basso Salento qualche fronda verde ancora sopravviveva e nei frantoi, sia pure con difficoltà, si lavorava. Poi vennero le elezioni, le voci di protesta degli olivicoltori, le manifestazioni, i trattori in marcia, la legge regionale e la task force di esperti - sua invenzione - che avrebbe dovuto cambiare il corso della storia ma che alla fine non è riuscita a cambiare un bel niente. E un giorno, il 17 marzo scorso, la domanda fin troppo educata di Francesco Gioffredi in un’intervista rilasciata a questo giornale: “Ma in campagna elettorale non ha strizzato un po’ troppo l’occhio a chi negava l’esistenza della xylella? Ora a chi la pensa così cosa risponde?”. Ecco qua: «Figuriamoci se strizzavo l’occhio a chi nega l’esistenza della xylella. Poi ognuno fa le affermazioni che vuole: problema loro».
«Ce sta disce?». «Citt e sinde». Insomma, Michele contro Emiliano e viceversa. Biografi poco autorizzati raccontano di lui quando, primo cittadino a Bari, scalava le classifiche dei sindaci più amati d’Italia fino ad occupare il primo posto, nel 2014, grazie al sondaggio di Monitorcittà per le aree metropolitane. «Candidarmi alla presidenza delle Regione Puglia? Mai!», rispose un giorno ai cronisti. E da presidente della Regione: «Io candidato alla segreteria nazionale del Pd? Mai!». Chissà cosa gli avrebbero domandato, e cosa avrebbe risposto, se avesse vinto la corsa alla guida del partito. Correndo, vedi il caso di Nardò, anche con i voti dei camerati di Casapound messi a disposizione dal sindaco Mellone ma perdutisi per strada a causa della sospensione del voto. Scandalo? Per nulla. «Con noi niente inciuci», parola di Michele ed Emiliano.
Enrico Rossi e Roberto Speranza lo hanno aspettato a lungo, fuori dall’albergo romano che ospitava l’assemblea del partito, quando si dissero pronti a lasciare il Pd che (ri)scivolava nelle mani di Matteo Renzi. Tutta colpa del Controllo elettronico di stabilità: «Non mi muovo da qui», disse quella mattina in cui tutti si aspettavano l’addio. Di quei giorni, oltre al tormentone “resto-vadovia-resto”, è rimasta l’immagine di un “batti cinque” tra Michele e Matteo il capo, mentre l’altro Matteo, Orfini, guarda il governatore con l’aria di chi immagina scariche elettriche puntate sui gioielli di famiglia. Clamoroso fu il suo giudizio all’indomani del primo turno elettorale alle comunali di Lecce: «La peggior performance del Pd negli ultimi decenni!». Il giorno dopo, sterzata e controsterzata, puntuali le lodi al candidato sindaco Salvemini e la soddisfazione per il risultato ottenuto dal centrosinistra, Pd compreso.
Incidenti di percorso, dirà qualcuno. O forse strategia studiata a tavolino. Vero è che il governatore di Puglia quando si muove lo fa spesso con la forza di una falange oplitica al cui cospetto il solito elefante potrebbe apparire come una semplice commessa nel solito negozio di cristalleria.
Certamente non studiato a tavolino fu quel piccolo incidente che a Cosenza, nella primavera scorsa, gli fece saltare il tendine d’achille mentre ballava la tarantella con un gruppo folk. Gli toccò la sedia a rotelle per un paio di settimane, consolato da una gigantesca pagnotta di pane d’Altamura che Loredana Capone, assessora a lui vicina, gli portò in ospedale. È stata quella, e ancora lo è, la prima e unica pagnotta che sia riuscita a farsi un selfie.
C’è un argomento, comunque, sul quale Michele ed Emiliano sembrano trovarsi sempre d’accordo: l’atteggiamento da avere nei confronti dei Cinque Stelle, che secondo molti osservatori in Puglia non riescono a sfondare proprio per la capacità che il governatore ha dimostrato nell’occupare spazi tradizionalmente territorio di caccia dei grillini. Il presidente stupì tutti, anche i compagni di partito, quando all’indomani dell’elezione chiamò in giunta tre assessori pentastellati. Loro, ovviamente, rispedirono al mittente il decreto di nomina condendolo di commenti che non erano proprio dei ringraziamenti.
Mai una gioia dal Movimento. Eppure sempre su quel regionale Bari-Barletta Michele ed Emiliano all’unisono dissero al giornalista: «Sa qual è una delle lezioni principali che viene dal Movimento Cinque Stelle? Che la politica non può essere al servizio del lobbismo». Poco importa se un paio di anni prima, era il luglio del 2015, proprio Grillo sul suo blog gli aveva dato un altro dispiacere, chiamandolo satanasso.
Il fatto è che Michele ed Emiliano sono abituati ai contrasti, ma anche a farsi scivolare addosso le accuse più svariate. Ce l’hanno nel nome. Michele è combattivo, come l’Arcangelo che cacciò Satana dal Paradiso. Emiliano è di tutt’altra pasta e vuol dire cortese. E sapete di chi è patrono San Michele, oltre che della polizia e dei giudici? Degli arrotini.
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