Dubbi a valanga sulla corretta applicazione dei criteri previsti dal decreto 70 che fissa gli standard ospedalieri e sull’applicazione dei paletti contenuti nella Legge di stabilità del 2016, sino ad arrivare al giallo della contestazione fatta dalla consigliera comunale di Ncd, Francesca Fersino, a Gorgoni, sui dati di Casarano: alterati, insiste la consigliera. Cominciano ad arrivare bordate. «Rispettare ed essere fedeli al governatore Michele Emiliano non significa automaticamente avere fiducia nel dirigente Giovanni Gorgoni. Se piano di riordino deve essere, allora vengano rispettati solo i parametri di legge e senza permettere fughe in avanti o pretese di questo o quel territorio».
Così il consigliere tarantino de “La Puglia con Emiliano”, Giuseppe Turco, legge le vicende che stanno travagliando il nuovo Piano di riordino ospedaliero e pone l’altolà: «L’ospedale di Manduria non si tocca: è vitale sotto l’aspetto logistico e funzionale dato che d’estate la zona raggiunge importanti presenze ed è impensabile chiedere spostamenti sanitari a 35 chilometri di distanza, verso Taranto, o a 60 chilometri circa verso Lecce, dato che anche i collegamenti stradali presentano molte criticità».
Correttivi al piano sono stati chiesti anche dal presidente de “La Puglia con Emiliano”, Paolo Pellegrino, per la provincia di Lecce: «A parte il Vito Fazzi che resta di secondo livello, avremo tre ospedali di primo livello (compreso Tricase) e tre di base. Questa nuova distribuzione potrebbe essere accettata dai cittadini e dalle comunità a patto che non incida sulla rete delle emergenze e urgenze». E dalle fila di Forza Italia la consigliera regionale Francesca Franzoso avanza i distinguo: «Se oggi il riordino ospedaliero rischia di essere spietato, la responsabilità storica è soprattutto dell'incoscienza della sinistra che quattordici anni fa strumentalizzò a fini elettorali, e di fatto congelò, il Piano di riordino della giunta di centrodestra. Un Piano di razionalizzazione che oggi si rivela più attuale e necessario che mai, anche per le norme ministeriali che indicano parametri stringenti di razionalizzazione della spesa. A partire dal San Cataldo di Taranto e dall'ospedale Monopoli-Fasano per cui serve un cronoprogramma serrato, che ne consenta la realizzazione nel più breve tempo possibile. E poi bisogna iniziare a lavorare già da ora sugli altri tre ospedali: di Andria, del nord barese e del sud Salento. Realizzarli tutti sarebbe il vero punto di svolta». Al momento si parte da meno nove, tanti – infatti – sono gli ospedali di cui Gorgoni ha annunciato la chiusura, anche se l’ex assessore alla sanità e consigliere regionale, Donato Pentassuglia, nei giorni scorsi si è detto convinto che i margini per i ritocchi ci siano, ma è certo che gli appelli per “giocare a carte scoperte” si susseguono da più parti, all’indirizzo di Emiliano. In questo senso si è espresso il capogruppo di “Noi a sinistra”, Guglielmo Minervini: «Ho l'impressione che si stia giocando ancora a carte coperte. E questo non agevola né il dialogo né il confronto con territori. Emiliano farebbe bene a chiarire in tempi rapidi sia i criteri sia i dettagli delle scelte strategiche che si intendono adottare: questo prima avviene e prima consentirà di sgombrare il campo da dubbi e riserve, che altrimenti legittimamente continueranno a maturare».