Pronto il “chip” che fa rilevare subito
la presenza dell’infezione negli ulivi

Pronto il “chip” che fa rilevare subito la presenza dell’infezione negli ulivi
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Giovedì 31 Maggio 2018, 06:00 - Ultimo aggiornamento: 09:52
Un dispositivo diagnostico in grado di rilevare in brevissimo tempo e a costi contenuti la presenza della xylella fastidiosa sulle piante di olivo. È la ricerca pubblicata su Scientific Reports, rivista del gruppo Nature, di un gruppo di ricercatori dell’Università del Salento e del Cnr Nanotec di Lecce su un prototipo basato su microsensori per la rilevazione del batterio che vive e si riproduce all’interno dei vasi xilematici degli ulivi e non solo.
Il dispositivo sviluppato, grazie alla sua elevata sensibilità, ha la potenzialità di individuare la presenza del patogeno che affligge gli alberi del territorio salentino, con tempi rapidi di analisi. Si tratta di un primo importante passo avanti verso la diagnostica in-situ, come valido strumento nelle mani degli esperti del settore per le analisi su campo. Infatti, ad oggi, il rilevamento della batteriosi viene solitamente eseguito con tecniche di laboratorio (Elisa e Pcr) lunghe e costose, mentre in questo lavoro, come spiega la ricercatrice del Cnr Serena Chiriacò, «i due metodi tradizionali sono stati confrontati con il nuovo test elaborato su biochip elettrochimici, ottenendo risultati sovrapponibili a quelli dei test tradizionali ma con vantaggi significativi in termini di costi e tempo impiegato per l’analisi».
La ricerca è durata un anno e ha visto lavorare gomito a gomito gli studiosi del Cnr Nanotec e di Unisalento. Il risultato, in prospettiva, potrà semplificare le procedure di analisi e, soprattutto, velocizzarle. La repentinità della scoperta del batterio è la condizione essenziale per agire in tempo e frenare la propagazione del contagio. Ecco perché il dispositivo sarà molto utile.
«Lo sviluppo di nuove tecniche diagnostiche - precisa Andrea Luvisi, ricercatore dell’Università del Salento - rappresenta un’utile risorsa per le azioni di monitoraggio, attività imprescindibile per il contenimento dell’epidemia». Questo lavoro, hanno spiegato gli autori della pubblicazione, è il frutto di una solida collaborazione che ha dato vita ad un team fortemente interdisciplinare composto da patologi e fisiologi vegetali, biologi, biotecnologi e fisici, che hanno lavorato insieme alla realizzazione di un biosensore innovativo in grado di rilevare la presenza del fitopatogeno.
 
Il lab-on-chip realizzato comprende anche un modulo microfluidico che consente di effettuare l’analisi su piccolissimi volumi di campione, e le sue prestazioni sono competitive rispetto ai metodi diagnostici convenzionali, ma con gli ulteriori vantaggi di portabilità (l’intero dispositivo misura pochi centimetri quadrati), costi contenuti e facilità d’uso.
Per il momento, il dispositivo non è stato ancora brevettato, ma una volta industrializzata, la tecnologia proposta potrà fornire un metodo di analisi made in Salento, utile per attuare uno screening su larga scala.
«Lavoriamo da tempo su dispositivi per la diagnostica - sottolinea la ricercatrice del Cnr Chiriacò - ma per la prima volta ci siamo occupati di xylella data la vicinanza territoriale al problema. Il laboratorio del Disteba di Unisalento, invece, aveva già lavorato sul batterio, così abbiamo pensato di combinare le nostre esperienze per dare vita a un dispositivo che rappresenta un’alternativa valida alle analisi che si fanno oggi, offrendo vantaggi in termini di costi, velocità di rilevazione e facilità di utilizzo». Nel senso che teoricamente il dispositivo potrebbe essere usato anche da un agricoltore. «La prospettiva futura è proprio questa - conferma la ricercatrice - la possibilità che diventi uno strumento duttile per gli agricoltori e vantaggioso economicamente».
 
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