L'intervista/Salvemini: il decreto sui pesticidi si basa su studi e norme, chi governa non insegua i consensi

L'intervista/Salvemini: il decreto sui pesticidi si basa su studi e norme, chi governa non insegua i consensi
di Francesco G.GIOFFREDI
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Mercoledì 16 Maggio 2018, 16:24 - Ultimo aggiornamento: 18:54

Carlo Salvemini, sindaco di Lecce: ha spiegato che non firmerà alcuna ordinanza per vietare i fitofarmaci, insistendo sul «rispetto che si deve a un tema così delicato» che «impone di avere fiducia negli organi sovraordinati». Insomma, lei è costretto a giustificare il motivo per cui s'attiene alla legge: un'anomalia che è specchio dei tempi?
«Partendo da quanto accaduto negli ultimi quattro anni in Puglia sul tema xylella, non ritengo sia un'anomalia. Il dibattito di questi giorni non è diverso, nella dinamica, da quello che abbiamo vissuto sul contrasto alle eradicazioni previste dal Piano Silletti. Entrambe le misure di contrasto alla diffusione del batterio, pur fondate su acquisizioni scientifiche, sono state fortemente avversate. Il ruolo che oggi ricopro mi espone evidentemente a un surplus di attenzioni e di aspettative e all'assunzione pubblica di responsabilità alle quali non mi sottraggo».
Ma non è raro vedere rappresentanti istituzionali cavalcare il clima di delegittimazione delle competenze, siano esse di organismi sovraordinati o di singoli.
«Chi fa politica non deve privilegiare le passerelle per la raccolta degli applausi, ma deve anche essere pronto ad assumere decisioni difficili che lo possono esporre a tensioni con quella parte della comunità che non ne condivide le scelte».
Il disconoscimento delle competenze a cosa andrebbe ricondotto? Anche a un deficit della politica?
«Non voglio sostituirmi a studi importanti su questo, di certo mi inquieta l'emergere quotidiano di una diffidenza verso i decisori pubblici, l'autorità, verso chi ha titolo, competenza e responsabilità. Il decreto Martina non è stato scritto da una multinazionale del fitofarmaco, ma è firmato da un ministero, è accompagnato da validazioni di un altro ministero e ha fatto proprie indicazioni della Commissione europea e procedure dell'Efsa. È un processo che tutela l'interesse diffuso, anche quando si mostra perplesso chi sul campo agisce per la tutela della salute pubblica».
Per esempio?
«Mi riferisco alle dichiarazioni di preoccupazione espresse dalla Lilt e dall'Isde. Comprensibili, io credo, ma che non possono tener conto che organi statali si sono assunti la responsabilità di quella decisione e delle procedure e norme sottese all'adozione di un decreto. Abbiamo fiducia nel pilota che guida l'aereo, e con lo stesso stato d'animo bisogna affidarsi alle autorità su questioni come la xylella. Altrimenti saremmo prigionieri del caos, dei complotti, delle paure. So che esiste una vasta letteratura sui rischi dei neonicotinoidi, ma so anche che il decreto non può autorizzare le sostanze bandite dall'Ue. So che le tutele poste per la salute sono tante. E chi ha titoli potrebbe aiutare la cittadinanza meno informata anche a tenere conto che l'uso di fitofarmaci non è un'eccezione nelle colture agricole».
La battaglia contro i pesticidi si è innestata su una precedente conflittualità (la xylella). Quando è stata scoperta la fitopatia, se - invece di spalleggiare i complottismi - ci fossero state più prese di posizione come la sua di questi giorni, forse non avremmo il batterio alle porte di Bari.
«Ho sempre sostenuto che si dovesse procedere secondo le conclusioni della letteratura scientifica per eradicare gli ulivi malati. Ci fu chi lo disse, forse non con sufficiente chiarezza, e si equivocò sul significato delle eradicazioni. Poi ci fu anche la novità di un'inchiesta della Procura che mise sotto accusa i responsabili scientifici di quel piano. Mi sembrava che l'espansione del batterio avesse convinto molti dell'inevitabilità del dover fare i conti con le misure di contenimento, invece c'è ancora un fronte di diffidenti. E purtroppo si sta perdendo la capacità di un confronto equilibrato, rispettoso: sono stato persino rimproverato di dover fare i conti con l'avvelenamento delle generazioni future...».
I sindaci che hanno firmato l'ordinanza cavalcano la comoda onda della protesta?
«L'esercizio della leadership si misura nella capacità di porsi come riferimento di una comunità, non necessariamente seguendone gli umori. Non mi sento comunque di giudicare i colleghi che hanno firmato quelle ordinanze».
È un approccio che ha riscontrato in Regione? I ritardi accumulati sulla xylella ne sono il frutto?
«È evidente che abbiamo subìto ritardi a partire dall'applicazione del Piano Silletti. Ma c'è un tema più profondo: il vivere la politica senza l'ossessione del consenso quotidiano. Se le scelte dei decisori pubblici sono fortemente condizionate dal termometro sociale, diventa più difficile rimanere fermi e lucidi su alcune posizioni. Non si può governare con la presunzione di ottenere il 100% dei consensi».
Da cosa si riparte per restituire ruolo a scienza, Stato di diritto, istituzioni?
«C'è un azzeramento delle gerarchie conoscitive.

Non ci sono più figure che trasferiscono soggezione o rispetto nell'interlocutore. Forse dovremmo ripartire dalle fondamenta: restituire centralità all'istruzione pubblica e prestigio sociale ai docenti, perché diversamente induciamo i nostri figli a non mostrare rispetto verso maestri e competenze».

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