Pioggia di applausi per la Lucia di Lammermoor al Petruzzelli

Pioggia di applausi per la Lucia di Lammermoor al Petruzzelli
di Eraldo MARTUCCI
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Sabato 4 Novembre 2017, 23:01 - Ultimo aggiornamento: 23:04
Entusiasmo alla fine ed applausi a scena aperta al termine delle arie canoniche: il fascino intramontabile di “Lucia di Lammermoor” ha conquistato ancora una volta i cuori del pubblico barese ieri sera al Petruzzelli per la prima del capolavoro di Donizetti, penultimo titolo della stagione lirica 2017. Lo spettacolo sarà replicato questa sera e domani alle 18, martedì 7, mercoledì 8, giovedì 9 e venerdì 10 novembre alle 20.30, ed infine sabato 11 novembre alle 18.
Successo meritato per un ottimo risultato complessivo che bissa quello di due mesi fa di “Aida”. “Lucia” rientra tra le opere più amate per quelle celebri melodie che commuovono ora come allora grazie ad una formidabile facilità percettiva. E proprio in questo risiede, a tacer d’altro, la genialità di Donizetti, ma anche di Rossini, Bellini e Verdi: nell’individuazione del motivo, dello spunto iniziale della melodia che rimane indelebilmente impresso.
Il libretto di Salvatore Cammarano fu tratto da “The Bride of Lammermoor” dello scrittore Walter Scott, romanzo pubblicato nel 1819 che ispirò prima di Donizetti anche i compositori Michele Carafa, Luigi Riesk, Ivar Frederik Bredal e Alberto Mazzuccato.
Forse più di altri lavori “Lucia di Lammermoor” è un’opera per i cantanti. Protagonista era il soprano rumeno Elena Mosuc, che di questo ruolo ha fatto uno dei suoi cavalli di battaglia sui più prestigiosi palcoscenici internazionali. La sua è stata un’interpretazione di grande spessore musicale ed espressivo, che l’ha vista alla fine primeggiare per la bella linea vocale, in grado di rendere appieno le agilità ed i necessari virtuosismi che richiede la difficilissima scena della pazzia.
Accento vibrante, dizione chiarissima ed un’interpretazione appassionata e credibilissima nella parte di Edgardo per il tenore Ivan Magrì. Nei panni di Enrico il baritono Christian Senn ha cantato con molta correttezza e limpida espressività. Il basso Mariano Buccino ha caratterizzato molto bene il personaggio di Raimondo Bidebent anche sul piano del fraseggio. Completavano il cast l’Alisa di Elena Traversi, il Normanno di  Mauro Secci e l’Arturo di Murat Can Guvem. Pronta a sottolineare sia gli aspetti impetuosi che quelli lirici della partitura la sicura direzione di Antonio Pirolli alla guida dell’Orchestra del Teatro. Eccellente la prova del Coro del Petruzzelli ben diretto da Fabrizio Cassi.
Lo spettacolo (un allestimento della Fondazione Teatro delle Muse di Ancona e della Fondazione Teatro Massimo di Palermo)  ha un impatto visivo eccellente, e metabolizza la fonte originaria restituendo al dramma una chiara connotazione di metà ‘800 grazie ad una rarefatta concezione di passioni personali avvolte nella nebbia dei paesi nordici. Le scene ricercate ed essenziali di William Orlandi riescono ad esprimere la sontuosità della casata Ravenswood.
Con arcate e finestre che traforano muri neri di rimando gotico e divengono perfetto contenitore vuoto dove mostrare il teatro concepito sapientemente dal regista Gilbert Deflo, che anima con esperienza intenzioni e movimenti di personaggi e coro avvolti in eleganti costumi grigi e neri. L’ambientazione è dunque calata nel 1835, data della prima esecuzione, in un luogo freddo della grande tradizione aristocratica e nobiliare europea. E le coreografie del bravo e preparato Fredy Franzutti puntualizzano il luogo della vicenda mostrando animati passi tipici della tradizione scozzese, ben eseguiti dal gruppo di danzatori appositamente assemblato per la danze dell’opera dallo stesso coreografo salentino che conferma il suo personale successo.
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