Piante di Primitivo e pali sradicati, continua l’assalto delle campagne

Piante di Primitivo e pali sradicati, continua l’assalto delle campagne
di Nazareno DINOI
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Venerdì 17 Marzo 2017, 05:35 - Ultimo aggiornamento: 13:45
 Quella che la Coldiretti definisce «vocazione mafiosa per il settore agroalimentare», potrebbe trovare conferma nel tarantino dove il fenomeno avrebbe messo piede nelle terre del vino Primitivo di Manduria. Lo spettacolare furto di mezzi agricoli trafugati dall’azienda Felline dell’imprenditore Gregory Perrucci, è solo uno degli episodi criminali in quest’ambito. E’ di ieri, infatti, la notizia di un altro incredibile furto di 400 paletti in alluminio che reggevano un vigneto in contrada Bagnolo, agro di Manduria. Un lavoro meticoloso, compiuto in una sola notte ad opera di una squadra composta da non meno di dieci persone con mezzi appropriati e soprattutto bene addestrati allo scopo e conoscitori della zona. «Un lavoro chirurgico - racconta il proprietario, un agricoltore manduriano che ha presentato denuncia ai carabinieri -, perché per tirare fuori tutti quei pali, hanno dovuto tranciare i fili di ferro zincato intrecciato a ancorato ad ogni palo». Un intervento lungo, al buio, rischioso e da concludere prima dell’alba. Valore della refurtiva, poco più di 1.500 euro. Niente in confronto allo sforzo e al rischio.
È sempre di questi giorni, ancora a Manduria, il furto di 7.500 barbatelle di Primitivo (pianta giovane di vite), trafugate anche queste in una sola notte da un impianto situato in contrada «Surani». Anche in questo caso si è trattato di un lavoro immane per poche migliaia di euro. Secondo gli esperti sarebbe questo l’effetto dell’agromafia che non potendo acquistare regolarmente i prodotti, li recupera dal mercato del rubato pagandoli a nero. Prenderebbe così piede una nuova viticultura nata dai furti e finanziata con denaro sporco che viene riciclato e ripulito nelle future aziende destinate alla regolarizzazione.
 
A questo servirebbero anche i due trattori ed altri macchinari agricoli trafugati nella notte tra domenica e lunedì scorsa dalla cantina manduriana della famiglia Perrucci. Mezzi importanti che se ne vedono pochi in giro, impiegabili solo in grandi aziende e del valore di circa 150mila euro. Un prodotto insomma che non trova facile mercato nell’usato, né sufficiente remunerazione in quello dei pezzi da ricambio. Per non contare le enormi difficoltà nel trasporto.
Questo dà conferma al quinto rapporto «Agromafie» sui crimini agroalimentari in Italia elaborato da Eurispes, Coldiretti e Osservatorio sulla criminalità nell’agricoltura e sul sistema agroalimentare presentato tre giorni fa a Roma. «L’agroalimentare – si legge - rappresenta un terreno privilegiato di investimento della malavita con un pericoloso impatto non solo sul tessuto economico ma anche sulla salute dei cittadini e sull’ambiente. Il volume d’affari complessivo annuale dell’agromafia è salito a 21,8 miliardi di euro con un balzo del 30% nell’ultimo anno».
In Puglia, la maglia nera spetta alla provincia di Bari, rientrata a pieno titolo nella top ten della graduatoria che fotografa l’intensità del fenomeno delle agromafie nelle province italiane. Bari si piazza al decimo posto seguita a ruota da Taranto al 15esimo, la provincia di Barletta-Andria-Trani al 18esimo posto, Lecce al 28esimo Brindisi e Foggia rispettivamente al 46esimo e 47esimo posto.
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