Anche una bambina fra le vittime dell’impianto che non depurava

Anche una bambina fra le vittime dell’impianto che non depurava
di Lino CAMPICELLI
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Venerdì 12 Maggio 2017, 05:40 - Ultimo aggiornamento: 22:14
C’è una vittima minorenne, che fortunatamente ha subito solo lesioni ma non è in pericolo di vita, nella vicenda legata al cattivo funzionamento del depuratore di Martina Franca.
Lo si deduce dal lotto delle incriminazioni operate dal sostituto procuratore della Repubblica dottor Lanfranco Marazia, titolare del procedimento aperto sul depuratore e sulla Statale 172.
A causa del ristagno di acque non depurate nel terreno di proprietà della famiglia della bambina, quest’ultima ha contratto una piodermite di origine batterica.
Ma non è solo questa la novità che scaturisce dall’inchiesta. Sono infatti saliti a sette gli indagati coinvolti nell’inchiesta della procura di Taranto sull’impianto di depurazione di Martina Franca e sul tratto della Statale 172 che era stato chiuso per i gravi problemi idrogeologici riscontrati.
Insieme con Nicola Costantino e Lorenzo De Santis, rispettivamente legali rappresentante dell’Aqp sino al 25 gennaio 2016 il primo e da quella data in poi il secondo; Fabrizio D’Andria, responsabile tecnico dell’impianto di depurazione di Martina dal 22 luglio 2011; Liborio Marcello Rainò, dirigente Aqp, responsabile della macroarea territoriale di Brindisi-Taranto; e Giuseppe Valentini, dirigente Aqp con delega di direttore operativo Reti e Fogne; sott’accusa sono finiti anche due funzionari dell’Anas.
Si tratta di Nicola Marzi e Carlo Pullano, rispettivamente capo compartimento e responsabile dell’area tecnica per il compartimento Anas di Bari, proprietaria della Statale 172.
 
Insieme con tutti gli altri, i funzionari Anas sono accusati di aver posto in pericolo la sicurezza dei pubblici trasporti per effetto del progressivo cedimento del rilevato stradale e del crollo in più punti del muro di contenimento lungo la stessa arteria 172.
In quest’ultimo caso, i primi cinque sono accusati di cooperazione colposa per aver immesso gli effluenti del ciclo di depurazione nello scarico al sottosuolo. Mentre i funzionari-Anas di cooperazione per aver omesso interventi di prevenzione e messa in sicurezza del rilevato stradale.
I dirigenti e i funzionari dell’Acquedotto pugliese, peraltro, sono indagati per la totale assenza di efficienza dell’impianto di depurazione martinese; per aver consentito lo smaltimento di rifiuti speciali non pericolosi senza autorizzazione; per aver cagionato l’avvelenamento delle acque mediante immissione in falda profonda, in un fondo privato; per non aver osservato il divieto di scarico, consentendo così lo sversamento dall’impianto a servizio dell’agglomerato di Martina nell’inghiottitoio ubicato in un fondo privato.
Un’ultima imputazione è quella legata, appunto, alle lesioni provocate ai danni di una bambina di 6 anni, a causa del ristagno di acque reflue non depurate provenienti dal ciclo di depurazione dell’impianto malfunzionante di Martina Franca. 
Con l’avviso di conclusione delle indagini preliminari, che ha valore di informazione di garanzia notificato a tutti i coinvolti, questi ultimi hanno ora la possibilità di chiedere interrogatorio e di predisporre memorie difensive attraverso i rispettivi legali: avvocati Alessandro Amato, Rosario Cristini, Michele Laforgia, Massimo Manfreda.
Intanto, come sottolineato nei giorni scorsi, la facoltà d’uso del depuratore è stata prorogata di altri sei mesi per realizzare il nuovo recapito finale dell’impianto sotto sequestro dall’inizio del febbraio 2016. Era stato il dottor Marazia a dare l’ok alla proroga, dopo la richiesta avanzata dal Governatore della Puglia Michele Emiliano.
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