Imprenditore assassinato, ora si cerca l’arma del delitto

Imprenditore assassinato, ora si cerca l’arma del delitto
di Mario DILIBERTO
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Mercoledì 24 Maggio 2017, 05:30 - Ultimo aggiornamento: 11:23

Il responsabile dell’omicidio di Ciro Piccione ha un nome. Tutta da riscontrare, invece, la sua versione dei fatti. E con quella anche la lettura della tragica lite culminata nei colpi di pistola che hanno ucciso il giovane imprenditore agricolo di San Giorgio Jonico. In questo senso di fondamentale importanza è ritrovare l’arma del delitto. Una pistola che Salvatore Mele, fermato per il delitto, ha detto di aver lanciato in mare. Così ieri mattina i sub si sono immersi nel canale Ostone, nella zona di Marina di Lizzano, per cercare quell’arma. Ma i primi accertamenti non hanno dato esiti positivi.
Le indagini sull’omicidio dello scorso 12 maggio, l’altra sera hanno fatto registrare una svolta fondamentale con il fermo di Salvatore Mele, 29enne di Lizzano. C’era proprio lui quella maledetta mattina, intorno a mezzogiorno, nel deposito degli attrezzi di Ciro Piccione in via Brunelleschi, alla periferia della cittadina jonica. 
Mele è stato individuato dai carabinieri e l’altro giorno dinanzi al pm Maurizio Carbone (nella foto a sinistra), ha confessato. Questo giovane incensurato, che è assistito dagli avvocati Franz Pesare (nella foto a destra) e Pasquale Corigliano, ha ammesso di aver incontrato l’imprenditore con il quale aveva un appuntamento per un chiarimento. 
Pomo della discordia l’amicizia tra Piccione e la madre della fidanzata di Mele. 
Un rapporto che il giovane finito in cella con l’accusa di omicidio e la sua ragazza non approvavano. Così quel 12 maggio era in programma un chiarimento. Le cose, però, si sono messe male. Ed è qui che si intrecciano i nodi che ora il pubblico ministero Maurizio Carbone e i carabinieri del colonnello Giovanni Tamborrino sono chiamati a sciogliere.
Perché il giovane indagato ha sostenuto di essersi presentato a quell’incontro disarmato. Durante la discussione, a suo dire, sarebbe stata la vittima a tirare fuori quell’arma. 
Così durante la colluttazione lui avrebbe tentato di disarmarlo e sarebbero partiti i due colpi di pistola che hanno ucciso Piccione. 
 
Una versione dei fatti che rimescola le carte e la lettura del caso che ad oggi è consacrata nelle contestazioni rivolte al momento del fermo. 
Su Mele, infatti, pesano come macigni le accuse di omicidio volontario e detenzione illegale di arma da fuoco. Imputazioni che, però, potrebbero essere rivisitate nel momento in cui il racconto del giovane trovasse appigli. Di qui la necessità di trovare ed esaminare la pistola che il ragazzo ha raccontato di aver buttato in quel canale che sfocia in mare. L’altra sera, prima di essere condotto in cella, proprio lui ha indicato ai carabinieri il luogo dal quale si è sbarazzato dell’arma. Da quel punto ieri mattina sono partite le ricerche che hanno visto impegnati i sommozzatori dei vigili del fuoco. 
I sub hanno avviato il controllo ed hanno scandagliato una parte del fondale, ma non hanno rilevato la presenza dell’arma.

Le ricerche dovrebbero riprendere questa mattina. E sempre questa mattina il pm Maurizio Carbone dovrebbe trasmettere al gip la richiesta di convalida del fermo del giovane accusato di omicidio. 

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