Delitto al pronto soccorso, il dolore della famiglia: «Ora vogliamo giustizia»

Delitto al pronto soccorso, il dolore della famiglia: «Ora vogliamo giustizia»
di Mario DILIBERTO
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Martedì 15 Agosto 2017, 05:30 - Ultimo aggiornamento: 18:04
Dolore e ingiustizia. Ma anche troppa colpevole indifferenza. Grondavano questi sentimenti, ieri mattina, dai funerali di Maria Domenica Dursi. Alle 10 in punto, nella chiesa di San Roberto Bellarmino, tra via Liguria e Corso Italia, si è celebrato l’ultimo saluto a questa donna di 73 anni, uccisa mercoledì notte nel pronto soccorso dell’ospedale Santissima Annunziata. 
Maria Domenica si è spenta dopo tre giorni di agonia. L’ha uccisa il colpo infertole con il cacciavite da un malintenzionato che girava in ospedale quella maledetta notte. Un uomo che l’ha scelta a caso e l’ha ammazzata infilandole quell’attrezzo nella tempia.
Il dolore è quello della famiglia. Gente perbene che anche ieri, nell’enorme sofferenza, ha dato prova di compostezza ed equilibrio. A dispetto della colossale ingiustizia subita. 
«Non riesco ancora a crederci» - ha detto ieri Giovanni Buonamassa, il figlio che la notte della tragedia era al fianco dell’anziana. «Mi sono allontanato pochi minuti e di pochi metri per andare in bagno» - ha ricordato con la voce rotta dalla commozione. «Il bagno è nella stessa stanza. Ho sentito solo un rumore. Quando sono rientrato la mamma sanguinava dalla testa. Non ho capito più nulla. Ma mai avrei immaginato che era stata assalita. Ora chiedo giustizia. E voglio ringraziare - ha concluso - il questore Schimera e tutti i suoi poliziotti. Sono stati bravissimi nell’individuare il responsabile in così poco tempo. Hanno mostrato grande sensibilità verso noi che siamo le vittime». 
Parole dettate dal cuore e pronunciate sul sagrato della chiesa, mentre la bara della mamma veniva portata via. Parole vere come quelle scelte poco prima da Don Antonio Rubino, il parroco che ha celebrato i funerali.
 
«É inconcepibile recarsi nella casa della salute e ricevere morte» - ha detto nella sua omelia. «Non servono le parole di odio. Ma neanche quelle del buonismo becero. Serve assicurare sicurezza alle persone» - ha concluso il sacerdote, sintetizzando una storia pazzesca con un richiamo per tutti a fare il proprio dovere. Compreso chi avrebbe dovuto assicurare alla vittima sicurezza in un luogo pubblico. Dove non si può essere aggrediti e uccisi. Perché il pronto soccorso non può essere in alcuna maniera assimilato ad una strada e ai pericoli che si corrono in una strada. 
Una considerazione semplice quanto scontata. Così come appariva scontata la partecipazione di un rappresentante della Asl ai funerali di Maria Domenica. Invece ieri tra i banchi si è notata subito quell’assenza ingiustificata e ingiustificabile. Una mancanza di sensibilità che va sottolineata e censurata. C’era, invece, Lucio Lonoce, il presidente del consiglio comunale. In rappresentanza della massima assise cittadina. Tutti assenti, invece, gli uomini della giunta. E dire che poche ore prima le presenze fioccavano a Battiti live. 
Questione di sensibilità, si diceva. Come quella che ha mostrato l’ex sindaco Ippazio Stefàno. I suoi dieci anni di amministrazione non sono stati esenti da pecche. Poteva certamente fare meglio. Ma è fuori discussione il suo spessore umano. Tra i banchi, poi, ha preso posto anche Salvatore Mattia che aveva chiesto anche il lutto cittadino alla luce del significato della tragedia. Assenti molti rappresentanti istituzionali, quindi, ma va detto che è mancata anche la città. Sorda e cieca, come troppo spesso avviene, dinanzi ad un’aggressione, che ha ucciso Maria Domenica, ma che riguardava tutti. 
Perchè l’insicurezza di cui è rimasta vittima questa povera anziana, poteva davvero capitare a tutti. E sarebbe stato giusto far sentire la propria indignazione. Certo, il ferragosto incombe. Ma quei banchi vuoti sono sembrati l’ennesimo schiaffo frutto di una indifferenza endemica. Un disinteresse da abitudine che lascia perplessi. E dà poche speranze ad una comunità che si lamenta delle tante ingiustizie che subisce. Ma di fronte alle quali continua a non reagire. Anche quando basta semplicemente entrare in una chiesa.
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