Fatture false, sequestro da oltre tre milioni

Fatture false, sequestro da oltre tre milioni
2 Minuti di Lettura
Sabato 25 Novembre 2017, 05:30 - Ultimo aggiornamento: 13:47
Dopo la verifica fiscale salta fuori anche il giro di fatture false. Con la presunta maxi stangata rifilata al fisco e conseguente sequestro di beni per oltre tre milioni e mezzo di euro. 
Una partita di giro che l’altra mattina ha vissuto una tappa cruciale dell’inchiesta condotta dalla Guardia di Finanza jonica. I militari del Nucleo di Polizia Tributaria, infatti, hanno eseguito un decreto di sequestro preventivo “per equivalente” per un valore di tre milioni e 600.000 euro. Una vera e propria fortuna che le Fiamme Gialle hanno tentato di recuperare apponendo i sigilli a beni mobili, immobili e disponibilità finanziarie.
Nel mirino il patrimonio di 21 indagati, 2 società ed una ditta individuale con sedi disseminate tra Taranto e provincia. Il provvedimento è stato disposto dal gip Pompeo Carriere e rappresenta il punto di arrivo dell’indagine con la quale si sono accesi i riflettori sull’attività di quattro società joniche. Come accennato i militari avevano bussato ad una di queste per una verifica di natura fiscale. Scavando nella contabilità è saltato fuori il filo rosso che collegava le varie impresse attive nel settore pubblicitario e del commercio di prodotti tecnologici e pneumatici.
L’attività investigativa, coordinata sul campo dal pmLanfranco Marazzia, ha consentito ai finanzieri di accertare un sistema di frode raffinato a tavolino.
I militari, guidati dal tenente colonnello Marco Antonucci, hanno fotografato il raggiro attuato da una società tarantina con un vasto giro di affari nella commercializzazione di apparecchi elettronici e di telefonia. L’impresa, attraverso l’utilizzo di fatture fittizie, complessivamente quantificate in 3 milioni di euro, “gonfiava” appositamente i costi sostenuti. In questa maniera portare indebitamente in detrazione l’Iva maturata sui falsi acquisti. Così facendo avrebbe abbattuto gli oneri fiscali a suo carico, mantenendo, contemporaneamente, un bilancio societario apparentemente “sano”. Il meccanismo, attuato attraverso la complicità delle cosiddette società cartiere, è venuto a galla anche grazie al ricorso a intercettazioni ambientali. Quei dialoghi captati dagli investigatori, infatti, hanno consentito di acclarare alcune delle pratiche illecite degli inquisiti sospettati anche di simulazioni di furto della documentazione contabile, ovvero distruzione di libri, registri, fatture ed altre scritture al fine di non rendere possibile la ricostruzione del patrimonio e del giro d’affari dell’impresa. Ma anche dell’indicazione della sede operativa societaria presso indirizzi del tutto inesistenti, e dell’emissione di fatture fittizie nei confronti di imprese già decotte. Alcune di quelle fatture, peraltro, erano riferite a spettacoli mai tenuti o a campagne pubblicitarie mediante volantini i cui costi sarebbero stati “gonfiati”.
Un quadro che ha portato al maxi sequestro e alle ipotesi accusatorie, contestate a vario titolo ai 25 soggetti, di dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti, dichiarazione infedele, omessa dichiarazione, emissione di fatture per operazioni inesistenti, simulazione di reato e bancarotta documentale. 
© RIPRODUZIONE RISERVATA