Ilva, entra nella cordata la Cassa Depositi e Prestiti

Ilva, entra nella cordata la Cassa Depositi e Prestiti
di Alessio PIGNATELLI
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Sabato 16 Dicembre 2017, 05:30 - Ultimo aggiornamento: 11:39
L’ingresso di Cassa depositi e prestiti nella cordata Am InvestCo sarebbe sempre più vicino. L’istituzione finanziaria controllata dallo Stato sarebbe pronta a entrare nella cordata guidata da ArcelorMittal risultata vincente nella gara per l’acquisizione del gruppo Ilva. Cdp potrebbe entrare con il 5,6% per un controvalore di 100 milioni. Secondo diverse fonti, sarebbe stato firmato un accordo non vincolante per rilevare le quote di Marcegaglia. Tutto si concretizzerebbe in seguito alla conclusione positiva della cessione degli asset di Ilva: uno scenario finale che prevedrebbe ArcelorMittal all’88% delle quote e la restante parte suddivisa equamente tra Cdp e Banca Intesa.
Potrebbe essere letta come una mossa per fornire quell’elemento di garanzia che diverse parti, sindacati e varie istituzioni, chiedono da tempo: la presenza dello Stato (Cassa depositi e prestiti è una società per azioni a controllo pubblico e azionista di maggioranza è il ministero dell’Economia e delle Finanze ndc). Soprattutto, questo subentro fugherebbe i dubbi posti dall’Antitrust europeo che ha aperto un’indagine per verificare eventuali concentrazioni sul mercato dei prodotti piani di acciaio legate alla presenza di Marcegaglia.
Ma ieri è stata una giornata ricca di novità anche in previsione del Tavolo per Taranto di mercoledì prossimo. Nel pomeriggio, il ministro dello Sviluppo economico Carlo Calenda ha incontrato Aditya Mittal, ceo di Arcelor Mittal Europe. Nel corso della riunione - precisa una nota apparsa sul sito del Mise - “sono tra l’altro stati affrontati i punti all’ordine del giorno al tavolo convocato per il prossimo 20 dicembre”.
Proprio a riguardo del summit su Taranto, in mattinata era stato lo stesso ministro a svelare un’altra puntata della corrispondenza con il presidente della Regione, Michele Emiliano. Non certo d’amorosi sensi ma almeno un tentativo di seppellire l’ascia di guerra c’era stato. “Vieni da me, ti faccio vedere il lavoro sui punti dell’ordine del giorno per Ilva del 20 dicembre e poi decidi”. Durante la puntata del programma “L’aria che tira”, condotto da Myrta Merlino, il ministro era partito dallo scontro su Tap con lo scivolone del presidente della Regione che aveva paragonato il cantiere ad Auschwitz.
 
«Io spero che si stia rientrando dei limiti. Dobbiamo avere le proporzioni delle cose. Mi aspetto che Emiliano incominci a ragionare nel merito delle questioni» era stata la premessa di Calenda. Poi, nel merito della vicenda del siderurgico: «Ilva è un altro caso incredibile: è un’acciaieria costruita negli anni ‘60 dentro Taranto, all’epoca era un grande investimento di politica industriale e la volevano tutti. Giustamente oggi la vogliono solo se è pulita, se si fanno le bonifiche. Abbiamo fatto una gara, è arrivato l’investitore (ArcelorMittal, capofila della cordata Am InvestCo ndc) pronto a metter dei soldi. In totale l’ammontare complessivo tra investimenti privati e pubblici sarà di oltre 5 miliardi. Abbiamo fatto un tavolo istituzionale, Emiliano era soddisfatto ma poi ha presentato il ricorso. Sono andato dal sindaco di Taranto: mi ha detto ritiro il ricorso se facciamo questo ordine del giorno ma poi non è stato ritirato».
«Gli ho scritto prima del 20 dicembre, giorno del tavolo per Taranto in cui può sedersi solo chi ritira i ricorsi. Perché non ci può stare chi dice “intanto ti faccio causa e poi mi siedo a discutere”. Ho detto vieni da me nella mia stanza, ti faccio vedere il lavoro che abbiamo fatto su quei punti che voi avete indicato e così decidi. Lui mi ha definito disperato: è vero, lo sono. Sono disperato di perdere un investimento così importante e deve esserlo pure lui perché lo perderebbe la sua regione».
Insomma, parole chiare di Calenda. Cui si sono aggiunte le corpose novità della sera: l’ingresso di Cdp come elemento di garanzia apparecchia il tavolo di mercoledì tentando di stanare Emiliano e Melucci e facendo ritirare i ricorsi sul Dpcm del 29 settembre. Chissà se sarà sufficiente a far cambiare idea a presidente e sindaco.
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