«Bisogna chiudere l’area a caldo di Ilva»

«Bisogna chiudere l’area a caldo di Ilva»
di Alessandra MACCHITELLA
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Domenica 18 Febbraio 2018, 05:30 - Ultimo aggiornamento: 16:33
Morti, malattie, giorni di scuola e di gioco rubati, futuro negato e dignità calpestata.
Dopo l’ultimo decesso nei giorni scorsi di una 26enne, i “Genitori tarantini” ieri mattina hanno organizzato una conferenza. 
«Abbiamo chiesto un incontro al sindaco e al vicesindaco – ha spiegato Massimo Castellana – vogliamo intraprendere un percorso per migliorare la situazione sanitaria a Taranto. Vogliamo la chiusura dell’area a caldo dell’Ilva e l’eliminazione dei parchi minerali. Noi facciamo riferimento alla Costituzione che prevede pari dignità per tutti ma a Taranto non è garantita, l’iniziativa privata non può trarre profitto dalla salute dei cittadini. Ai bambini di Taranto è impedito lo sviluppo pieno della persona a causa del piombo nel sangue che provoca deficit cognitivi e problemi di salute. Il presidente della repubblica ha inaugurato l’anno scolastico a Taranto ma nei giorni di wind day non si ha diritto allo studio, come se fosse colpa del vento, chiediamo la riconversione economica della città. Inoltre il 18 marzo saremo in piazza Garibaldi dalle 10 alle 13 per parlare con i cittadini. Ci sarà uno spazio dedicato ai bambini curato dall’associazione Mister Sorriso per godere del divertimento all’aperto». 
C’è chi il dramma lo vive sulla propria pelle: «Abbiamo convocato una conferenza perché la situazione è diventata insostenibile – ha affermato Piero De Quarto – ci stiamo abituando alle morti continue, la città sembra condannata a un olocausto. La lingua italiana descrive il ruolo di un figlio che perde un genitore mentre non prevede, quasi lo rifiuta, il termine che descrive un genitore che perde un figlio. A Taranto ogni famiglia è toccata da questa strage. Anche io sono uno 048 e affronto la malattia. Inviterei tutti a trascorrere del tempo nei corridoi dell’Ospedale Nord, dove i bambini ancora giocano, bambole senza capelli capaci di sorriso. Le decisioni bisognerebbe prenderle lì dove opportunità e opportunismi perdono valore. Anche in questo momento politico noi chiediamo solo salute e vita per chiunque voglia rappresentarle. Capiamo il dramma della disoccupazione ma un conto è la vita, un altro è la sopravvivenza».
 
Ha lasciato un messaggio da leggere anche Andrea, il papà di Ambra, la bambina scomparsa a causa di una leucemia: «Mia figlia aveva solo sette anni quando ci ha lasciato e tutta la vita davanti, un diritto negato a lei e ad altri bambini, è ora di dire basta». 
A rappresentare le mamme di Taranto Alessandra Fiusco: «Abbiamo paura del vento, delle mani in bocca, di fare sport all’aperto, di dormire con il materiale inquinante nelle lenzuola. A Taranto si muore di più, lo dicono i dati, eppure continuiamo a sentir parlare di strategia economica e non della nostra vita. Il problema non riguarda solo i Tamburi, nessuno è al sicuro nel raggio di 20 chilometri. Inoltre non solo gli operai Ilva, l’occupazione è a rischio per altre categorie come allevatori, mitilicoltori e commercianti». 
Non si vuole la chiusura dell’Ilva ma della sua area a caldo, ha specificato Angelo Fasanella: «Taranto vuole la chiusura dell’aria a caldo e non dell’Ilva, su questo concetto si gioca tutta la politica della città». Scelte difficili tra salute e lavoro, tra vita e morte, l’esasperazione nell’incontro di ieri era tangibile anche negli ascoltatori, qualcuno intervenuto per raccontare che anche in centro nei giorni di vento i balconi si coprono di polveri o della fiorente economia delle agenzie funebri, sempre attive con i continui decessi in città. Una delle presenti durante la conferenza stampa ha voluto raccontare la sua esperienza in occasione dei wind day in via Leonida, ben lontano dal rione Tamburi. La donna ha specificato di avere sempre il balcone della sua abitazione ricoperto di polvere di minerale, di sicura provenienza dallo stabilimento siderurgico. Una vera e propria emergenza che la costringe persino stendere i panni all’interno della sua abitazione, per evitare che si impregnino di polveri di provenienza industriale. 
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