La città diserta il sit-in contro l’Ilva

La città diserta il sit-in contro l’Ilva
di Paola CASELLA
3 Minuti di Lettura
Lunedì 19 Marzo 2018, 05:30 - Ultimo aggiornamento: 11:26
Ieri mattina in piazza Garibaldi alla manifestazione per la chiusura dell’Ilva le associazioni ambientaliste c’erano quasi tutte, i cittadini invece erano davvero pochi. Fatta eccezione per alcune centinaia di persone, la maggior parte dei tarantini era altrove. Molti anche nelle vicine vie D’Aquino e Di Palma, quasi del tutto ignari dell’iniziativa in corso a pochi passi da loro.
Ad organizzare la manifestazione i Genitori Tarantini che hanno chiamato a raccolta ben 42 tra gruppi ed associazioni.
«Abbiamo deciso di manifestare» ha spiegato Cinzia Zaninelli «perché non ce la facciamo più. Chiediamo la chiusura dell’Ilva, perché, ormai, le cose le sappiamo. Che cosa dobbiamo aspettare ancora? Abbiamo avviato una petizione in cui chiediamo al sindaco, in quanto responsabile della nostra salute, se ci rassicura circa il fatto che qui non è in pericolo la vita nostra e dei nostri figli. Se non può darci questa certezza, allora, è arrivato il momento di chiudere lo stabilimento. La nostra può sembrare una richiesta assurda, ma si può ancora aspettare? Ogni giorno ci sono persone, non solo adulti, ma anche bambini e ragazzi che si ammalano e muoiono».
La manifestazione è stata caratterizzata non solo dalla denuncia della situazione, ma anche dalla proposta di un nuovo modello di sviluppo, in cui abbiano spazio realtà imprenditoriali rispettose del patrimonio naturale e della salute. «Abbiamo dato e anche troppo» ha continuato Zaninelli «adesso, si deve bonificare, risarcire il territorio e riconvertire». A tale proposito è intervenuto anche il dottor Patrizio Mazza: «Un medico può dire che essere esposti anche per dieci o quindici anni a fonti inquinanti è pericoloso, ma le scelte di politica economica ed industriale esulano dalle sue competenze e qui entra in gioco la politica».
La pediatra Grazia Parisi ha raccontato poi cosa significa, anche sul piano umano, svolgere la sua professione in una realtà come Taranto, dove, «dopo aver visto nascere e crescere i propri pazienti, poi si apprende che sono morti per patologie tumorali in giovane età».
 
Massimo Castellana, anche lui dell’associazione Genitori Tarantini, ha ricordato con orgoglio le parole di Archita che «tra i motivi dell’opulenza della città, metteva al primo posto la migliore agricoltura e tutte le altre risorse naturali che sono oggi sacrificate al profitto della grande industria».
Alla manifestazione ha aderito anche Peacelink. «Al centro dell’iniziativa» ha detto Alessandro Marescotti «ci sono due obiettivi. Il primo è quello di sollecitare le autorità competenti, a partire dal sindaco, affinché venga certificata la situazione sanitaria a Taranto, cioè mettere nero su bianco se la situazione si è normalizzata o se ci sono eccessi di mortalità. Nel caso in cui le autorità non avessero certezza della situazione scatterebbe il principio di precauzione. Il secondo obiettivo è quello di avviare un’iniziativa per abrogare l’immunità penale che è qualcosa di scandaloso. È inutile dire che ciò dipenderà molto della politica. Noi di Peacelink abbiamo proposto da moltissimo tempo l’istituzione di un Osservatorio di mortalità perché abbiamo fatto nostre rilevazioni, che ci danno certezza di un eccesso di mortalità nei quartieri più vicini all’Ilva». L’associazione non ha mai presentato pubblicamente i dati perché preferisce che a farlo siano le autorità deputate a vigilare sulla salute della popolazione. «Attraverso l’Osservatorio il sindaco ed il presidente della Regione» ha osservato Marescotti «avrebbero contezza della situazione attuale. Ci si culla sempre sul fatto che abbiamo dati relativi agli anni scorsi e si dice che non sappiamo quale sia la situazione attuale, che la produzione di acciaio è diminuita e che, quindi, saremmo fuori pericolo. Vorremmo che qualcuno si assumesse la responsabilità di dire se oggi c’è o no un pericolo sanitario». Per l’ambientalista è fuorviante anche affermare che le malattie e le morti attuali siano da imputare a vecchie esposizioni: «Basta vedere l’impatto degli inquinanti sui bambini, loro non c’erano vent’anni fa, oppure i ricoveri per ictus ed infarti nei Wind day, che sono la cartina al tornasole dell’esposizione quotidiana».
© RIPRODUZIONE RISERVATA