Turni di 17 ore e vita in un tugurio
Così sfruttavano i braccianti

Controlli anticaporalo
Controlli anticaporalo
di Mario DILIBERTO
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Mercoledì 4 Ottobre 2017, 08:43 - Ultimo aggiornamento: 21:17

GINOSA - Lavoravano nelle campagne anche per 17 ore al giorno in cambio di un'euro e 50 centesimi l'ora. Al mese riuscivano a racimolare non più di 200 euro, una paga da fame. Erano quasi ridotti in schiavitù e costretti a cedere buona parte del loro compenso al datore di lavoro e al 'caporalè di turno, tutti e due arrestati dai carabinieri del comando provinciale di Taranto. I braccianti erano esclusi dalla vita sociale, minacciati o picchiati, come nel caso di due dei 35 lavoratori romeni impiegati nelle campagne tra Ginosa e Castellaneta che vivevano in un casolare isolato, un vero e proprio tugurio, con le mura ricoperte da muffa, assediati da topi e scarafaggi. In carcere, in esecuzione di un'ordinanza di custodia cautelare emessa dal gip Giuseppe Tommasino su richiesta del Pm Giorgia Villa, sono finiti un imprenditore italiano di 43 anni, Francesco Sabato, titolare di un'impresa agricola di Ginosa, e un suo collaboratore romeno, 25enne, l'unico col contratto regolare. Perché gli altri, i braccianti che di notte venivano portati nelle campagne a raccogliere frutta e ortaggi che in un secondo momento riponevano nelle cassette in un magazzino nella disponibilità del datore di lavoro, erano pagati in nero: 4 euro l'ora, che diventavano un euro e 50 con le trattenute per l'alloggio, le sigarette e beni di prima necessità. Il caporale accompagnava i romeni in banca: loro cambiavano l'assegno e poi erano costretti a cedere al connazionale gran parte del denaro guadagnato. E chi si ribellava veniva minacciato pesantemente o cacciato. L'indagine è partita nel febbraio scorso dopo la denuncia presentata, con il supporto della Flai Cgil e della segreteria Cgil di Taranto, da cinque romeni (tre uomini e due donne), abbandonati da uno dei loro aguzzini davanti al terminal bus di Porta Napoli. Stessa sorte era toccata alcuni giorni dopo ad altri due loro connazionali, che avevano subito il pestaggio dopo l'ispezione dei carabinieri del Nil perché sospettati di aver fatto le spie. Erano ancora con il fagotto delle loro poche cose ammassate in una busta per la spesa. Un uomo aveva l'occhio tumefatto ed era visibilmente scosso. Proprio lui raccontò, prima ai sindacalisti e poi ai carabinieri, di essere stato picchiato da un suo connazionale che svolgeva per un italiano, che loro chiamano «il padrone», il ruolo di caporale. Anche la donna confermò la denuncia e dichiarò di essere stata picchiata tanto da aver dovuto far ricorso nei giorni precedenti alle cure dell'ospedale di Castellaneta. L'imprenditore e il caporale sono accusati, a vario titolo, di intermediazione illecita di manodopera e sfruttamento del lavoro nell'ipotesi aggravata in violazione dei contratti collettivi di lavoro nazionali e provinciali, nonché di estorsione, furto aggravato, lesioni personali e tentata violenza privata in concorso. I tre romeni che hanno partecipato alle 'spedizioni punitivè nei confronti dei braccianti sono stati denunciati invece per lesioni personali. I carabinieri hanno eseguito anche sequestri preventivi per un valore complessivo di circa 300mila euro.

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