Bufale contro notizie, la lotta (quasi) impari per conquistare il web

Bufale contro notizie, la lotta (quasi) impari per conquistare il web
di Renato MORO
9 Minuti di Lettura
Domenica 3 Dicembre 2017, 21:07 - Ultimo aggiornamento: 4 Dicembre, 18:07
«Mamma, guarda in cielo: cos’è quella?». «È una scia chimica, tesoro. Entriamo in casa, subito!». L’argomento più abusato, proposto in mille salse e con mille contorni, è questo. Solo pochi giorni fa sui social ha girato l’ultimo capolavoro: un Boeing svuotato dei sedili e riempito di bombole cariche evidentemente di chissà quale sostanza chimica da rilasciare in volo. Immaginate le hostess che prima del decollo fanno le solite raccomandazioni alle bombole: «L’uscita è di qua e di là...».
Scie chimiche o Sadgulp. Strategia Aerea di Distruzione del Genere Umano a Lungo Periodo, secondo chi ci crede, o semplicemente bufale secondo il resto del mondo. Da non consumare, a differenza delle mozzarelle, ma da somministrare al prossimo prima, durante e dopo i pasti. Ci cascò persino il compagno Mario Capanna, in un luglio di qualche anno fa, quando a UnoMattina, in Rai, citò scandalizzato e schifato il famigerato pesce fragola. Lui è uno che dopo aver combattuto la borghesia combatte gli Ogm, ma quella del pesce fragola, mai esistito, è una bufala colossale. Che fece fessi anche quelli di Report.
Come lo era, bufala colossale, la notizia che dalle nostre parti girava ai tempi del primo allarme per la xylella, quando quasi tutti ignoravano ciò che stava accadendo nelle campagne a sud di Gallipoli. “Sapete perché gli ulivi seccano? - disse e scrisse più di qualcuno - È che la Monsanto vuole piazzare nel Salento i suoi, geneticamente modificati, realizzati in Israele”. E giù condivisioni, interviste ancora visibili su Youtube, proclami, e invettive. Contro misteriosi elicotteri che di notte irroravano di veleni gli uliveti, contro gli agricoltori «che non capiscono» e contro i giornalisti «servi della multinazionale» che magari in cambio della loro complicità avrebbero ricevuto per Natale un abete transgenico in grado di far funzionare le lucine senza inserire la spina nella presa della corrente. Ovviamente gli ulivi ogm non esistono, tantomeno quelli realizzati in Israele, e col senno di poi abbiamo visto quanto danno hanno fatto le sciocchezze che si son dette e scritte in questi anni. Con un particolare che suona di beffa: se un ulivo da reimpiantare c’è, resistente al batterio, quello è nato e cresciuto selvatico nelle nostre campagne.
L’esercito delle bufale è in avanzata continua. Gli ultimi studi dicono che sono in calo i siti specializzati nella costruzione e diffusione di notizie false, ma questo in realtà non vuol dir nulla. La fabbrica delle fake news è più viva e solida che mai e preoccupa sempre di più. Sorvoliamo su come i social potrebbero aver contribuito a influenzare il voto degli americani nelle presidenziali vinte da Trump e restiamo a casa nostra. È di qualche settimana fa l’allarme di alcuni partiti, ispirato anche da un’inchiesta del New York Times, sul rischio che un uso illecito dei social e delle bufale possa arrivare a influenzare il voto degli italiani alle prossime politiche. Fantasie? Preoccupazione eccessiva? Paura dei movimenti, come la Lega Nord e i Cinquestelle, che più degli altri competitori utilizzano la rete? No. Semplicemente il rischio esiste per davvero, tanto che la stessa azienda di Mark Zuckerberg ha dato la disponibilità ad intensificare la vigilanza anti-bufala in campagna elettorale. Perché più del produttore di false notizie preoccupa la potenza del mezzo attraverso cui quelle si propagano. Del resto solo un paio di giorni fa il Censis ha certificato quanto sia importante Facebook per gli italiani. Che possono rinunciare alla vacanza, all’auto nuova o al divano in pelle, ma non certo allo smartphone e a un profilo (o più) sul social network per eccellenza.
Nel mirino non c’è soltanto la politica, ma anche i giornali, che nell’epoca della post verità vedono continuamente messa in discussione la credibilità. Il vero nemico è quella che i sociologi chiamano “distorsione di conferma” o “confirmation bias”. E funziona così. Tizio scrive un qualcosa che contiene elementi che non corrispondono alla verità dei fatti e quel qualcosa viene condiviso da quanti sono d’accordo o pensano sia vero. Se interviene una persona nel tentativo di correggere e ripristinare il rispetto della verità, accade che chi ha condiviso precedentemente il pensiero distorto non cambi idea ma, anzi, rafforzi la sua opinione contribuendo a dare ulteriore forza e diffusione al pensiero errato. Con l’aggravante che spesso e volentieri chi era intervenuto per correggere finisce per essere coperto di insulti.
Anche il mondo dell’informazione, magari inconsapevolmente, può contribuire a generare false notizie che poi diventano virali fino a coinvolgere centinaia o migliaia di frequentatori del web. Nei giorni scorsi sul sito dell’Indipendent, un giornale britannico, è apparso un servizio su San Foca e la battaglia dei No Tap. Nulla di strano in questo, come nulla da obiettare nei confronti di chi sostiene la battaglia contro un approdo sicuramente individuato nel posto sbagliato. Il fatto è che il sito inglese scrive che il governo italiano utilizza una legge fascista, dell’era Mussolini per essere precisi, per blindare il territorio in cui è stato aperto il cantiere di Tap impedendo a chiunque di avvicinarsi e rendendo difficile la vita persino ai residenti. Un vero e proprio assist a quanti, condividendo e diffondendo, hanno voluto dare del “fascista” a chi ha disposto i servizi di controllo, alla polizia e al governo. Ma “fascista” è una parola particolarmente pesante, che non dovrebbe essere utilizzata a sproposito se non altro per non svuotarla del suo contenuto perché ciò di riflesso svuoterebbe quell’altra parola che è esattamente il contrario.
Sì, è vero che nel caso di San Foca il governo ha fatto ricorso ad una legge del Ventennio, ma se andiamo a controllare di leggi nate durante il Fascismo e sopravvissute ce ne sono tante. Nel caso specifico, il decreto regio del 18 giugno 1931 è il Testo unico delle leggi di pubblica sicurezza, un pilastro del nostro ordinamento, ed è stato sottoposto negli anni a diverse modifiche che lo hanno adattato alla Costituzione e alle esigenze di un Paese democratico. Nel 1961, tanto per fare un esempio, la Corte Costituzionale è intervenuta per mettere paletti e chiarezza nei poteri dei prefetti, limitandoli rispetto a quelli riconosciuti nella prima versione (quella fascista). Ma il web è il web e le sue leggi non prevedono spesso alcun tipo di approfondimento. E così ecco la valanga di condivisioni e di messaggi, compresi quelli che hanno accusato i giornali salentini di chissà quale complicità per non aver ripreso e pubblicato la scoperta dell’acqua calda fatta dall’Indipendent. I cui giornalisti, imbeccati forse da qualcuno che ha voluto strumentalizzarli o semplicemente poco conoscitori del sistema giuridico italiano, hanno dato con nonchalance del fascista ad ognuno di noi. Ritenersi offesi per questo, però, manco a parlarne. A chi ha condiviso, una semplice domanda: ritenete fascisti gli articoli che disciplinano il rilascio della carta d’identità o il possesso delle armi o anche l’utilizzo dei gas tossici? Sono nello stesso decreto.
La zona rossa di San Foca, dunque, non è un “residuato mussoliniano” come hanno scritto in tanti abboccando alla provocazione degli inglesi e dei loro suggeritori, ma il risultato dell’applicazione di una legge dello Stato. Che poi per la popolazione locale comporti grossi disagi e persino qualche umiliazione è un altro discorso. Di certo, comunque, la posta in gioco - un gasdotto che la popolazione locale non vuole e che il governo ha deciso di realizzare - imporrebbe un po’ di cautela in più. Non siamo, per dirla con altre parole, davanti all'innocuo pesce fragola di Mario Capanna.
E non è pesce fragola quello sul quale nei giorni scorsi uno dei protagonisti della battaglia No Tap ha costruito una notizia falsa che ha viaggiato e ancora viaggia sul web. Luigi Russo è presidente dei centri per i servizi di volontariato, da un paio di anni in prima linea sul versante xylella e tap e da tempo impegnato (in questo caso meritoriamente) nella strenua battaglia che tanti salentini stanno combattendo per abbattere l’incidenza dei tumori. Fa anche il giornalista, ma forse non ha mai lavorato nella redazione di un quotidiano e quindi non conosce il funzionamento della macchina del giornale. Però, da giornalista, nei giorni scorsi ha costruito l’ennesima bufala che ha originato la solita valanga di insulti a chi invece il giornale lo fa. Martedì Quotidiano e Gazzetta del Mezzogiorno sono usciti in edicola col resoconto della conferenza dei servizi che a Palazzo dei Celestini, per iniziativa del presidente Gabellone, ha raccolto una buona parte dei sindaci del territorio. Oggetto: il gasdotto Tap, le compensazioni e la linea da avere in questa vicenda. È accaduto che Quotidiano (ma avrebbe potuto essere l’altro giornale, poiché simili infortuni sono all’ordine del giorno nelle redazioni che lavorano con tempi ristrettissimi) ha parlato di sindaci ancora divisi e quindi di un nulla di fatto in riferimento a un documento congiunto che la Conferenza avrebbe dovuto partorire per esprimere contrarietà al gasdotto e chiedere una pausa a quegli amministratori impegnati a discutere di compensazione. Nella stessa mattinata, l’altro giornale parlava invece di “comuni ricompattati” e quindi di sindaci uniti. “Dissonanze cognitive”, ha scritto Russo, Che ha chiosato: “Da una parte si tende a mettere in evidenza la fatica del ricompattamento delle posizioni dei sindaci; dall’altra la volontà di continuare con la frattura...”. A volere la frattura, ovviamente, sarebbe stato Quotidiano. Inevitabile il profluvio di complimenti poco garbati ai cronisti di questo giornale. Peccato che in quel caso la versione data dal nostro servizio fosse la più aggiornata, tanto che ancora oggi di quell’accordo e del famoso documento congiunto non c’è alcuna traccia. Che fare a questo punto? Ritirare il post che presenta una lettura distorta dei fatti? Rettificare? No. Più comodo fare il leone da tastiera che il giornalista.
Altro giro, altri “fake”. Quando, nei giorni scorsi, il presidente Emiliano ha tirato fuori dal cilindro un acquedotto Albania-Italia da far correre accanto al gasdotto, questo giornale ha voluto andare a fondo (ma come, non ci si accusava di non farlo mai?) e Francesco Gioffredi ha scoperto che di quell’acquedotto si è parlato per la prima volta in una proposta di legge datata 1992. Dove si indicava come approdo lo stesso scelto per il gasdotto Tap e dove di ventilava - già allora - la possibilità di utilizzarlo (l’approdo) anche per un eventuale metanodotto. Tra i firmatari Damiano Potì, ex parlamentare di Melendugno e autorevole rappresentante della famiglia che ancora oggi governa il paese. Uno squarcio di luce sul buio che avvolge la storia del Tap e delle scelte che hanno portato a individuare l’approdo a San Foca, dove mare e spiaggia meritano ben altro. Per i soliti smanettoni, però, è stato un tentativo di gettare fango sulla lotta dei No Tap. Anche in questo caso è facile immaginare il tono dei commenti sui social.
Divertente la bufala messa in rete, due anni fa, da un paio di rappresentanti del movimento che si opponeva all’eradicazione degli ulivi infetti e che sostiene che la xylella sia una sorta di “cavallo di Troia” che multinazionali e associazioni dei coltivatori stanno usando - con la complicità dei giornali - per distruggere l’agricoltura tradizionale e consegnare i terreni a nuovi, spregiudicati imprenditori pronti a piantare ulivi col metodo del superintensivo. “Il Corpo forestale porta in giro i giornalisti amici con i propri mezzi militari...per dare supporto logistico alle operazioni mediatiche”, scrisse un ambientalista. E un altro: “Cosa ci fa una giornalista a bordo del velivolo? È stata accalappiata per disinformare? Quel volo lo paghiamo noi...”. L’attacco era ai giornali locali e la bufala fece il giro del Paese. Omettiamo il nome della giornalista per ovvii motivi di riservatezza e diamo una notizia che farà contenti quanti all’epoca si esibirono in un campionario di insulti da Guinnes dei primati: la collega è una ex collaboratrice del giornale che anni fa, molto prima di quel famigerato volo, lasciò il giornalismo per entrare nel Corpo forestale in seguito ad un normale concorso. Quel giro in elicottero, ovviamente, lo fece da investigatrice incaricata - presumiano - di controllare dall’alto i territori colpiti dalla xylella. Complimenti all’informatore.
È il destino delle bufale. “Viaggiano” sui social, infangano, diffondono informazioni sbagliate e quando vengono smascherate spesso il danno è fatto. Ne sanno qualcosa i tifosi del Taranto che nel giugno del 2012 si tuffarono nelle acque sporche della fontana di piazza Ebalia per festeggiare la promozione a tavolino in B. La notizia, data da una tv locale, era rigorosamente falsa.
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