Luce e solidarietà: l'albero di Natale formato da sole donne

Alcune socie di "Amic.A"
Alcune socie di "Amic.A"
di Rosario TORNESELLO
5 Minuti di Lettura
Martedì 26 Dicembre 2017, 18:30
Non sarà come Pasqua, che quando arriva arriva, a volte alta, a volte bassa, perché la data è mobile e il calcolo complicato. Ma pure Natale quando arriva arriva, e anche se la data è certa non è certa l’atmosfera, non l’umore, non il cuore. Perché hai voglia a dire auguri di pace e serenità, amore e salute prima di tutto e il resto al nuovo anno; a inondare di abbracci e cuoricini, di emoticon paffuti e concilianti, di buone intenzioni spesso a buon mercato, i messaggi inviati e ricevuti tra il saldo dell’Imu e i conguagli di gennaio, sì che le feste sembrano quel che sono, l’elisione dell’apostrofo rosa tra le parole “fine d’anno”. Il Natale arriva quando arriva. E il punto - nella sua versione interrogativa - è esattamente questo: come arriva, il Natale?
 
C’è un posto dove arriva con un carico di affetto in più: disinteressato, e perciò autentico; spontaneo, e quindi vero; testardo, e in definitiva tenace, caparbio, capace come solo le donne sanno essere quando c’è di mezzo la voglia di fare, di collaborare, di aiutare. Di accudire. Succede a Taranto. Succede in molte parti del mondo, certo; anche dietro l’angolo di casa senza che nessuno lo sappia e se ne dia cura, ovvio. Ma che accada qui, in questa città martoriata e frantumata, illusa e abbandonata, ora contesa e dilaniata, è una piccola stella cometa. Come te. Come loro. Come chiunque voglia cimentarsi nell’impresa di avvicinare e assistere. Con passione. Con coraggio. La sofferenza e il cuore come ingredienti segreti di parole comuni.

Sono 40, anche 50. Assetto variabile. Non importa quante. Sono donne. Un paio di anni di attività alle spalle. Costituzione formale in associazione nel 2015, operatività dal settembre 2014. L’universo femminile prova prima di rischiare. Spirito materno, evviva la differenza di genere. Risultato: 27 famiglie assistite, quasi tutte nel perimetro della città vecchia, qualcuna ai Tamburi. L’ultimo intervento pochi giorni fa: la spesa straordinaria per Natale. Si è detto l’ultimo, non l’unico. Con calma. Si chiamano “Amic.A” (Amici dell’Addolorata), ispirazione cattolica, supporto all’Opera di carità Sant’Anna e al “Casa”, istituto collegato alla Confraternita della Santissima Addolorata e di San Domenico, la stessa che anima la processione del Giovedì Santo, con quella dei Misteri la più famosa di Taranto e perciò d’Italia. Ma il nome è un inganno, l’unico: amici sì, però sono tutte signore, dai 40 ai 60 anni, tutte impegnate; di maschietti solo uno, socio sostenitore. Gli altri, perciò, non facciano i timidi e si diano da fare.

Il tempo di iniziare e di capire e poi via con statuto e regolamento. Prassi, giacché la norma numero uno, in fondo l’unica, è quella non scritta ma detta, anzi urlata: «Il bene si trasmette per contagio. Per questo la generosità va raccontata». Eccoci. Gabriella Ressa è la presidente. Giornalista, direttrice di Radio Cittadella, emittente fondata da monsignor Guglielmo Motolese, arcivescovo di Taranto a cavallo di tre decenni, dal ‘61 all’87, moglie del priore della Confraternita, l’ingegner Raffaele Vecchi. Lei 49 anni, da poco nel direttivo dell’Ordine regionale dei giornalisti; lui 53.

«Abbiamo cominciato quasi per caso - spiega Gabriella -. Un grande bisogno di aiuto in città. Cosa nota. Un disagio acuito dalle ultime vicissitudini. Ci si dà da fare. Parrocchia e Confraternita sono un canale di informazione, non l’unico. Se c’è un minimo di sensibilità, non occorrono i servizi segreti per intuire di cosa ci sia bisogno tutt’intorno. Noi ci aggiungiamo solo una verifica per accertare che le situazioni siano davvero difficili. All’inizio in gruppi di quattro abbiamo adottato le famiglie: si va, si vede, soprattutto si ascolta. Grande dignità in ogni casa. Dopo la diffidenza iniziale, nasce un rapporto di amicizia, di fiducia. Prima richiesta: un lavoro, non il pane o il latte per i bambini. No: lavoro. Vorrebbero essere autonomi, questi genitori. Sa quanti, una volta trovata un’occupazione, ci ringraziano e dicono basta? “Ora pensate agli altri”. Commovente, no?».

Poi sono lievitati i numeri, sia dei nuclei assistiti sia delle volontarie. È cresciuta la capacità operativa. La consapevolezza. La forza. Adesso ogni famiglia è accudita da due socie: fanno la spesa autofinanziandosi, ascoltano i bisogni delle persone, aiutano, danno consigli. Ci sono. Famiglie numerose, in media tre figli a testa. Situazioni difficili. Molto difficili. «Si fa quel che si può - racconta la presidente -. A inizio di anno scolastico, ad esempio, compriamo tutto l’occorrente e mettiamo a disposizione gli abiti selezionati dall’Opera di carità. E nel corso dei mesi, poi, organizziamo degli eventi per raccogliere fondi destinati agli interventi di assistenza e aiuto. Con i proventi di giugno siamo riusciti a mandare in vacanza, in estate, una quindicina di ragazzi per una settimana al Mediterraneo Village». Con la stessa iniziativa, l’anno prima erano state comprate tute e scarpe da ginnastica per tutti.

Ora è Natale. L’evento richiede un surplus d’attenzione. Intanto l’atmosfera, la magia, lo stupore dei bambini: l’anno scorso il recital di un’attrice, quest’anno le meraviglie di un prestigiatore, tutto gratis. E poi la sostanza, perché sia festa intorno al presepe e anche a tavola, dove il convivio è condivisione. Una spesa “extra”, cibo e giocattoli grazie a ulteriori apporti esterni: Lino, persona umile, cifra importante in memoria della madre, e la neolaureata in Infermieristica che alle bomboniere ha preferito una donazione all’associazione. «Iniziano a seguirci anche i più giovani - aggiunge Gabriella -: l’Interact del Rotary, gli studenti dello stesso corso di laurea dell’altra ragazza. Hanno voluto devolvere i proventi di una serata, nel primo caso, e di una raccolta alimentare, nel secondo. Io ci credo in questa missione: le persone ti conoscono, vedono quello che fai, ti seguono. Il volontariato è una risorsa del territorio; le mie socie sono straordinarie. E Dio solo sa quanto sia opportuno e necessario fare rete, qui da noi».

Il Natale quando arriva arriva. E tuttavia per quanto sia nota la data, certo l’evento, non si è mai preparati abbastanza. Anche le volontarie, che si dannano l’anima, smuovono le coscienze, portano conforto, alla fine devono sempre trovare qualcuno che le ospiti, loro che dell’accoglienza fanno una ragione di vita. Non hanno una sede, una sede tutta loro. Si arrangiano come possono. A fare rete, per ora, è la precarietà. Arriverà Pasqua. Alta o bassa non importa. Chi può, faccia loro una sorpresa. Anche senza rompere le uova.


 
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