Trentuno morti nel traghetto in fiamme. La Procura chiede 32 rinvii a giudizio

Trentuno morti nel traghetto in fiamme. La Procura chiede 32 rinvii a giudizio
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Mercoledì 26 Dicembre 2018, 19:25 - Ultimo aggiornamento: 19:27
Il traghetto Norman Atlantic salpò dalla Grecia, in direzione Ancona, nonostante il mare in burrasca, con più camion frigo delle prese di corrente a disposizione e 519 persone a bordo, molte delle quali autotrasportatori che portavano a destinazione il loro ultimo carico prima di tornare a casa per il Capodanno. Un incendio scoppiato nel cuore della notte, tra il 27 e il 28 dicembre 2014, poi il naufragio tra neve e squali, posero tragicamente fine a quel viaggio, causando 31 vittime (19 delle quali mai ritrovate e due, probabilmente clandestini, non identificate) e il ferimento di altri 64 passeggeri. Ora i presunti responsabili di quel naufragio, in 32 tra armatore, amministratori della società noleggiatrice della nave ed equipaggio, rischiano un processo per i reati, a vario titolo contestati, di cooperazione colposa in naufragio, omicidio colposo e lesioni colpose plurime oltre a numerose violazioni sulla sicurezza e al codice della navigazione. La Procura di Bari, che ha coordinato le indagini della Capitaneria di Porto, ha chiesto il rinvio a giudizio per il legale rappresentante della Visemar, società proprietaria del traghetto, Carlo Visentini, i due legali rappresentanti della greca Anek Lines, noleggiatrice della motonave, per le stesse società, il comandante Argilio Giacomazzi e 26 membri dell’equipaggio. Nelle prossime settimane il gup del Tribunale fisserà la data di inizio dell’udienza preliminare, alla quale saranno chiamati a comparire imputati e le centinaia di parti offese. Quello che le indagini hanno accertato è che la notte del naufragio a bordo del traghetto Norman Atlantic regnarono confusione e panico. Secondo i pm Ettore Cardinali e Federico Perrone Capano, l’origine delle fiamme fu un camion frigo lasciato con motore acceso, perché non c’erano abbastanza prese di corrente. Una serie di negligenze e successivi errori (impianto antincendio inidoneo e attivato sul ponte sbagliato, allarme dato in ritardo) avrebbe poi consentito al rogo di propagarsi nella nave fino a diventare indomabile. Quindi le fasi dell’evacuazione, con scialuppe calate senza che i ponteggi fossero messi in sicurezza, causando così la caduta in mare e la morte di alcuni passeggeri. In quegli attimi il panico non investì solo i viaggiatori ma anche il personale di bordo. In molti non avrebbero eseguito il proprio compito: dai giubbotti salvagente da distribuire ai passeggeri all’organizzazione degli imbarchi sulle scialuppe di salvataggio. Sei membri dell’equipaggio sono accusati anche di aver abbandonato la nave prima che tutti i passeggeri fossero in salvo. Gli accertamenti medico-legali hanno poi stabilito che 11 passeggeri sono morti per assideramento seguito da annegamento, alcuni caduti in mare mentre tentavano di salire sulle scialuppe, un corpo mai identificato, forse appartenente ad un adolescente clandestino, fu invece trovato carbonizzato all’interno del relitto e altre 19 vittime risultano ancora disperse. A quattro anni dai fatti, con il processo alle porte, il relitto annerito dalle fiamme, sottoposto a sequestro probatorio fin dal febbraio 2015, è tuttora ormeggiato nel porto di Bari. (Isabella Maselli, ANSA)
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