Costretto a trasferirsi da Santeramo a Ladispoli per garantire alla figlia, che ha tre anni e il rene policistico, le cure migliori. Costretto perché, come denuncia in un video su Facebook il padre della bambina, Gianluigi Solazzo, l'assistenza domiciliare era troppo poca e le condizioni igieniche dell'ospedale dove era stata ricoverata carenti.
Nel video il padre racconta la sua odissea, che ormai dura da tre anni e mezzo. Da quando, cioè, alla bambina è stata diagnosticata la malattia del rene policistico. Gianluigi e la moglie si sono trasferiti a Ladispoli per permettere alla bimba di ricevere le migliori cure all'ospedale "Bambino Gesù". Dopo i primi mesi in terapia intensiva nell’ospedale romano, la famiglia era tornata a Santeramo, ma l’assenza di assistenza domiciliare (mezz’ora per due giorni alla settimana) e quanto accaduto all’ospedale pediatrico Giovanni XXIII di Bari, dove la piccola era stata ricoverata in seguito a una crisi respiratoria, hanno convinto i genitori a far curare la figlia nel nosocomio romano.
Il video postato su Facebook
Nel video Gianluigi spiega che nella stanza nell’ospedale pediatrico barese non ci sarebbero state condizioni igieniche dignitose e la sicurezza sufficiente.
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Le mosse della politica
Sulla questione interviene il capogruppo del M5S, Marco Galante, che attraverso l’amministrazione comunale di Santeramo si è già messo in contatto con Gianluigi, assicurando che interesserà della questione l’assessore Rocco Palese, il dipartimento Salute e la Asl di Bari, chiedendo immediatamente un incontro, per evitare che simili situazioni possano ripetersi. «Non possiamo dire ai cittadini di non andare a curarsi fuori - dice Galante - se poi non garantiamo loro alti standard per le cure nella nostra regione. Ritengo indispensabile anche capire quali siano le condizioni dell'ospedale Giovanni XXIII dopo quanto ascoltato. Non vogliamo cercare colpevoli o puntare il dito contro qualcuno, solo risolvere le criticità che emergono dal video e dai commenti postati. Gianluigi e la sua famiglia devono sapere di non essere soli e non essere costretti a vivere senza i loro cari e a centinaia di chilometri da casa per poter avere le cure migliori per la loro figlia».
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