«La gente dice: hai salvato tuo figlio. No, rispondo io. È diverso: è lui che ha salvato me». Il suo bimbo che nell’esercitazione “Penso e scrivo” svolta nella seconda classe della sua scuola Elementare lanciò l’allarme con la spontaneità dei suoi 7 anni: «Non mi piace quando fa male alla mamma». Quella mamma ha mostrato il quaderno con il temino sul papà ieri mattina ai giudici della seconda sezione penale del Tribunale di Brindisi (presidente Tea Verderosa), nel processo in cui è parte civile e che vede l’ex marito difendersi dall’accusa di maltrattamenti in famiglia, aggravati dalla presenza del figlio minore.
Minacce di morte
Fra gli episodi contestati, tre minacce di morte: avrebbe fatto trovare in casa una foto della ex trafitta da un coltello con in mezzo l’anello di fidanzamento. Ed al bambino avrebbe detto di stare preparando una bella sorpresa per sua madre. Infine alla donna le avrebbe riferito di stare giocando con il diavolo, mimando con la mano il gesto del taglio della gola. La donna è assistita dall'avvocato Michele Iaia e l'imputato è difeso dall'avvocato Raffaele Missere.
Questa giovane donna residente in un comune della provincia di Brindisi ha raccontato la degenerazione del rapporto coniugale e la scelta di andarsene da casa per tutelare il suo bambino: «Ho preso questa decisione nel momento in cui mi sono resa conto che sistematicamente alzasse le mani davanti a nostro figlio.
Le parole della donna
La storia di questi maltrattamenti in corso di accertamento nel processo di primo grado si intreccia - ha riferito la donna ed è riportato nel capo di imputazione del pubblico ministero Luca Miceli - con un costume che attraversa e condiziona ormai da anni la vita di centinaia di famiglie pugliesi: l’assuefazione al consumo di droghe. Cocaina, marijuana ed hashish soprattutto, brand delle organizzazioni criminali di stampo mafioso su cui si sono consumate e continuano a consumarsi guerre sanguinose: «Non è mio marito, non è possibile, mi sono cominciata a chiedere nell’estate del 2021», ha raccontato la donna. «Gran lavoratore, beveva solo caffè e non toccava alcolici. Avevo avuto un problema di salute e lui mi aveva accompagnato a Milano per sottopormi alle cure in un centro specialistico. Poi di colpo cambiò. All’inizio credevo fosse depressione, per questo tornai a casa altrimenti non ci avrei mai messo più piede. Poi scoprii che era diventato cocainomane».
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