Cittadella, scommessa sul nucleare
Sì alla candidatura per il bando Enel

Cittadella, scommessa sul nucleare Sì alla candidatura per il bando Enel
di Francesco RIBEZZO PICCININ
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Venerdì 19 Gennaio 2018, 06:25 - Ultimo aggiornamento: 12:00
Via libera ieri da parte della giunta regionale, a pochi giorni dalla scadenza, alla candidatura del Centro ricerche della Cittadella della ricerca di Brindisi al bando Enel per ospitare il progetto internazionale sulla fusione nucleare “Divertor Tokamak Test”. Una possibilità importantissima per il territorio, per la quale la Regione Puglia metterà a disposizione i 25 milioni di euro richiesti come contributo minimo più altri cinque per poter guadagnare ulteriori punti. La concorrenza, infatti, è spietata.
Il candidato più insidioso per Brindisi è senza dubbio il Centro ricerca Enea Frascati, appena fuori Roma, che si occupa già di questo tipo di studi. In lizza, tuttavia, ci sono anche l’Emilia Romagna (supportata anche dalla Toscana) con il Centro ricerca del Brasimone, il Piemonte con gli stabilimenti della ex Gaiero di Casale Monferrato, la Liguria con le aree ex Ferrania a Cairo Montenotte.
Gli enti territoriali coinvolti, in questo caso oltre alla Regione anche la Provincia ed il Comune di Brindisi, dovranno anche mettere a disposizione, secondo il bando, tutta l’area per la costruzione della “Dtt Facility” e cederne la proprietà ad Enea, oltre ad impegnarsi a realizzare tutte le opere di urbanizzazione primaria necessarie e ad estendere la linea elettrica fino ad una capacità di carico di 300 megavoltampere.
Condizioni stringenti ma il Divertor Tokamak Test fa gola a tanti. Si tratta, infatti, di un’occasione da 500 milioni di investimenti, tra pubblico e privato, e oltre 1.800 posti lavoro, tra diretti e indotto, per un ritorno da almeno due miliardi di euro.
Il progetto punta a realizzare in Italia un polo scientifico-tecnologico tra i più avanzati al mondo per dar vita a un’infrastruttura strategica di ricerca sulla fusione nucleare con lo sviluppo di tecnologie innovative per la competitività dell’industria nazionale. Ideato dall’Enea in collaborazione con diverse altre istituzioni scientifiche e universitarie, il progetto Dtt nasce come anello di collegamento tra i grandi progetti internazionali di fusione nucleare, ovvero “Iter” e “Demo”, il reattore che dopo il 2050 dovrà produrre energia elettrica da fusione nucleare, per fornire risposte, scientifiche, tecniche e tecnologiche a problematiche grande rilievo quali la gestione dei grandi flussi di potenza prodotti dal plasma combustibile e i materiali da usare come “contenitore” a prova temperature elevatissime.
Materialmente, il Divertor Tokamak Test sarà un cilindro ipertecnologico alto 10 metri con raggio 5 metri, all’interno del quale saranno confinati 33 metri cubi plasma alla temperatura di 100 milioni di gradi, con una intensità di corrente da 6 milioni di ampere e un carico termico sui materiali fino a 50 milioni di watt per metro quadrato. Mentre il plasma “scaldato” lavorerà ad oltre 100 milioni di gradi, i 26 chilometri di cavi superconduttori in niobio e stagno e i 16 chilometri in niobio e titanio, distanti solo poche decine centimetri, saranno a 269 gradi sotto zero. Proprio grazie a questi materiali superconduttori di ultima generazione, realizzati dall’Enea in collaborazione con l’industria di settore, il plasma raggiungerà una densità di energia confrontabile a quella del futuro reattore.
 
Come detto sono in molti a puntare ad ospitare l’esperimento, che durerà oltre vent’anni. Innanzitutto per i posti lavoro, visto che il Tokamak richiederà almeno 270 addetti per la costruzione e 500 per la sperimentazione, ai quali si aggiungeranno rispettivamente 350 e 750 posti nell’indotto terziario. Gli effetti dell’infrastruttura si protrarrebbero, si prevede, per almeno 25 anni dopo l’entrata in funzione.
Il governo sostiene il progetto garantendo per il prestito da 250 milioni euro mentre il Ministero per lo Sviluppo economico, il Ministero dell’Istruzione, dell’università e della ricerca e l’agenzia Eurofusion hanno già deliberato lo stanziamento dei finanziamenti, rispettivamente 40, 40 e 60 milioni euro, ai quali vanno aggiunti altri ottanta milioni di finanziamenti nazionali, almeno 25 milioni che dovranno essere garantiti dalla Regione che ospiterà i laboratori (la Puglia ne metterebbe a disposizione 30) e contributi dalla Repubblica Popolare Cinese, partner scientifico del progetto, per circa 30 milioni di euro.
Il sito scelto per ospitare l’esperimento sarà reso noto il 15 marzo.
 
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