Dopo la caduta niente più Corpus a cavallo, l'arcivescovo: «Quanto affetto»

Dopo la caduta niente più Corpus a cavallo, l'arcivescovo: «Quanto affetto»
di Elda DONNICOLA
3 Minuti di Lettura
Venerdì 15 Giugno 2018, 06:50
BRINDISI - Visibilmente provato, ancora dolorante e convalescente ma profondamente addolcito dall’enorme vicinanza ed affetto che ha ricevuto dal 3 giugno ad oggi, giorno del Corpus Domini che gli è costata una rovinosa caduta da cavallo, da qualche giorno l’arcivescovo di Brindisi-Ostuni Domenico Caliandro è tornato a casa. L’intera comunità si è stretta attorno al padre della chiesa locale. Decine e decine di messaggi gli sono stati recapitati negli ultimi dieci giorni, anche dalla Diocesi di Nardò-Gallipoli dove è stato prima di arrivare a Brindisi e persino dalla Diocesi di Ugento dove era stato prima ancora. Non vi è chi non abbia saputo della rovinosa caduta da cavallo di monsignor Caliandro nel corso della processione del Corpus Domini a Brindisi, unica città dove la processione con il simulacro del Santissimo si svolge a cavallo.
Malgrado i suoi 72 anni ancora da compiere e qualche problema di salute, l’arcivescovo non se l’era proprio sentita, almeno fino ad allora, di abolire una tradizione così cara ai brindisini e anche per questa edizione, con grande sforzo, aveva deciso di salire sul cavallo, di abbracciare con la sua veste il simulacro del Santissimo e di far partire il corteo dei fedeli per le vie della città. Solo pochi passi e al primo piccolo scossone del cavallo in via Montenegro, la cinghia che manteneva la sella si è spezzata causando la caduta del vescovo, il successivo trasporto in ospedale, cinque costole rotte e una sesta compressa. «Sono stato molto male – racconta adesso monsignor Caliandro – solo oggi per la prima volta sono riuscito ad alzarmi e a muovere qualche passo, ma è stato davvero molto doloroso, le costole rotte sono dolorosissime». Monsignor Caliandro, in quel momento, non si è reso conto che ci fosse qualcosa che non andava, in caso contrario avrebbe chiesto aiuto. «Non mi sono accorto di niente – dice –, ricordo solo che ho sentito il cavallo che si torceva malgrado fosse un animale particolarmente docile. Tutto è accaduto in un attimo e sono caduto per terra». Peccato che non ci fosse stato qualcuno nelle immediate vicinanze quantomeno per attutire il colpo. «La cinghia si è completamente spezzata – conferma monsignor Caliandro – me l’hanno fatta vedere. In realtà quella sella andava ingrassata con qualche unguento, era una sella che aveva 60 anni e non era mai stato fatto. Io stesso ci avrei dovuto pensare, sono stato superficiale, mio padre me lo aveva insegnato che i finimenti vanno ingrassati. Non avendolo fatto, il cuoio con il passare del tempo è divenutato sempre più duro, come un cartone, e alla fine non ha più retto».
Caliandro è stato inondato da manifestazioni di affetto. «Ringrazio tutti di vero cuore – afferma con un pizzico di commozione – ho ricevuto tantissimi messaggi anche da Gallipoli e dai sacerdoti di Ugento. Anche in ospedale ho ricevuto un grande sostegno da parte di tutti i medici e dal personale tutto, ringrazio tutti con affetto».
A preoccupare l’arcivescovo sin dai primi momenti dell’incidente è un appuntamento che lo attende per il 28 giugno. «Devo ordinare quattro sacerdoti, tre della nostra Diocesi e uno di Guagnano – dice – è molto importante, spero di farcela, farò di tutto per farcela». Per ora è ancora tempo di riposo e di convalescenza per l’arcivescovo ancora dolorante, ma sul prossimo Corpus Domini c’è già un punto fermo, è evidente che monsignor Caliandro non salirà più a cavallo. «Ho ricevuto un ammonimento da parte dei vescovi che si sono riuniti per l’occasione – rivela – ritengono che sia giunta l’ora di abolire questa tradizione. Per quanto mi riguarda con i miei consiglieri studierò una forma alternativa magari utilizzando una carrozza o un calesse e se non sarà possibile porterò il Santissimo a piedi come si fa in tutte le altre città».
© RIPRODUZIONE RISERVATA