Dal fascismo leccese alla marcia su Roma (in un libro)

Dal fascismo leccese alla marcia su Roma (in un libro)
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Lunedì 29 Ottobre 2018, 12:36
La memoria non è mai troppa. E a volte certi amarcord si impongono proprio, soprattutto in tempi in cui il Falso fa strage del Vero e la Storia rischia appunto di essere sopraffatta dagli artifici della rielaborazione mendace, della ricostruzione tendenziosa, della riscrittura capziosa. Insomma, una ristampa di quel volume pubblicato nel 1977 per spiegare quello che fu il fascismo leccese - quello sociale e nobile delle origini si imponeva anch'essa. E Ruggero Vantaggiato, intellettuale della Destra leccese cui non fanno difetto né la memoria né la capacità di farne oggetto di riflessione, l'ha fatto: l'ha ristampato. E distribuito in tutte le librerie ed edicole leccesi. Per ricordare com'erano Lecce e il Salento perché il libro offre uno spaccato approfondito delle condizioni sociali ed economiche della provincia - e per ricordare com'era la politica, già allora divisa tra slanci ideali e militanze di comodo.
Note sul fascismo leccese dalle origini alla marcia su Roma (1919-1922) ha insomma rivisto la luce in una versione arricchita da cospicua documentazione fotografica. Il libro, è noto, è il frutto del rapporto personale e professionale tra l'autore e don Ernesto Alvino nella redazione del settimanale Voce del Sud, fondato dallo stesso Alvino e da lui diretto fino al 1980. Alvino era stato corrispondente leccese del Popolo d'Italia e nel 1919 aveva lanciato tra i suoi compagni di scuola l'idea di un Fascio studentesco, proprio mentre D'Annunzio arringava i suoi accoliti per l'occupazione di Fiume e il Partito Socialista raggiungeva i suoi massimi consensi.
Le drammatiche condizioni di vita dei contadini e di tutti coloro che non appartenevano all'aristocrazia latifondista e alla ricca borghesia salentina erano il terreno di combattimento di quei ragazzi che, attraverso l'entusiasmo che caratterizzò la prima fase del fascismo in Italia, pensavano davvero di contribuire a cambiare l'Italia e a migliorare le condizioni di vita di quei disgraziati proletari il cui lavoro era comunque l'elemento fondativo dell'economia salentina. Ma, dopo la marcia su Roma, il fascismo aveva mutato pelle ed era divenuto appannaggio proprio di coloro che erano responsabili dello sfruttamento e della povertà di tanta povera gente. Così Alvino fu espulso con i suoi amici diciannovisti dal partito dai nuovi arrivati e la Storia del Salento si incamminò su un binario diverso, confermando la teoria verghiana dei vinti che non vincono mai. L.Ces.
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