Produttore, artista, talent scout, Arnò si racconta: «Sono un musicista scomponibile»

Produttore, artista, talent scout, Arnò si racconta: «Sono un musicista scomponibile»
di Ilaria MARINACI
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Sabato 3 Novembre 2018, 19:17 - Ultimo aggiornamento: 19:24
Entrainment vuol dire riuscire a vibrare sulla stessa frequenza. Condividere, in sostanza, un'emozione, entrare in sintonia con chi ascolta. Sia pure per i 30 secondi di uno spot pubblicitario. Ferdinando Arnò fa questo di mestiere: insegue le emozioni. Autore e produttore pluripremiato di musiche per la pubblicità e di canzoni che hanno conquistato le classifiche, ma anche abile talent scout, è partito da Manduria giovanissimo per andare a studiare negli States e poi fondare a Milano una casa di produzione fra le più note, la Quiet, please!
Da pochi giorni è uscito in radio il singolo Dream on me, scritto a quattro mani con Joan As Police Woman, la compagna di vita di Jeff Buckley, e presto sarà pubblicato anche O Filho Do Recluso, realizzato con Maro, astro nascente della nuova musica d'autore portoghese. Nel frattempo, Arnò sarà protagonista l'8 novembre al Museo della Scienza e della Tecnologia Leonardo Da Vinci di Milano con una performance meditativa in cui il flusso musicale annullerà le barriere con il pubblico. Il titolo neanche a dirlo è Entrainment, lo stesso del libro fotografico in uscita il 13 novembre dove molti scatti sono dedicati ai suoi studi milanesi, frequentati da star del calibro di Kanye West e Justin Bieber. «Questo libro - spiega Arnò - vuole essere solo una fotografia di quello che sono adesso. Non un racconto celebrativo, ma una descrizione della mia arte».
Come ama definirsi, visto che fa tante cose?
«Bruno Lauzi parlava di musicista scomponibile ed è una definizione in cui mi ritrovo. Faccio fatica a concentrarmi su una cosa sola e mi annoio velocemente. Ma la mia principale professione è quella di musicista pubblicitario, realizzo colonne sonore bonsai per gli spot, una musica funzionale che deve saper comunicare emozioni in sincrono con le immagini e quello che il brand cliente vuole dire».
Un esempio è l'ultimo spot della Tim con il ballerino tedesco Sven Otten, dietro il quale c'è proprio lei.
«Esatto. È iniziato tutto in maniera un po' curiosa: la figlia del direttore marketing di Tim ha fatto sentire al padre quella musica, poi con il ballerino (di cui curavo il management) siamo andati a trovarlo e abbiamo finito per occuparci di tutto lo spot, venduto anche all'estero e diventato uno dei più importanti del gruppo».
Attraverso la pubblicità, lei ha scovato talenti, fra cui Giovanni Allevi. Com'è andata con lui?
«Ho scelto un suo brano per la pubblicità della Bmw e da lì la sua carriera è decollata. Lui era soddisfatto anche perché si trattava di uno spot di una certa caratura con la regia di Spike Lee. Insomma, un ottimo prodotto pure sotto il profilo artistico».
Un altro talento che le deve molto è Malika Ayane.
«Lavorava da me, sceglievamo insieme le canzoni per la pubblicità. Ma ha sempre avuto una voce bellissima e ogni tanto le facevo cantare qualche pezzo. Un paio li ho inviati a Caterina Caselli, che le ha fatto un contratto per cinque album. Quei bonsai pubblicitari, allungati, sono diventati i brani del primo: Feeling better, Sospesa, Ricomincio da qui. I primi due dischi di Malika li ho scritti quasi interamente io, tranne una canzone di Paolo Conte e un'altra di Giuliano Sangiorgi».
Da Dream on me con Joan As Police Woman, cosa si aspetta?
«Mi piacerebbe che conquistasse una piccola sacca di gente in tutto il mondo. È un brano di respiro internazionale».
Torna spesso in Puglia?
«Ho una casa fra Manduria e Avetrana e mi sento anche un po' salentino. Ci torno un paio di settimane d'estate, anche se negli ultimi anni ho trovato la Puglia molto affollata. Il resto dell'anno vivo a Milano, una città bella, interessante e tollerante. Sono stanziale, un po' alla Emilio Salgari che parlava del mondo, pur stando a Torino. Viaggio tanto ma poi torno sempre a Milano».
Il suo studio è un posto avveniristico. A cosa si è ispirato?
«A 2001: Odissea nello spazio di Stanley Kubrik, un film che mi aveva colpito sin da bambino, quando sono andato a vederlo a Manduria con mia nonna. Ma mi porto dietro sin da piccolo anche la passione per i film di James Bond. Nel mio studio ho cercato di ricreare quell'ambientazione, un po' vintage ma anche futuristica. Un future-retrò, diciamo così».
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