Carmelo Bene e le sue interviste che sfidavano i media, ecco il libro di Buoncristiano e Primosig edito da Il Saggiatore

Carmelo Bene e le sue interviste che sfidavano i media, ecco il libro di Buoncristiano e Primosig edito da Il Saggiatore
di Franco UNGARO
5 Minuti di Lettura
Mercoledì 14 Dicembre 2022, 05:00 - Ultimo aggiornamento: 18 Febbraio, 03:52

Se hai trovato una risposta a tutte le tue domande, vuol dire che le domande che ti sei posto non erano giuste” scriveva Oscar Wilde e questo suo pensiero obliquo e paradossale può essere una ottima pista per immergersi nella lettura delle 416 interviste, non tutte, rilasciate da Carmelo Bene ai giornalisti nel corso della sua straordinaria carriera artistica. Con il titolo “Si può solo dire nulla”, quelle interviste sono state raccolte in un volume di oltre 1700 pagine curato da Luca Buoncristiano e Federico Primosig per Il Saggiatore. 

Il libro


Le risposte di Bene aprono ogni volta varchi a nuove domande in un gioco piacevolissimo e un equilibrio mobile tra verità ed eresia, tra sincerità e paradosso, tra affermazioni, smentite e antinomie, dove, come scrive Luca Buoncristiano nella introduzione, «la menzogna serve a preservare la verità». 
Una impresa monumentale e meritoria di documentazione che ha richiesto anni di ricerca e di lavoro e che fa il paio con la pubblicazione delle “Opere.

Con l’autografia d’un ritratto”, 1560 pagine, edito da Bompiani nel 1995 nella collana dei Classici con l’artista ancora in vita. Entrambi i volumi testimoniano l’unicità e la grandezza, irraggiungibile, del genio, la sua immensa cultura che spazia dagli antichi Greci e dai classici all’arte e alla filosofia del Novecento, il coraggio con cui demolisce e innova le fondamenta del teatro e lo statuto dell’arte dell’attore, la ricerca sulla phonè e la macchina attoriale, il viaggio inedito e pioneristico che compie attraversando i differenti linguaggi del cinema, del teatro, della poesia, della letteratura, della televisione, la difficoltà se non l’impossibilità di spiegare con le parole , quelle scritte e quelle dette, il miracolo della sua arte e della creazione artistica, le inquietudini e le ossessioni che abitavano il suo corpo e i suoi pensieri, il rapporto mai risolto con la critica e con i critici messi a dura prova dal rigore e dalla complessità e dalle sovrapposizioni semantiche delle sue risposte mai scontate e banali, sempre appostate per rilanciare interrogativi e orizzonti nuovi di ricerca.

Le Interviste


Quì fanno bella mostra le interviste dei critici e degli intellettuali più autorevoli della scena teatrale e culturale, da Franco Quadri a Franco Cordelli, da Goffredo Fofi a Piergiorgio Giacchè, da Oreste del Buono a Giancarlo Dotto, da Maurizio Porro a Renato Palazzi, da Ugo Volli a Anna Bandettini, da Mario Luzi a Red Ronnie e Aldo Busi. 
Tanti i titoli ad effetto che sicuramente facevano tanto divertire Carmelo Bene: “Per il Ministero dello Spettacolo non è bene chiamarsi Bene”, “Il mio film? Il migliore”, “Il sesso? Un lavoro come un altro”, “Sono presuntuoso e me ne vanto”, “Carmelo Bene minaccia di uccidere il critico che gli ha negato un premio”, “Carmelo Bene non sono io”, “Zeffirelli? Ha una sola scusa: non esiste”, “Tutto Bene, male gli altri”, “Mi piacciono morte (le donne)”, “Io come Dio”, “Io la musica del nulla”, “Io sono il Cassius Clay del teatro” etc etc. Prevalgono ovviamente le interviste rilasciate a testate giornalistiche del Centro e Nord Italia nei cui teatri Bene presentava i suoi spettacoli (poche sulla stampa estera) e tuttavia quelle fatte dai giornalisti di Quotidiano di Lecce, della Gazzetta del Mezzogiorno e dei Quaderni del Cut di Bari rendono conto in maniera stringente del rapporto non pacificato di odio-amore che Bene aveva col Sud e col Salento.


E non sembrano per nulla inattuali le interviste di Antonio Maglio, che è stato direttore di Quotidiano, sulla tempestosa cerimonia di consegna delle chiavi della città voluta dall’allora Sindaco di Campi Salentina Egidio Zacheo, accompagnata dalle proteste rumorose dei cittadini, più interessati a chiedere lavoro che a riconoscere il genius loci. Maglio scrisse anche della turbolenta relazione sentimentale di Bene con Raffaella Baracchi come anche delle violente divisioni nate in seno alla amministrazione comunale di Otranto che voleva dargli la cittadinanza onoraria e scrisse dell’Immemoriale, un centro di cultura e di ricerca che Bene avrebbe voluto creare nella sua casa di Otranto. E dalle stesse pagine di Quotidiano Vito Luperto si occupò del conflitto, con appendici giudiziarie, scatenatosi con il Consiglio direttivo della Biennale Teatro di Venezia e che portò Carmelo Bene, lasciato senza finanziamenti, ad abbandonare l’incarico di direttore. Rosanna Metrangolo ne registrò la delusione riguardo i lavori di ristrutturazione effettuati nel Teatro Paisiello considerato dai leccesi una bomboniera laddove invece il cemento aveva sostituito il legno annullando ogni qualità di risonanza fonica. «Metteteci i confetti nella bomboniera», disse Bene, accusando i leccesi di micromegalomania, una invenzione linguistica mai così calzante per una città schiava del provincialismo. 
Eppure dentro le interviste di Quotidiano come dentro quelle de La Gazzetta del Mezzogiorno fatte da Egidio Pani, da Oscar Iarussi, Piergiorgio Giacchè e Pasquale Bellini si va oltre la semplice cronaca culturale perché Bene fa emergere la sua collocazione extratemporale, «consideratemi eterno», «sono fuori dalla storia», così rispondeva alle domande. ‘Campi per me è la terra-madre, Otranto il mio rifugio. Non si può rinnegare la madre, non si può non avere un riparo’, ‘la mia febbre è a Copertino’. E’ da quelle interviste che il Sud del Sud dei santi emerge con il suo immaginario mitico e mitologico, con San Giuseppe da Copertino che diventa icona del Sud azzoppato che ha bisogno di volare. Quel Sud eretico o ‘minorato’, come lo chiamava Deleuze, che resiste (resisteva) alla normalizzazione e all’omologazione. 

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