Donne, riti, incantesimi: il ritorno delle streghe nella notte di San Giovanni

Un'illustrazione di Marina Girardi
Un'illustrazione di Marina Girardi
di Maria Grazia DE DONATIS
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Domenica 24 Giugno 2018, 19:25
Secondo la tradizione popolare salentina, e non solo, ancora oggi nella notte di San Giovanni, il 24 giugno, avvengono prodigi, meraviglie e magie. Dall’Archivio Arcivescovile di Otranto del 1607 riscontriamo che il giorno della festa di San Giovanni Battista, a Galatina, alcune donne “molte volte con tamburelli” si recavano in alcune chiese o “in luoghi di periferia” e qui danzavano attirando l’attenzione di “giovani indevoti e otiosi” i quali minacciavano la “pudicità di molte donne” (le fonti segnalano che a Galatina la notte di San Giovanni avvenivano questi incontri tamburellanti e non il giorno di San Paolo).

È risaputo che la vigilia della festa le macàre salentine raccoglievano la ruta, erba considerata nel mondo magico la più influente, poi menta, timo, camomilla e l’erba appunto di San Giovanni. “Si riteneva che le erbe fossero battezzate dalla rugiada della notte, e venivano appese nella casa per garantire protezione per tutto l’anno”. Ma le macàre no, loro con le erbe ci dovevano fare le macarie (sortilegi), così rubavano l’olio santo dalla chiesa, ne facevano un intruglio e creavano uno “sciroppo” utilizzato per sciogliere le fatture.

Perché questi riti magici avvenivano e avvengono nel periodo di San Giovanni? Semplicemente perché è estate e la natura e la donna mostrano il pieno della loro prosperità, bellezza e abbondanza.

Invece chi non è allineato con la natura, con la bellezza e l’abbondanza vive quel momento di grande gaudio come una sciagura per sé, e da lì le “male intenzioni” e il “male occhio” a chi vive bene affinché viva male e spaventato.

Il malocchio è un’illusione, ma una illusione molto potente. L’illusione, in sostanza, che guardare storto (“male occhio”, appunto) una persona influisca suoi stati d’animo profondi. L’illusione che si possano inficiare stati d’animo profondi con intenzioni malevole. Questo è un mondo prevalentemente femminile, in quanto l’aspetto energetico della comunicazione non parlata appartiene alle donne. È il mondo dell’intelligenza non parlata, il mondo che si appropria della funzione fallica e lo fa attraverso un atto magico. Simbolicamente sostituisce il fallo con l’unguento, la pozione o un amuleto, ma sopratutto con l’atto magico.

Le magie hanno la funzione di creare un effetto fisico e affettivo. Solitamente augurano disgrazie e sciagure a chi è felice. È la cattiveria della donna sull’altra donna che si tramuta in malocchio, il livore e la strega della fiaba. Unguento, veleno, pozione come umore sono tutti simboli femminili usati per far sentire la propria volontà di dominio sull’uomo.

La donna lascia il segno con l’effetto della fattura: “Ecco, sono riuscita a fregarti, a farti male, non riesco a essere felice quindi l’unico potere che ho è quello di impedire a te di riuscirci creandoti il caos e in questo modo ti controllo”.

La donna in questo modo è influente, pensa di modificare gli eventi e la natura delle cose, il suo pensiero è quello di penetrare a distanza, fallicamente, seducendo di una seduzione malevola. La mela di Biancaneve è una seduzione malevola in quanto ti vuole ma ti vuole male. È invidia del “tu sì ed io no, e allora che ti venga un accidente!”.

Ma c’è qualcosa di vero in tutto ciò dal momento in cui il sortilegio vive da secoli? O sono solo fantasie che restano in un mondo di sogni e di intenzioni? L’intenzione è già azione o è tutto evanescente ed innocuo? Come mai se l’epoca delle streghe è finita ancora ne parliamo? Le fatture fanno effetto sull’affetto?

Naturalmente perché tutto questo abbia effetto bisogna essere d’accordo almeno in due, anche se nel malocchio solitamente si è in tre: l’aggressore agisce sulla vittima perché crede che la vittima gli abbia sottratto qualcosa o qualcuno. Diventa necessario essere d’accordo perché l’intenzione di maleficio possa colpire. Il maleficio fa effetto se la vittima è d’accordo. Il maleficio cessa di esistere solo quando la vittima del maleficio “scioglie” l’identificazione con l’aggressore: solitamente sono due donne a vivere questo incastro, simbolicamente una vecchia e cattiva e una giovane e bella. L’esaltazione della colpa e della sofferenza intorno alla signora anziana che controlla e domina su tutto il femminile, quindi anche sul maschile.

Si scioglie questa identificazione solo quando la vittima esce dalla gerarchia generazionale. Quella è la vera truffa, non il malocchio. Non è mai il potere materno che può dare o togliere, “così come ti ho fatto ti distruggo”, casomai è la natura che decide. Non un mondo dei fatti, come all’interno delle organizzazioni mafiose, ma un mondo di fatture: la logica costituente è la medesima.

Queste donne così violente come fanno a vivere se non sanno vivere? Se le donne stanno bene i malefici non entrano, basta con queste prepotenze, basta con queste isopatie, con questo modo di sentire le stesse cose che porta - per usare un’immagine forte - a far entrare scarafaggi dal tappo della doccia. Bisogna chiudere i buchi, è necessario armarsi di forza di volontà, di sforzo attivo. Basta con l’indigenza e la malattia che portano al senso di colpa per costringere a vivere tutti male. Ci sono donne che vogliono vivere bene e vivono bene.

Queste ingerenze colpiscono solo se creano effetto nell’affetto. Chi non è in grado di amare necessariamente nuoce all’altro. Ci sono affetti malati. Esistono persone che cercano gli effetti nella minaccia, nella malattia, nell’indigenza cercando di mettere in atto sabotaggi di successo: esse stanno male e vogliono far star male.

Bisogna tracciare la strada con la propria forza amorosa, una forza che non dipende più dal bisogno di dipendere ma dalla propria capacità di amare. L’unica pozione magica contro malocchio, macaria e fattura è: sentirsi. Se ci si sente, ci si sente bene. Se i tappi della doccia sono otturati le blatte non entrano. È necessario sentirsi sovrane nella propria vita. Rimettere i muscoli in forza. Soprattutto, ancora una volta, amare partendo solo dal rispetto di sé.


 
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