La cronaca della prima giornata

La cronaca della prima giornata
di Ilaria MARINACI
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Venerdì 25 Novembre 2016, 16:47 - Ultimo aggiornamento: 26 Novembre, 10:49

"Il Mezzogiorno nello spazio Euro-Mediterraneo, gli scenari globali e il piano italiano Industria 4.0": questo il tema del convegno di studi promosso dall'Associazione internazionale "Guido Dorso" in collaborazione con Obi e Il Nuovo Quotidiano di Puglia e in corso presso le Officine Cantelmo a Lecce.

 

Ecco come si sono svolti i lavori della prima giornata: dopo il saluto istituzionale della consigliera Simona Manca in rappresentanza della Provincia di Lecce, ha aperto i lavori - coordinati dal direttore di Quotidiano Claudio Scamardella - il presidente dell'associazione promotrice del convegno di studi, Nicola Squitieri, che ha ricordato, a 70 anni dalla morte, la figura di Dorso, storico, politico e studioso avellinese «che - sottolinea Squitieri - esprimeva tutte le sue più vive speranze per il tanto agognato riscatto delle genti del Sud». 
Sostenitore del meridionalismo rivoluzionario, Guido Dorso rappresenta la grande schiera di uomini che pensarono e operarono per il Sud. Secondo Squitieri, siamo ancora lontani dall'affermazione di una nuova classe dirigente che voglia risolvere - come auspicava Dorso - la questione meridionale. «Serve una politica fondata su una programmazione - afferma il presidente dell'Associazione intitolata a Dorso - seriamente studiata ed attuata in una serie di scelte nel campo dell'economia, della finanza pubblica, dell'istruzione e così via». 

Delio Miotti, dirigente della Svimez, parla di come il Mezzogiorno si può giocare ora la sua possibilità di sviluppo. «Finita la recessione, ci sono le condizioni per la ripresa, nonostante un calo di Pil del 15% negli anni della crisi. Il Mediterraneo - sottolinea Miotti - è tornato ad essere un'area mondiale dello sviluppo per quello che accadrà nei prossimi 50 anni. Ad oggi lo hanno capito solo i Cinesi che stanno investendo nei Paesi del Mediterraneo. L'Italia può giocarsi le sue carte. E lo potrà fare con la sua punta di diamante verso il Mediterraneo, che, non sembri un paradosso, è proprio il Mezzogiorno. Di fronte alle nostre coste c'è lo sviluppo. Europa e Cina tentano di scavalcarci ma noi abbiamo la materia prima e capacità che possono risultare decisive per recitare un ruolo di primo piano. Portualità e logistica possono essere determinanti». 

Secondo Antonio Corvino, direttore generale di Obi, «i cinesi sono arrivati prima a Taranto, siamo stati noi incapaci di trattenerli. È arrivato il momento di sciogliere i nodi che frenano lo sviluppo del Sud. I nostri porti stanno perdendo traffici e alcuni, come quello di Taranto, sono morti. Torniamo a ragionare sulle cose da fare. Abbiamo bisogno di una classe dirigente che sappia affrontare il riscatto del Sud. Chiudiamo il discorso delle lamentazioni e progettiamo un futuro che veda il Mezzogiorno protagonista. L'Italia per fortuna sta iniziando a contrapporsi alle politiche di austerità dell'Europa. Servono investimenti per scongiurare le previsioni che vogliono il Sud ancora troppo lento in prospettiva nel 2020. Abbiamo fatto una simulazione: inserendo le ipotesi di investimento su Taranto derivanti dal patto, il capoluogo ionico può crescere in modo significativo nel 2020 in termini di Pil. Il sistema economico è inceppato ma bisogna puntare sul manifatturiero, che sta reggendo meglio di altri settori. Infine, il rilancio del Sud conviene a tutti perchè il Sud è il primo mercato delle imprese del Nord».  

Per Massimo Lo Cicero (Università Suor Orsola Benincasa di Napoli), l'industria 4.0 che l'Italia sta per lanciare, i tedeschi l'hanno lanciata già nel 2003. «Le advanced economy (Cina, Giappone, Malesia) crescono ad un tasso doppio rispetto all'Italia. Nel 2014, il nostro Pil è tornato a crescere ma ora si sta di nuovo appiattendo perchè, secondo me, le riforme che chiede il governatore Mario Draghi sono di carattere economico, mentre noi ci siamo impantanati in una riforma di carattere costituzionale che ci sta dilaniando».  

Stefano De Rubertis, economista dell'Università del Salento, non è ottimista sul futuro. «Ci sono segnali di ripresa su scala nazionale - sottolinea - ma sul Mezzogiorno poco significativi, tant'è che continua a manifestare difficoltà evidenti anche allargando lo sguardo all'Europa. I dati dicono, però, che soffrono tutte le regioni italiane. Il Sud è, dunque, la coda dell'Europa all'interno di un Paese in declino. Non ce la faccio proprio ad essere ottimista. Le proiezioni al 2030 dicono che il Mezzogiorno sarà ancora più povero. Andrebbe fatto un busto agli imprenditori che decidono di investire nel Mezzogiorno, sono degli eroi irrazionali perchè il contesto è rischioso. L'Industria 4.O cosa pensiamo possa fare di fronte a questo Mezzogiorno? È difficile fare la quarta rivoluzione industriale avendo saltato le altre tre». 

Bacchetta la litigiosità fra gli enti locali a proposito dell'Autorità Portuale di Puglia l'economista Federico Pirro dell'Università di Bari. «Non è colpa di Delrio - afferma Pirro - che avrebbe voluto un'Autorità Portuale Unica per tutta la Puglia se il progetto non è andato a buon fine per la litigiosità fra gli enti locali. Bari ha poche banchine e movimenta la metà di quanto movimenta la sola Brindisi. Bastano e avanzano i porti di Brindisi e Taranto, quindi, ma l'ostinazione di Bari ci costringe ad avere due autorità distinte invece di un'unica multibanchina da Manfredonia a Brindisi».

Andrea Amatucci (Università Federico II di Napoli) punta l'attenzione sulla disuguaglianza fra atenei del Nord e del Sud. «Il ruolo dello Stato sancito dall'art. 3 della Costituzione - spiega - è quello di rimuovere gli ostacoli alla mancata partecipazione di tutti i cittadini allo sviluppo economico. L'obiettivo deve essere garantire uno sviluppo armonioso in tutte le aree del Paese. In base ai dati, invece, si sta verificando che la posizione del Mezzogiorno è penalizzata dall'attività legislativa. La distribuzione di risorse alle università è vitale per la continuità didattica al massimo livello. Oggi è tutta orientata a favore del centro nord, mentre gli atenei meridionali restano per lunghi anni senza poter chiamare professori ordinari. Questo ha comportato come conseguenza che al Sud si registra un calo di iscritti. Viene meno, quindi, il principio di uguaglianza. Serve piano di sviluppo veloce come avvenne dopo il secondo conflitto mondiale».  

Cesare Imbriani (Università La Sapienza di Roma) sostiene che non serve una politica emergenziale ma strategie di sviluppo che consentano al Sud di salvarsi. «Oggi purtroppo il Sud continua a pagare un doppio ritardo, interno (con il Nord) ed esterno (con i Paesi più sviluppati). Quale politica per rilanciare il meridionalismo? Certo non con una governance europea che tagliando i fondi aumenta le diseguaglianze. Ci vengono imposti vincoli di bilancio che rappresentano un freno per la ripresa. Finanziare i processi di innovazione tecnologica è indispensabile, invece, per consentire alle aziende di essere competitive. È una rivoluzione quella in corso, e potrebbe essere un buon inizio. Industria 4.0 piace agli imprenditori, in quanto prevede decontribuzioni  e incentivi significativi per frenare la deindustrializzazione. È l'ultima chiamata e dobbiamo agganciarci».

Dopo aver ascoltato tre case history di imprenditoria virtuosa con gli interventi di Roberto Fatano (Ceo Interfrutta), Ottavio Larini e Valentino Russo (South Agro - Start Cup Puglia 2016) e Luigi Snichelotto (Ceo Community Cooking Leader), chiude l'assessore allo Sviluppo Economico della Regione Puglia, Loredana Capone. «Contesto lo stereotipo del Nord dove va tutto bene e Sud dove va tutto male. Qui abbiamo creato un tessuto favorevole alla nascita di start up e abbiamo tanti ragazzi con buone idee. Ma come ci colleghiamo al piano Industria 4.0? Secondo i dati, per la prima volta il Sud cresce più del Nord e l'occupazione cresce in Puglia più che altrove. Noi non diamo incentivi alle imprese se non investono in ricerca e innovazione tecnologica e se licenziano lavoratori per delocalizzare. Così facendo abbiamo fatto tornare Natuzzi dalla Romania e oggi investe in Puglia, riassumendo lavoratori in newco. Si torna ad investire in Puglia perché qui gli incentivi vengono dati su base valutativa».

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