Elezioni 2018, non c'è la maggioranza: spiraglio solo al Senato

Elezioni 2018, non c'è la maggioranza: spiraglio solo al Senato
di Marco Conti
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Lunedì 5 Marzo 2018, 06:27 - Ultimo aggiornamento: 6 Marzo, 00:09

Un testa a testa inaspettato, se non un sorpasso, che la conta nei collegi potrebbe far risultare drammatico per gli azzurri. Tra Forza Italia e Lega la sfida è aspra. Il risultato andrà analizzato collegio per collegio, ma svanita la possibilità di vittoria della coalizione, la sfida ora si proietta su se e come allargare l'alleanza per permettere la costruzione di una maggioranza e di un governo. 


LA FRANA
Finita l'era del centrodestra berlusconiano, le percentuali di ieri consegnano un'alleanza a doppia guida Berlusconi-Salvini con la Meloni che potrebbe non essere dispiaciuta del riequilibrio tra i due big e del ruolo di ago della bilancia. Il testa a testa, se non il sorpasso della Lega, archiviano la prospettiva delle larghe intese FI-Pd. I numeri non ci sono, ma più per la frana azzurra che per l'attesa sconfitta del Pd.
Berlusconi ha seguito ieri da Arcore i dati elettorali. Il Cavaliere non si è risparmiato in questa campagna elettorale che è convinto aver dovuto affrontare con «un braccio legato dietro alla schiena». Tutta colpa della legge Severino che ha reso l'ex premier incandidabile e quindi leader solo virtuale dell'alleanza. «Più di questo non potevo fare», il commento del Cavaliere che si era posto il fine di fermare i grillini. Obiettivo raggiunto solo a metà e non solo per la percentuale del M5S, ma anche per il testa a testa con la Lega.

LA FASE
Insieme i partiti del centrodestra hanno una percentuale superiore al M5S ed è possibile che il Quirinale decida di partire con la coalizione più forte nel tentativo di formare il governo. Segnali importanti per valutare la compattezza del centrodestra si coglieranno al momento della elezione dei presidenti delle Camere, ma il passaggio decisivo si consumerà nella fase delle consultazioni. Nei prossimi giorni è probabile che i tre decidano di vedersi, ma se si valutano le dichiarazioni precedenti la campagna elettorale le opzioni di FI, Lega e FdI potrebbero essere diverse. Berlusconi ha sempre considerato i grillini come il pericolo numero uno e «un disastro per il Paese». Non così Salvini che aveva addirittura promesso di fare a Grillo la prima telefonata qualora al centrodestra fossero mancati pochi voti per governare. La Meloni ha combattuto sino all'ultimo l'inciucio, al punto di aver proposto un patto a tre, ma svanito quello FI-Pd potrebbe ora proporsi l'inciucio sovranista tra M5S e Lega.

Cercare di mettere insieme una strategia unitaria e un possibile presidente del Consiglio da proporre eventualmente al capo dello Stato Sergio Mattarella, potrebbe essere molto complicato per il Cavaliere che nei vent'anni precedenti ha sempre giocato in prima persona e senza doversi troppo adeguare ai desideri degli alleati. Senza proposta unitaria c'è il rischio che il cerino passi al M5S in quanto primo partito del Paese. Alla proposta grillina, FI, Pd e Lega dovranno dare una risposta. Le reazioni a caldo, seguite alla pubblicazione degli exit poll, sembrano negative. Pd e FI negano l'alleanza con i 5S, ma devono fare i conti con un possibile ritorno alle urne che potrebbe essere ancor più deleterio anche per le rispettive leadership. La disponibilità della Lega pre-campagna elettorale non è detto però che valga ancora. Anche perché i risultati di ieri sera consegnano un Paese profondamente spaccato con due forze sovraniste di fatto vittoriose: la Lega al Nord e il M5S nel mezzogiorno.

Una spaccatura geografica dell'Italia che nelle passate consultazioni il centrodestra componeva al proprio interno con la Lega forte al Nord, al centro la destra di An e FI prevalente al Sud. Il successo grillino nel meridione non solo ridimensiona FI, ma accende una competizione tra partiti sovranisti che tuttavia difficilmente riusciranno a comporre una maggioranza per dar vita a un governo.

In attesa dei risultati reali, ieri sera ad Arcore ci si interrogava sulle possibili mosse degli alleati anche in vista dell'elezione dei presidenti delle Camere. Ma soprattutto le domande su quale governo dare al Paese ed evitare un ritorno a breve alle urne che il Cavaliere teme, anche se dovesse tornare candidabile.

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