Punta Perotti, la Corte europea condanna l'Italia. Salvini: «Chiudere certe istituzioni»

Punta Perotti, la Corte europea condanna l'Italia. Salvini: «Certe istituzioni andrebbero chiuse»
Punta Perotti, la Corte europea condanna l'Italia. Salvini: «Certe istituzioni andrebbero chiuse»
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Giovedì 28 Giugno 2018, 12:04 - Ultimo aggiornamento: 30 Giugno, 10:11

Violato il diritto alla proprietà privata. E' la sintesi della sentenza della Corte europea dei diritti umani di Strasburgo, che con una decisione non appellabile, ha stabilito che le autorità italiane non avrebbero dovuto procedere con la confisca di numerosi terreni per costruzione abusiva senza una previa condanna dei responsabili: la sentenza riguarda Punta Perotti(Bari), Golfo Aranci (Olbia), Testa di Cane e Fiumarella di Pellaro (Reggio Calabria). La volontà di salvaguardare l'ambiente e i bellissimi paesaggi italiani è nobile, giusta e condivisibile. Ma quest'obiettivo deve essere raggiunto rispettando tutti i diritti delle parti in causa. Cosi può riassumersi la posizione della Corte europea dei diritti umani che oggi per la terza volta ha condannato l'Italia per la confisca di terreni dove, secondo le autorità, si era costruito abusivamente o lo si sarebbe fatto in un futuro prossimo.

Puntuale è arrivata la reazione del ministro dell'Interno e vicepremier Matteo Salvini. «La Corte di Strasburgo condanna l'Italia e difende gli eco-mostri e la cementificazione selvaggia? Ennesima prova del fatto che certe istituzioni dovrebbero essere chiuse».

A ogni modo, questa volta a vincere contro il Belpaese sono state quattro società (Giem Srl, Hotel Promotion Bureau Srl, Rita Sarda Srl e Falgest Srl) e Filippo Gironda, proprietario al 50% di uno dei terreni. Le proprietà su cui i togati di Strasburgo hanno deciso sono un appezzamento di 10.365 metri quadri a Punta Perotti, adiacente a quello dove sorgeva l'eco mostro (per la cui confisca l'Italia è stata condannata a Strasburgo nel 2009), un terreno di 33 ettari a Golfo Aranci e dei terreni - in tutto 11.870 metri quadri - a Testa di Cane e Fiumarella di Pellaro, in Calabria. I giudici di Strasburgo hanno condannato l'Italia per la violazione della proprietà privata di tutti e cinque i ricorrenti, definendo la misura di confisca messa in atto nei loro confronti «sproporzionata». Tuttavia non hanno stabilito la cifra che l'Italia dovrà versargli come risarcimento, anche per dare tempo - tre mesi - al governo e i ricorrenti di raggiungere un accordo sull'ammontare.

La condanna per la violazione del diritto al rispetto della proprietà privata discende direttamente da altre violazioni. I giudici hanno stabilito che le quattro società «non sono mai state imputate in alcun processo per abusivismo» in quanto la legge in vigore non lo consentiva e quindi l'Italia ha violato il principio di «nulla poena sine lege». Una violazione che a differenza della sentenza Varvara (2013) la Corte dice che Filippo Gironda non ha subito. Nel suo caso la Corte afferma che l'Italia non ha rispettato il diritto alla presunzione d'innocenza. L'uomo, dice la Corte «è
stato dichiarato colpevole, in sostanza, dalla Corte di Cassazione, nonostante il processo per il reato imputatogli
fosse finito per prescrizione».

I togati di Strasburgo affermano anche che l'applicazione automatica della confisca in caso di abusivismo prevista dalla legge italiana «è chiaramente inadatta dato che non permette ai tribunali di definire quali strumenti sono più appropriati rispetto alle circostanze specifiche».


 



Le reazioni alla sentenza di condanna non si sono fatte attendere. I legali delle società proprietarie dei terreni a
Golfo Aranci hanno detto di essere pronti ad avviare la procedura per la restituzione degli immobili, mentre uno dei
soci della Falgest, Giuseppe Falduto, pur rilevando che giustizia è stata fatta denuncia che gli immobili sul terreno
confiscato sono stati vittime di gravi vandalismi e che i danni economici subiti sono ingenti.
Anche il presidente della Regione Puglia, Michele Emiliano, ha affermato che la sentenza è «corretta», mentre Ciafani (Legambiente), ha posto l'accento sul fatto che restano ancora tanti ecomostri. 

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