«Assenti al lavoro per arrotondare con il volontariato». A processo infermiera e due dipendenti pubblici

«Assenti al lavoro per arrotondare con il volontariato». A processo infermiera e due dipendenti pubblici
di Mino Marinazzo
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Mercoledì 20 Giugno 2018, 14:07 - Ultimo aggiornamento: 14:08
Si fingevano ammalati, o facevano risultare parenti in cattive condizioni di salute, per non andare al lavoro ed arrotondare così lo stipendio facendo volontariato nelle associazioni convenzionate con il servizio 118? Ci sarà un processo. Per stabilire se tre dipendenti pubblici rispondano di truffa e falso. Ossia delle ipotesi di reato contestate dal pubblico ministero della Procura di Lecce, Massimiliano Carducci.
Prima udienza al via il 21 settembre prossimo con il giudice della seconda sezione penale, Silvia Saracino, ha stabilito ieri il giudice per l’udienza preliminare Edoardo D’Ambrosio. Imputati A.B, 48 anni, di Galatina, dipendente pubblico (difeso dall’avvocato Giuseppe Bonsegna); A.G., 35 anni, di Salice Salentino, infermiera della Asl (difesa dall’avvocato Luigi Covella); e S.C., 63 anni, di Squinzano (difeso dall’avvocato Diego Antonica). L’Asl sarà parte del processo perché si è costituita parte civile con l’avvocato Alfredo Cacciapaglia.
I fatti che il processo dovrà accertare risalgono nel tempo. Sono collocati a cominciare dal 2011 fino al 2014. Pende il rischio che il processo arrivi ad un non nulla di fatto perché i capi di imputazione indicano come prescrizione minima la data del 19 gennaio del 2017.
E sono tutte posizioni diverse quelle degli imputati, se non fosse che tutti e tre risultano aver prestato servizio di volontariato nell’associazione “Serveglie” (estranea al processo).
Il dipendente pubblico A.B. dovrà difendersi dalle accuse di aver presentato certificati a firma di sette diversi medici, di aver impiegato anche l’attestazione di presenza in uno studio dentistico, come anche di avere presentato domande di assistenza a familiari colpiti da inabilità, per assentarsi dal posto di lavoro. Percependo la retribuzione giornaliera prevista per i giorni di assenza ed andando a fare volontariato negli stessi giorni al “Serveglie”. Cinquanta giorni in tutto, quelli conteggiati mettendo a confronto le presenze nell’associazione di volontariato con le assenze dal posto di dipendente pubblico.
Il processo dovrà chiarire se l’infermiera della Asl A.G. abbia adottato anche lei degli escamotage. Come quello contestato a chiusura delle indagini: avrebbe chiesto permessi sostenendo che il figlio fosse ammalato. Anche se poi le carte hanno detto che sarebbe andata a prestare servizio nelle associazioni “Serveglie” e “Vivi Bene”. Per 38 giorni.
Altra storia ancora quella da cui dovrà difendersi il dipendente della Asl S.C.: avrebbe indotto il suo ufficio ad autorizzarlo ad assentarsi per ragioni di salute e per assistenza familiare a portatori di disabilità, per poi risultare presente negli stessi giorni come volontario del “Serveglie” e di “Ala Azzurra”. Per 15 giorni.
Le accuse si basano sui controlli incrociati effettuati dalla Guardia di finanza, su delega dell’allora procuratore aggiunto Antonio De Donno. Il dibattimento in aula dovrà dare le risposte sulla fondatezza o meno delle accuse. Dovrà dire, insomma, il processo, se è vero che i tre dipendenti pubblici abbiano approfittato delle opportunità offerte dal volontariato a pagamento, mettendo così a frutto le loro competenze ma a discapito dei doveri di lealtà con gli enti pubblici di appartenenza
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