Bullismo tra i banchi, ora indaga la procura. L’accusa: maltrattamenti

Bullismo tra i banchi, ora indaga la procura. L’accusa: maltrattamenti
di Erasmo MARINAZZO
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Mercoledì 25 Aprile 2018, 07:17 - Ultimo aggiornamento: 16:13

Bullismo e maltrattamenti. Aperta l’inchiesta per stabilire se e chi abbia sistematicamente perseguitato con botte, minacce ed umiliazioni lo studente di 17 anni dell’istituto Tecnico Industriale “Fermi” di Lecce, ripreso nel video comparso nelle chat nella giornata di sabato scorso. Maltrattamenti è l’ipotesi di reato del fascicolo affidato ai magistrati del pool “fasce deboli” della Procura di Lecce.
Il primo passo dell’inchiesta sarà identificare il gruppo di ragazzi indicato nella denuncia presentata dalla madre dello studente con l’avvocato Giovanni Montagna. Con l’avvertenza che se tra i probabili indagati ci saranno ragazzi con meno di 18 anni, gli atti dovranno essere trasmessi anche alla Procura per i minorenni.
Ci sono possibilità concrete che le due inchieste procedano parallelamente. Non fosse altro perché nella classe dove occorre stabilire se è vero che gli atti di bullismo sarebbero cominciati a settembre dell’anno scorso con l’inizio dell’anno scolastico, ci sono alunni ripetenti. E nella discrezionalità degli inquirenti c’è anche l’accertamento sulle eventuali responsabilità del corpo docente, alla luce dei sette mesi di atti di bullismo indicati nella denuncia.
 
In questi accertamenti va ad inserirsi l’integrazione di denuncia che presenterà nella giornata odierna l’avvocato Montagna: chiede l’ascolto protetto del ragazzo. Cioè che sia sentito per raccontare di persona tutto quello che ha tenuto nascosto fino a qualche giorno fa e che ha svelato solo dopo le sollecitazioni della madre allarmata dal video dell’aggressione in classe arrivato sul suo smartphone da un compagno del figlio.
Il ragazzo avrebbe taciuto per paura: i “bulli” lo avrebbero minacciato di isolarlo, di pestarlo ed anche di passare da casa per prenderlo e dargliele di santa ragione, se avesse aperto bocca.
Va da sé che la vittima potrà eventualmente indicare chi lo avrebbe perseguitato. Chi lo avrebbe fatto tornare a casa pieno di lividi, come raccontato nei giorni scorsi anche dalla madre. Chi avrebbe talmente minato la sua fiducia in se stesso da causare una caduta verticale nel rendimento scolastico. Chi avrebbe fatto tutto questo indisturbato, senza l’intervento del corpo docente. «Non ha mai parlato - ha detto la madre - ogni tanto tornava a casa con qualche livido, ma trovava sempre delle scuse per giustificare quei segni alle braccia e alle gambe. E anche per tirargli fuori quattro parole dopo aver visto il video è stato difficilissimo». «Mi ha detto che veniva sbattuto contro la lavagna, usato come “cancellino”. E tornava a casa con la maglietta completamente sporca di gesso. E poi mi ha detto che più volte veniva malmenato».

La scuola è a conoscenza di tutto. Perché la madre del ragazzo ha inviato una lettera al dirigente Giuseppe Russo, sulla falsariga dell’esposto depositato in Procura. L’effetto è stato quello dell’avvio di un procedimento disciplinare per verificare quali provvedimenti eventualmente adottare per i “bulli”.
Intanto dopo il clamore mediatico assunto da questa vicenda, ha chiesto scusa il ragazzo che nel video impugna una sedia e fa la parte di quello che vuole colpire la vittima. Anche a calci. La vittima visibilmente impaurita è oltretutto dotata - come si evince dalle immagini - di una struttura fisica minuta. Insomma, la vittima ideale per il “branco”? La vittima sacrificale per sfogare l’aggressività e la fisicità tipiche dell’adolescenza? Il ragazzo spogliato della maglietta o del maglione per usarli come cancellino? Dice questo la madre nell’esposto. Ora saranno gli inquirenti a chiarire cosa sia accaduto in quella classe del “Fermi”, nel corso di questo anno scolastico.

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